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mercoledì, Maggio 22, 2024
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La chiesa della Sagra, la più antica della città


    Sulle fondamenta longobarde datate al 752 e attribuite al re Astolfo fu eretta una pieve romanica consacrata nell’anno 1184, ma l’intervento più significativo fu affidato nel primo decennio del XVI secolo all’architetto Baldassarre Peruzzi che disegnò la nuova facciata di impronta bramantesca non senza procurare danni all’interno, dove fece abbattere alcune campate della navata, ridotta così nella lunghezza rispetto a quella dell’edificio originario. Il campanile, altro quasi 50 metri, è stato recentemente restaurato ed è comprensibilmente tra i simboli della skyline cittadina. Quando tra il 1886 e il 1887 sotto la supervisione dell’ingegnere Achille Sammarini fu eliminata la copertura della navata con volte a botte inserita anche questa dal Peruzzi al principio del Cinquecento, venne alla luce uno straordinario ciclo di affreschi d’epoca romanica, quindi coevo alla consacrazione della chiesa (XII secolo), con scene della vita di Cristo e di altri episodi del Vangelo. L’esecuzione di queste pitture parietali viene giudicata dagli esperti piuttosto raffinata e accostabile agli affreschi che decorano la bella pieve di San Faustino nei pressi di Rubiera. Altri affreschi più tardi, riconducibili alle scuole locali del primo Quattrocento, sono conservati nelle due cappelle laterali di San Martino e di Santa Caterina d’Alessandria. In questo gioiello architettonico e pittorico a cui va la sincera devozione della popolazione carpigiana è custodito anche il sarcofago marmoreo, opera di Sibellino da Caprara, che custodisce le spoglie del capostipite della dinastia signorile dei Pio, Manfredo I. Sulle fondamenta longobarde datate al 752 e attribuite al re Astolfo fu eretta una pieve romanica consacrata nell’anno 1184, ma l’intervento più significativo fu affidato nel primo decennio del XVI secolo all’architetto Baldassarre Peruzzi che disegnò la nuova facciata di impronta bramantesca non senza procurare danni all’interno, dove fece abbattere alcune campate della navata, ridotta così nella lunghezza rispetto a quella dell’edificio originario. Il campanile, altro quasi 50 metri, è stato recentemente restaurato ed è comprensibilmente tra i simboli della skyline cittadina. Quando tra il 1886 e il 1887 sotto la supervisione dell’ingegnere Achille Sammarini fu eliminata la copertura della navata con volte a botte inserita anche questa dal Peruzzi al principio del Cinquecento, venne alla luce uno straordinario ciclo di affreschi d’epoca romanica, quindi coevo alla consacrazione della chiesa (XII secolo), con scene della vita di Cristo e di altri episodi del Vangelo. L’esecuzione di queste pitture parietali viene giudicata dagli esperti piuttosto raffinata e accostabile agli affreschi che decorano la bella pieve di San Faustino nei pressi di Rubiera. Altri affreschi più tardi, riconducibili alle scuole locali del primo Quattrocento, sono conservati nelle due cappelle laterali di San Martino e di Santa Caterina d’Alessandria. In questo gioiello architettonico e pittorico a cui va la sincera devozione della popolazione carpigiana è custodito anche il sarcofago marmoreo, opera di Sibellino da Caprara, che custodisce le spoglie del capostipite della dinastia signorile dei Pio, Manfredo I.

    La spallata carpigiana all’Antico Regime: il giacobino Ciro Menotti e il generale Manfredo Fanti


