Nel video l’intervista a Giovanni Savorani, Presidente di Confindustria Ceramica

Se da una parte i contagi si alzano e già si parla di allungare lo stato di emergenza, dall’altra, a preoccupare le aziende non è più tanto il Covid, quanto il costo dell’energia. Non è il lockdown a costringere alcune aziende a chiudere la produzione e, in qualche caso, a ricorrere agli ammortizzatori sociali, ma l’aumento del 138% dei costi dell’energia elettrica e del 228% per quanto riguarda il gas. A soffrire enormemente per questi rincari sono soprattutto i settori “energivori”, tra cui quello della ceramica. Dopo il felice rimbalzo post lockdown, le industrie della piastrella rischiano di sospendere le produzioni, pur in presenza di ordinativi dall’Italia e dall’estero, o di dover aumentare le fatture ai clienti. D’altra parte, i costi del fattore di produzione energia rappresentano per la ceramica circa il 20% di quelli totali. In generale, il settore ha un consumo medio di metano pari a 1.500 milioni di metri cubi l’anno e un fabbisogno di energia elettrica di 1.800 GWh/anno per far funzionare i forni. Una vera e propria emergenza, per la quale Confindustria Ceramica si è rivolta al Governo chiedendo di intervenire urgentemente con azioni in grado di calmierare i prezzi, come ad esempio una maggiore liquidità del mercato nazionale del gas naturale e interventi per fermare gli effetti speculativi nel mercato Ets e riconoscere le corrette compensazioni. Pena: il rischio di veder saltare gli approvvigionamenti per il prossimo inverno, interrompere per lunghi periodi la produzione e di dover ricorrere alla cassa integrazione.