23 maggio 1992. Una data che cambiò per sempre la storia del nostro paese. Erano le 17.58, quando una violenta esplosione sull’autostrada Trapani-Palermo, nei pressi di Capaci, uccise Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Sono passati 31 anni da quando Cosa Nostra dichiarò guerra allo Stato attraverso una serie di attentati tra i più sanguinari della nostra storia. I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano i nemici numero perché furono tra i primi a capire che per colpire i clan bisognava attaccare i loro capitali. Per colpire Falcone gli uomini di Salvatore Riina impiegarono un mese a preparare l’attentato. Una vera e propria azione militare che avvenne in Sicilia sotto gli occhi attoniti di una Italia inerme. 500 i chili di tritolo stivati in 13 bidoncini. Le immagini della distruzione con l’asfalto dell’autostrada trasformato in un cumulo di macerie e le auto arse dalle fiamme fecero il giro di tutte le televisioni. Solo qualche mese dopo il 19 luglio in un altro attentato esplosivo venne ucciso il giudice Paolo Borsellino. 57 giorni di distanza durante i quali l’Italia ha assistito alla morte di due simboli della lotta a Cosa Nostra. Falcone e Borsellino e con loro tanti altri vennero uccisi barbaramente da quella mafia che con il loro lavoro cercavano di debellare. Oggi a distanza di 31 anni i loro nomi sono un simbolo nell’immaginario collettivo di giustizia, di legalità ma anche di determinazione e caparbietà