      La congiura ordita dai liberali Ciro Menotti ed Enrico Misley ai danni del duca Francesco IV d’Austria Este, col quale il carpigiano Menotti aveva pure avuto cordiali rapporti e la concessione di una privativa per la produzione di acquavite, era stata organizzata per il 5 febbraio 1831. L’arresto di uno dei cospiratori, Nicola Fabrizi, scoperto dal segretario ducale Gaetano Gamorra, fece tuttavia anticipare la rivolta alla notte del 3 febbraio. Anche in questo caso però il duca, ben ragguagliato dai suoi informatori, precedette l’attacco dei sovversivi presentandosi con le sue guardie sotto il palazzo modenese di Menotti in corso Canalgrande e intimando loro la resa. L’immediata replica all’esortazione ducale fu una raffica d’artiglieria che costò sì la vita a due Dragoni dell’esercito ducale, ma anche la libertà al Menotti, che venne catturato e leggermente ferito mentre tentava la fuga dai tetti. Qualche giorno dopo, per ragioni di sicurezza dal momento che l’Austria tardava a intervenire a favore del sovrano modenese, la famiglia ducale si trasferì a Mantova portandosi dietro il congiurato in catene, ma vi si trattenne solo un mese. Il 9 maggio successivo il prigioniero carpigiano venne condannato al patibolo dal Tribunale di Stato situato a Rubiera, sentenza eseguita tramite impiccagione la mattina del 26 nell’antica zona difensiva della Cittadella. Svanivano così, definitivamente, sia l’illusione del Menotti d’aver intravisto in Francesco IV un sovrano liberale sia l’illusione di Francesco IV d’aver avuto nel Menotti un suddito devoto. In ogni caso, e per entrambe le parti, i fatti del 1831 costituirono un torbido capitolo dell’ultimo periodo austro-estense. A dispetto di un progetto rimasto soltanto sulla carta, l’erezione di una statua equestre del duca Francesco I d’Este affidata a Gian Lorenzo Bernini, al centro della piazza antistante il Palazzo Ducale di Modena (piazza Roma) spicca oggi la statua dell’uomo che, pur essendo morto all’alba del Risorgimento, in piena Restaurazione e trent’anni prima dell’unità d’Italia, contribuì sicuramente con la forza della sua memoria di martire rivoltoso ad abbattere il potere estense e a convogliare il quasi millenario ducato estense entro i confini del nuovo regno italiano. Realizzato nel 1879 da Cesare Sighinolfi, che frequentò l’Accademia Atestina di Belle Arti, «il monumento si pone, attraverso lo sguardo di Ciro Menotti che brandisce la bandiera italiana in direzione della stanza dove venne sottoscritta da Francesco IV la sua condanna a morte, in aperto atteggiamento di sfida» verso il passato ducale e legittimista. Che però, a quanto pare, non era dispiaciuto affatto alla popolazione modenese, visto che la raccolta fondi promossa all’epoca dal Comune per pagare allo scultore la realizzazione dell’opera andò praticamente deserta, gli antichi sudditi estensi, divenuti loro malgrado sudditi sabaudi (è ormai arcinoto e fondato su base documentaria che i plebisciti del 1861 furono un grande bluff lungo tutto lo Stivale – Il gattopardo docet…), si tennero i denari in tasca, prendendo così palesi distanze dall’iniziativa del nuovo regno in omaggio a un eroe poco amato. Ci avrebbe pensato la magniloquenza postunitaria a issare il Menotti sul piedistallo della storia e della gloria. Nel frattempo, è plausibile che i modenesi continuassero a rimpiangere la mancata statua equestre del tiranno estense Francesco I. Che nessuno, comunque, avrebbe osato abbattere o sostituire. Nel nome, quantomeno, del principe degli artisti, Gian Lorenzo Bernini. Sulla facciata del Palazzo Ducale di Modena una lapide ricorda poi un altro carpigiano di idee giacobine, Manfredo Fanti (1806-1865), nato e cresciuto come suddito ducale e morto ministro della guerra e della marina, nonché comandante del VII corpo d’armata del regio esercito sabaudo. Il suo sepolcro è all’interno della cattedrale di Carpi.

      LA CITTA’ DELLO SPORT


        La storia agonistica della nostra provincia

        Il 1971 è un’annata in chiaroscuro


          Per il Modena Calcio è collezione di record negativi Soddisfazione per il tricolore della Dorando Pietri

