Il particolato atmosferico da traffico veicolare e combustione di legna in zona urbana influenza significativamente il clima locale. Più semplicemente, le polveri sottili – come quelle prodotte dalle stufe a pellet – cambiano il clima. Tanto più in una città come Modena, immersa nella pianura padana, area tra le aree più inquinate del vecchio continente. La prova arriva da una ricerca internazionale in gran parte finanziata da Unimore, guidata dal professore Alessandro Bigi del Dipartimento di Ingegneria Enzo Ferrari, che sembra avere tutte le potenzialità per diventare un modello di collegamento tra scienza e cittadini, oltre che essere una spinta per progredire ulteriormente sulla lotta al cambiamento climatico. I ricercatori di Unimore, in collaborazione con l’americana National Oceanic and Atmospheric Administration, la svizzera MeteoSwiss e altri enti di eccellenza, quali l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e alcuni atenei italiani, hanno così affrontato a livello locale temi di rilevanza globale, raccogliendo con l’aiuto di Arpae dati di assorbimento della radiazione solare da parte del particolato atmosferico a Modena in inverno, tra 2020 e 2021, sia vicino al suolo sia su tutta la colonna d’aria sovrastante la città. Ora i risultati dello studio, finanziato con i Fondi di Ateneo per la Ricerca ed il sostegno della Fondazione di Modena, ci mostrano come le emissioni urbane locali di PM da combustibili fossili e legna abbiano, appunto, un impatto significativo sull’assorbimento della radiazione solare, non solo sulla qualità dell’aria. Un tema sul quale si lavora da anni, cercando di stabilire come e quanto le aree urbane rappresentino un nodo cruciale nella sfida contro il riscaldamento globale.