L’Iran appoggia Hamas nell’obiettivo dichiarato di “smantellare Israele”. Rimbalzano sui quotidiani le parole di Osama Hamdan, uno dei quattro alti funzionari di Hamas in Libano, riscaldando i timori di un allargamento del conflitto in Palestina anche ad altri paesi. Preoccupazioni che si riflettono immancabilmente sui mercati, mentre si consuma in queste ore un’ulteriore tragedia umana, quella della fuga dei palestinesi da Gaza City dopo l’ultimatum del primo ministro israeliano Netanyahu. Come con la guerra scoppiata in Ucraina, anche in questo caso al dramma dei civili si accostano le conseguenze economiche anche sul mondo occidentale, con prospettive a tinte scure per quanto riguarda i rincari. Il brent, greggio di riferimento per il mercato europeo, è salito e tocca oggi i 90 dollari al barile, mentre il prezzo del gas naturale è volato in settimana ai massimi degli ultimi sei mesi con una crescita in soli sette giorni del 40%, spinto proprio dal conflitto nella Striscia di Gaza. Se Israele non è di per sé un produttore significativo di petrolio, lo sono i Paesi circostanti. Siria, Libano, Iran e Giordania sono a rischio coinvolgimento in appoggio ad Hamas, con tutto ciò che ne consegue nel quadro geopolitico internazionale. L’immediato rialzo dei prezzi del petrolio e del gas potrebbe così portare a un nuovo autunno e inverno caldi anzi caldissimi, anche in Italia: le bollette salatissime viste nelle scorse stagioni rischiano di tornare in un quadro in cui l’inflazione non ha mai smesso di erodere i risparmi delle famiglie.