La De Tomaso? Esiste ancora, ma di modenese non ha più nulla. Acquistata già nel 2015 da una holding con sede a Hong Kong, solo recentemente il marchio De Tomaso è tornato sotto i riflettori, grazie al concept di nuovi modelli, la P72 e la P900 (solo per la pista). Ma se la proprietà è cinese, il motore resta americano, Ford, come ai tempi belli di Alejandro De Tomaso.

Fu proprio il pilota argentino di origine napoletana, stabilitosi a Modena, a fondare la casa automobilistica, nel 1959, utilizzando come marchio i colori bianco e celeste della bandiera argentina e la T utilizzata dalla ricca famiglia De Tomaso per marchiare il bestiame di proprietà.

Con l’arrivo della Mangusta, nel 1966, il successo della De Tomaso fu clamoroso, poi fu la volta nel 1971 della mitica Pantera – in produzione per oltre 20 anni – e il nome De Tomaso divenne simbolo di lusso, di quelle che ora chiamiamo supercar, rivaleggiando persino con il Cavallino della Ferrari.

L’ictus che colpi Alejandro De Tomaso nel 1993 segnò l’inizio del declino dell’azienda: 10 anni dopo, alla morte del pilota-imprenditore, ormai non esisteva più, travolta da mille problemi giudiziari e, poi, cambi di proprietà: lo stabilimento di Modena, in viale Virgilio, per anni abbandonato, è stato abbattuto nell’agosto 2020, e ora al suo posto c’è un grande magazzino d’abbigliamento.

E’ sopravvissuto solo il marchio De Tomaso. Ma non soltanto per le automobili che, forse, vedremo in quale salone internazionale, ma anche in prodotti di “contorno” come gli occhiali da sole e da lettura: e, sebbene, in un settore completamente diverso, anche in questo la De Tomaso non passa inosservata. Lasciando più di un rimpianto su come sia andata a finire la sua storia motoristica modenese.