Una condanna all’ergastolo per il padre Shabbar e la madre ancora latitante Nazia Shaeen. Come richiesto dalla Procura, sono queste le condanne in primo grado ai genitori della giovane Saman Abbas, a cui si aggiunge l’interdizione della potestà genitoriale. E poi una pena di 14 anni di reclusione per lo zio Danish Hasnain, che ha deciso di collaborare con la magistratura. Per lui l’accusa aveva chiesto 30 anni. Sono invece stati assolti, a fronte di una richiesta di pena di 26 anni, i cugini Ikram Ijaz e Nomanullaq Nomanullaq. I giudici della Corte d’Assise del tribunale di Reggio Emilia così hanno deciso nella sentenza di primo grado del processo iniziato il 10 febbraio scorso sull’omicidio nella 18enne di Novellara uccisa nel 2021 per aver rifiutato le nozze combinate con un parente in Pakistan. Tutti e cinque i familiari imputati, come aveva chiesto la Procura reggiana, sono invece stati assolti in relazione all’accusa di sequestro di persona. Il verdetto è arrivato nel tardo pomeriggio di ieri dopo circa cinque ore di Camera di Consiglio in cui i giudici si sono ritirati dopo aver ascoltato le controrepliche finali dei difensori e la versione del padre di Saman, che ha professato la sua innocenza. “Saman era il mio cuore e il mio sangue – aveva sostenuto – Non ho mai pensato di uccidere mia figlia, neanche gli animali lo fanno”. La scomparsa della ragazza era stata resa nota il 24 maggio di due anni fa, quando la giovane era già sotto un metro e mezzo di terra, sepolta in un casolare in disuso a poche centinaia di metri da casa. Era stata uccisa la sera del 30 aprile (morta per asfissia, secondo l’autopsia, conseguente alla rottura dell’osso ioide) ma i suoi resti sarebbero stati ritrovati, grazie allo zio che ha indicato dove scavare, solo il 19 novembre del 2022. L’inchiesta aperta per omicidio è stata costellata di operazioni all’estero per riportare in Italia gli imputati. Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni.