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Per tornare a numeri accettabili servono più poteri al centro


    Per il gruppo Bper, una revisione del mantra ormai appassito del modello federale sembra sempre più necessaria. Lo confermano i dati su crediti dubbi e sofferenze pubblicato nell’articolo a fianco. Ovvero: bisogna aumentare la presa di Modena, la capitale, sulle periferie. La cosa consentirebbe, in primo luogo, una serie di risparmi strutturali: facendo dimagrire, ad esempio, gli organi di vertice, si potrebbero contenere le spese. Laddove, al contrario, anche l’anno scorso il costo complessivo di amministratori e sindaci è stato di 12 milioni e 102mila euro, dato inferiore agli esercizi precedenti ma comunque significativo. Soprattutto, le strutture centrali della Popolare possono, e anzi devono, meglio controllare e gestire le modalità di conduzione delle partecipate nel resto d’Italia, a partire dai sistemi di erogazione e selezione del credito. La cosa è tanto più necessaria se le periferie del Gruppo coincidono con aree geografiche socio-culturalmente molto diverse dall’Emilia. In parte, il management di Via San Carlo ha cercato di percorrere la strada delle razionalizzazioni, assorbendo nella casa madre Meliorbanca e tre istituti territoriali: Popolare di Aprilia, Carispaq e Banca di Lanciano e Sulmona. Invero, sarebbe stata più auspicabile una soluzione intermedia: ovvero, vanno bene le aggregazioni, ma era meglio creare un’unica controllata nel Centro-Sud. Una controllata, lo dice il nome, pienamente sotto il possesso e il coordinamento di Via San Carlo. Ma, comunque, una società giuridicamente separata, che consentisse a manager e analisti di discernere i propri valori di bilancio da quelli della capogruppo. Per ora, al contrario, tra gli effetti della maxi-incorporazione decisa nel 2012 dal management c’è quello di aver stimolato le gelosie regionali; che, vedi in Abruzzo, hanno portato alla nascita di nuovi istituti, potenziali nuovi concorrenti.

    STORIE DI IMPRESE


      Popolare: domani l’assemblea dei soci

      Bper, dentro il modello federale c’è un vaso pieno di sofferenze


        Crediti dubbi: oltre la metà è nelle banche territoriali

        «Questo è un gruppo bancario con un’ispirazione federale e il modello federale deve essere preservato. Abbiamo presidiato clientela e raccolta e sorretto la capogruppo con risorse imponenti». Così parlava, all’assemblea 2010 della Banca popolare dell’Emilia-Romagna, il professor Franco Antonio Farina, all’epoca come ora numero uno del Banco di Sardegna, una delle controllate del gruppo oggi presieduto dal ragionier Ettore Caselli. Fu, quella, una piena e non sorprendente difesa dell’articolazione territoriale (vedere grafico in basso) in piedi ormai da decenni. Alla vigilia dell’assemblea 2013, però, quelle affermazioni cozzano con i numeri del bilancio dello scorso anno, dove si è registrata la prima perdita netta della storia dell’istituto. Perché il modello federale ha sicuramente generato, con l’avvento della crisi, un forte peggioramento della qualità degli impieghi. Allo scorso 31 dicembre, il gruppo Bper aveva in essere crediti netti verso clienti per complessivi 48 miliardi e 48 milioni di euro. Di questi, oltre la metà, ovvero 24,8 miliardi, era riferita alla capogruppo; il resto alle controllate territoriali. Per tutti gli istituti, la massa o è diminuita rispetto all’esercizio precedente, oppure è aumentata di cifre non significative. Con una sola eccezione: la Cassa di risparmio dell’Aquila, che ha smistato buona parte delle erogazioni della Cassa Depositi per la ricostruzione post-terremoto in Abruzzo. Se invece si guarda ai crediti deteriorati netti, pari nel consolidato a 5,2 miliardi, le proporzioni cambiano: ben oltre la metà di tale voce è ascrivibile alle aziende partecipate o controllate. Scomponendo la voce, si nota come le sofferenze nette ammontino a 1 miliardo e 884 milioni. Di questa cifra, 1 miliardo e 71 milioni, quindi ben più della metà, sono in pancia a istituti diversi dalla capogruppo. Istituti che, lo scorso anno, hanno visto un’autentica impennata dei prestiti ormai irrecuperabili. Se poi si guarda la parte del grafico relativa agli incagli, la realtà non cambia di molto. Insomma: per la casa madre le sofferenze nette sono cresciute in un anno del 18,12%, e quelle lorde del 31,68%. E già questi sono aumenti di non poco conto. Ma per alcune banche territoriali c’è stato un autentico tracollo. La Popolare di Ravenna, ad esempio, ha visto le sofferenze nette salire, in soli dodici mesi, dell’87,23%, a quasi 47 milioni; quella del Mezzogiorno del 55,06%, oltre gli 85 milioni di euro. Male anche la banca di Lanciano e Sulmona (+32,1%, a oltre 109 milioni). Come si esce da questa situazione? Probabilmente, la via maestra è modificare il modello federale all’insegna di una sua razionalizzazione e centralizzazione (vedere articolo a lato). Correndo il rischio, insomma, di snaturare il modello medesimo. Che tuttavia pare solo un feticcio, certo sacrificabile davanti all’esigenza di tornare all’utile e a ridare dividendi di congrua entità ai soci. nNicola Tedeschini

