Lo smartworking sembra ormai agli sgoccioli.

Colonna portante durante la pandemia e nei mesi e negli anni successivi, il cosiddetto “lavoro agile” sta per andare in soffitta. I lavoratori del settore pubblico hanno già dovuto rinunciarci con l’inizio del 2024 e buona parte dei dipendenti del settore privato potrebbe non averlo più a disposizione dopo il 31 marzo.

Saltata la norma che ne avrebbe dovuto stabilire la proroga, che doveva essere in discussione alla Camera nel “Milleproroghe”, non ci sarà più la possibilità di lavorare da casa per i lavoratori fragili (a fronte di un certificato medico) e per i lavoratori

con figli sotto i 14 anni, nelle famiglie in cui lavorano entrambi i genitori, senza percepire strumenti di sostegno al reddito.

Furiosi gli esponenti del Movimento Cinque Stelle, i cui emendamenti per ottenere una proroga sono stati respinti: l’obiettivo, fallito, era rendere strutturale, e praticamente definitivo, il “lavoro agile”, soprattutto per i più fragili, sia nel pubblico che nel privato.

Lo smartworking resta, di fatto, a disposizione dei lavoratori delle comunque tante aziende private che hanno strutturato il lavoro da remoto tramite accordi aziendali.