La Corte d’Assise ritiene schiaccianti le prove contro il brasiliano

Ergastolo, quattro mesi di isolamento diurno ed una provvisionale di 110mila euro ai parenti della vittima. E’ questa la pena inflitta dalla Corte d’Assise a Francisco Celio Silva Santos per l’omicidio di Anna Teresa Urbaniak, la 48enne badante polacca trovata morta lungo il percorso Natura a Vignola. I giudici hanno ritenuto schiaccianti le prove raccolte dall’accusa contro il sudamericano e hanno emesso la pesante condanna. La difesa non ci sta e annuncia che ricorrerà in appello. La vittima è stata trovata morta lo scorso 6 maggio, ma era scomparsa da casa il 28 aprile. A dare l’allarme era stato il compagno 68enne, con il quale conviveva. Il corpo della badante era in avanzato stato di decomposizione, segno che la morte potrebbe risalire allo stesso giorno della scomparsa. Fin da subito il maggiore sospettato è stato il brasiliano, finito poi in manette a distanza di 18 giorni dal ritrovamento del cadavere. A far scattare le manette erano state alcuni indizi definiti dagli inquirenti «stringenti». Innanzitutto nel suo borsello le forze dell’ordine avevano trovato un coltello sul quale c’era il sangue della vittima. E in suo possesso vi era poi anche il telefonino della badante, elemento che aveva portato gli inquirenti a individuarlo. Ma non solo: sul corpo della donna era stato trovato il suo liquido seminale. L’uomo ha sempre respinto con forza le accuse. Per quanto riguarda il coltello, sostiene di averlo prestato a un marocchino che glielo avrebbe poi restituito dopo alcuni giorni. E infatti la difesa sostiene che il brasiliano portava con sè l’arma perchè non sapeva che fosse stata usata per commettere l’omicidio. Per quanto riguarda invece il liquido seminale, pare che tra la vittima e il condannato vi fosse una relazione. E che anche la mattina dell’omicidio si fossero visti. Ma non solo. Oltre a respingere le accuse, l’uomo ha puntato il dito contro il marocchino al quale avrebbe prestato il coltello. Visto a bere vino nella zona dell’omicidio, sulla sua maglietta sono state trovate tracce di sangue. L’avvocato Claudio De Filippi, che difende Santos, ha chiesto a più riprese che venissero fatte ulteriori indagini sulla maglietta, ma sono state respinte. Così come non hanno avuto successo le richieste di verifiche sulle celle telefoniche per verificare le posizioni nel giorno del delitto, e di accertare le eventuali impronte del marocchino sull’arma del delitto. Per queste ragioni il legale è convinto che le indagini siano state state indirizzate a senso unico nei confronti di Santos, senza invece allargarle anche al magrebino. Non è così per i giudici della Corte d’assise del Tribunale, presidente il giudice Eleonora De Marco, che hanno accolto la richiesta del pm Claudia Ferretti e hanno condannato all’ergastolo Francisco Celio Silva Santos.