        L’economista Vaciago: «Modenesi, non fatevi fregare»


          «Su piazza Roma non fatevi fregare». A parlare non è un esponente dell’opposizione comunale in battaglia con l’amministrazione o un commerciante del centro storico preoccupato per i propri affari. No, la raccomandazione arriva da un economista di caratura nazionale come Giacomo Vaciago. Ospite dell’assemblea elettiva di Confesercenti Modena, l’editorialista del Sole 24 Ore (già consulente di diversi Governi ed ex sindaco di Piacenza) ha detto la sua sul progetto dell’amministrazione geminiana di vietare l’ingresso in piazza Roma al traffico veicolare, attaccandolo in termini assoluti. «Le pedonalizzazioni – secondo l’economista – devono ambire più in alto, essere strumentali alla valorizzazione dei centri storici, aumentarne il godimento, far sì che più facilmente la gente possa accedervi. La vera sfida oggi è valorizzare i centri storici rendendoli accessibili anche agli automobilisti. Avere la pedonalizzazione come obiettivo significa ragionare con i piedi». Secondo Vaciago, c’è un errore di fondo, che non riguarda peraltro solo Modena: «Ci stiamo dirigendo verso il modello americano degli outlet e dei grandi centri commerciali – sottolinea -. Ma la città italiana è profondamente diversa da quella statunitense: la città italiana nasce nel centro storico, intorno al palazzo comunale e alla cattedrale. E’ per i nostri centri storici che siamo conosciuti nel mondo. E allora il centro storico deve rimanere il centro della città. Ed essere reso accessibile. La pedonalizzazione, invece, finisce per svuotare i centri storici: te ne accorgi trent’anni dopo, ma è così. Sta succedendo in tutto il mondo e noi siamo gli ultimi. Per evitarlo basterebbe guardare agli esempi migliori che ci vengono offerti all’estero». L’economista critica, poi, la concessione di spazi per la sosta riservati ai residenti del centro: «Abbiamo dato ai residenti il diritto di parcheggiare sotto casa in una strada pubblica. Il ché è profondamente sbagliato, significa privatizzare le vie del centro – fa notare -. Bisogna svuotare i centri storici di queste auto che li hanno invasi abusivamente ed avviare un piano ventennale che faccia crescere il costo dei parcheggi in centro per i residenti in misura tale da rendere per loro più conveniente servirsi di garage privati». «Fra vent’anni – conclude tranchant Vaciago – nessun residente potrà entrare in centro con l’auto se non dice dove la mette». (em)

          PEDONALIZZAZIONE


            Countdown verso la protesta di martedì

            C’è posta per Pighi


              Le associazioni Cna, Confcommercio-Fam, Lapam-Licom, Confesercenti della città di Modena fanno il punto dopo l’incontro di mercoledì con il Sindaco, gli Assessori Giacobazzi e Prampolini in merito all’ipotesi di pedonalizzazione di piazza Roma. Si è trattato di un incontro per certi aspetti positivo, ma interlocutorio – esordiscono le quattro Associazioni – in cui sono emersi elementi di novità potenzialmente interessanti, con particolare riferimento all’impegno in atto da parte dell’Amministrazione Comunale ad individuare valide alternative all’area di sosta di piazza Roma ed a rendere maggiormente fruibile a cittadini e turisti il Palazzo Ducale. Nell’incontro abbiamo nuovamente espresso profonda preoccupazione per le ricadute negative che sicuramente genererà sulle attività economiche del centro storico una pedonalizzazione fatta in modo frettoloso e senza la certezza di poter ricavare contestualmente un numero di posti auto equivalenti nelle immediate vicinanze di piazza Roma. Nello stesso tempo abbiamo confermato la necessità che il progetto di rivisitazione urbanistico-commerciale-promozionale della piazza abbia una portata strategica per la città e dunque sia inserito, con tempi decisamente più lunghi, nel contesto più ampio di un piano di rilancio del centro storico. Abbiamo inoltre dichiarato la nostra netta contrarietà a proseguire il confronto qualora i tempi dovessero essere dettati dalla pedonalizzazione e non, come chiediamo da tempo, dal percorso di individuazione di alternative di sosta. Per questo motivo abbiamo chiesto con forza che da parte dell’Amministrazione ci sia un impegno preciso, con l’indicazione della relativa tempistica, su aree di sosta alternative e nuovo ruolo dell’Accademia Militare: senza ciò il confronto sarà destinato a naufragare. Rispetto alla possibile serrata degli esercizi del centro in via di definizione non possiamo che esprimere solidarietà a chi vi parteciperà e comprensione per il fondato timore, posto a motivo dell’agitazione, che la pedonalizzazione di piazza Roma, per come è stata studiata, possa essere la goccia che farà traboccare il vaso e costringerà tante imprese a chiudere o ridurre il personale.

