L’effetto della carenza di “personale”, se così possiamo definirla, è già evidente da anni nelle piccole parrocchie di provincia. La crisi di vocazioni sta riducendo all’osso il numero dei sacerdoti, spesso costretti a dividersi tra più comunità e più parrocchie e a fare gli straordinari, soprattutto la domenica, celebrando la Santa Messa in chiese diverse.
Anche a Modena continuano gli accorpamenti delle parrocchie cittadine, previsti da un decreto del 2019 dell’Arcivescovo Erio Castellucci.
Lunedì scorso, ad esempio, si è tenuto il primo consiglio pastorale unito, tra le parrocchia di San Faustino e quella della Beata Vergine Addolorata: dal 2025 saranno una parrocchia unica a tutti gli effetti, guidata da don Guido Bennati, attuale parroco di San Faustino. In totale, la nuova parrocchia potrà contare su circa 13.000 parrocchiani (secondo i dati forniti dalla Diocesi di Modena-Nonantola).
Nel centro storico di Modena, negli ultimi anni, si è passati da sette a tre parrocchie: si sono unite Sant’Agostino, San Barnaba e una parte del Duomo, San Biagio, San Giuseppe (il Tempio) e un’altra parte del Duomo e, infine, vi è stata l’unione tra le parrocchie di San Pietro e San Francesco. In quest’ultimo caso, ad esempio, non sono mancati i mugugni dei fedeli, da una parte e dall’altra.
In città, la causa principale di questi accorpamenti – come abbiamo detto – è la mancanza di sacerdoti, mentre in alcuni paesi – ad esempio – dell’Appennino modenese dipende anche dal continuo spopolamento di quelle aree, che rende le chiese sempre più vuote e silenziose.