              Piazza Roma, le associazioni danno il via libera alla serrata


                Manicardi (Lapam): «Siamo uniti nella protesta»

                Il tam tam pro-serrata continua. Da ieri è iniziata la distribuzione in tutti i negozi del centro del volantino che invita esercenti e cittadini all’invasione pacifica di piazza Roma e al corteo che dovrà arrivare sino sotto al Comune. «Chiudi per non chiudere per sempre», recita il testo che dovrà convincere anche i più scettici ad abbassare le serrande martedì prossimo dalle 8 alle 13. Ad oggi le adesioni sono circa 200, ma potrebbero aumentare. Uno sprint determinato dalla riunione di due giorni fa tra associazioni e Comune (presente il trio Pighi-Prampolini-Giacobazzi) che non ha sortito nessuna vera novità. Da una parte gli esercenti vogliono prima una vera alternativa all’area di sosta della piazza, dall’altra il Comune promette vantaggi per tutti ma senza rivelare nulla di concreto. Per ora a vincere sono soltanto le ipotesi. Sempre ieri le associazioni Cna, Confcommercio-Fam, Lapam-Licom, Confesercenti hanno fatto il punto sull’incontro dell’altra sera in una lettera (la pubblichiamo per intero a lato). In sintesi viene giudicato positivo «l’impegno da parte dell’amministrazione di individuare valide alternative all’area di sosta e rendere maggiormente fruibile a cittadini e turisti il Palazzo Ducale», ma allo stesso tempo vengono ribadite «le ricadute negative che sicuramente genererà sulle attività economiche del centro una pedonalizzazione fatta in modo frettoloso. Per questo senza un impegno preciso del Comune il confronto è destinato a naufragare». Sempre nella missiva, poi, viene affrontata l’imminente serrata. Proprio questa protesta plateale, a detta di alcuni esercenti, sembrava non essere appoggiata pienamente dalle associazioni.Vero o no che sia, nella lettera diffusa ieri da Cna, Confcommercio, Lapam e Confersercenti viene sgombrato il campo da ogni equivoco confermando la piena «solidarietà a chi parteciperà alla serrata in via di definizione martedì. Non possiamo che esprimere compresione per il fondato timore, posto a motivo dell’agitazione, che la pedonalizzazione di piazza Roma, per come è stata studiata, possa essere la goccia che farà traboccare il vaso e costringerà tante imprese a chiudere o ridurre il personale». E’ noto, come ai già quasi 200 negozianti pronti ad abbassare le serrande, si siano aggiunti anche i banchi del mercato coperto di via Albinelli. Un fronte compatto di protesta che non ha precedenti sotto la Ghirlandina e dovrà per forza di cose costringere il Comune a proporre soluzioni realmente percorribili. «E’ la prima volta che parte una rivolta civile tra residenti, associazioni e commercianti e noi la appoggiamo senza nessun ripensamento», afferma Silvia Manicardi, presidente Lapam Modena, a proposito dei presunti malumori all’interno delle associazioni. «Siamo assolutamente favorevoli. L’unica titubanza è magari legata al fatto che non sarà possibile fare una serrata totale visto che le grandi catene non aderiranno. Come associazioni siamo, però, i primi a sostenere questa protesta». (vi.ma)

                I tedeschi diventano prede: Cme punta a Deutsche Börse


                  Ma il gruppo di Francoforte ha ufficialmente smentito

                  Montecchio Emilia: gruppo di minorenni sorpreso a lanciare palle di ghiaia dal cavalcavia


                    Un gruppo di ragazzini, tutti minorenni e residenti nel reggiano, raggiunto un cavalcavia del comune di Montecchio Emilia, si sono divertiti a lanciare all’indirizzo delle auto in transito lungo la sottostante strada palle di neve miscelate con sabbia e ghiaia. La loro condotta ha bloccato anche un’ambulanza del 118 il cui conducente ha lanciato l’allarme al 112 consentendo ai carabinieri di Montecchio Emilia di fermare i 6 giovani. Con l’accusa di concorso in getto pericoloso di oggetti i carabinieri li hanno denunciati alla Procura dei Minori di Bologna: hanno un’età compresa tra i 12 ed i 16 anni e sono tutti residenti nel reggiano. Davanti ai militari i ragazzini, i quali non hanno potuto far altro che ammettere le proprie responsabilità, andando incontro alla denuncia all`autorità giudiziaria per il reato di getto pericoloso di cose.

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