          Apriamo con le vicende del Modena calcio, che nell’estate del 1971, dopo un campionato non privo di soddisfazioni, si appresta ad un calciomercato, che farà da preludio ad un torneo fallimentare. Sarà una stagione da record. Purtroppo record negativi, con il minimo storico di gol, di vittorie ed il maggior numero di sconfitte. Morale della favola, retrocessione in C. La squadra viene sfasciata e privata dei pezzi migliori: Festa il braccio va al Cesena, Toro la mente, lasciato libero, ed i bomber Spelta e Roffi ceduti al miglior offerente. I nuovi arrivi non lasceranno il segno: Zanetti interno dal Cesena, Fraternali mediano dal Riccione, Gennari dal Bologna, il centravanti Musiello dal Catanzaro e Colusso centrocampista dal Treviso. La formazione è in gran parte costituita dai giovani della De Martino, nella speranza che siano maturi per la serie B. Vengono promossi in prima squadra i vari: Mazzetti, Franceschi, Balugani, Vecchi, Baroncelli, Melotti, Boccolari, Del Piano, Lusuardi e Pignatti. La cosa però non funziona e la squadra priva di esperienza va alla deriva quasi subito. Affidata ad Armando Cavazzuti, dopo una discreta prima parte di Coppa Italia – dove si vince pure contro il Vicenza di Cinesinho – il Modena colleziona una serie interminabile di sconfitte in campionato, culminate con l’esonero del mister. Al suo posto in un primo tempo, viene richiamato Leandro Remondini, quindi a stagione ormai irrimediabilmente compromessa, sarà la volta di Nardino Costagliola. A Mauro Melotti, uno dei migliori debuttanti di quella stagione, il compito di un commento: «Brutto campionato, non c’era fiducia attorno a noi e mancavano gli uomini squadra. L’ episodio del mio mio primo gol in B, aiuta a capire l’atmosfera che ruotava attorno alla nostra compagine. A Novara sul 2 a 1 per noi, ci danno pure un calcio di rigore a favore. Mi aspetto che uno dei nostri senatori prenda il pallone e si incarichi di battere la massima punizione. Tutti si tirano indietro e con cenni di diniego, fanno capire chiaramente di non volersi assumere tale responsabilità. Io senza timori, vado sul dischetto e complice una pozzanghera, situata nei pressi del portiere novarese Pinotti, realizzo il temporaneo 3 a 1. Questo episodio mi fece comprendere quanto, a quel gruppo, mancasse personalità e convinzione nei propri mezzi. La retrocessione divenne a quel punto una naturale conseguenza». Gli fa eco Paolo Petraz, il libero di quella formazione che così ricorda i mister, che si avvicendarono sulla panchina gialloblù: «Remondini era un duro, ma ci voleva bene, prediligeva il modulo a 3 punte e non ricorreva mai a tatticismi particolari. Cavazzuti era poco coinvolto, lo soprannominammo «adagio !!!», poiché durante gli allenamenti, intimorito dalla paura di qualche infortunio, ci esortava a rallentare in continuazione. Costagliola sapeva di calcio e per quei tempi era davvero innovativo, se fosse arrivato prima ci saremmo salvati dalla retrocessione». Anonimo e non degno di note, il campionato di Carpi e Sassuolo in IV^ serie. Al Giro d’Italia ancora una tappa con arrivo nella nostra provincia. Frazione appenninica: 123 chilometri di fatica, con partenza da Forte dei Marmi ed arrivo a 1350 metri di altitudine in quel di Pian del Falco. Per i sestolesi è festa grande, il giro arriva per la prima volta da quelle parti. E’ la corsa degli scalatori e a vincere con 3” di vantaggio su Farisato ed Eric Petterson, è lo specialista spagnolo Josè Manuel Fuente della Kas. Il giorno seguente, con Michelotto maglia rosa , si va da Sestola a Mantova, attraversando : Pavullo, Maranello, Fiorano e Sassuolo. Il Giro edizione 1971 sarà vinto dallo svedese Gosta Petterson. Marino Basso fa sua la Milano – Vignola, secondo Sercu e terzo Sgarbozza. Titolo tricolore per la Bocciofila della Dorando Pietri di Carpi, che a Bologna trionfa nella specialità “terne” sia in categoria A con :Ascari, Maini, e Pavarini, che in categoria B, con : Catellani, Gibellini, e Allegretti. Restiamo nella terra dei Pio, dove proprio in quel 1971, inizia a brillare tra le file della Kennedy Calcio, un giovane attaccante di nome Salvatore Bagni, che dopo aver vestito la maglia biancorossa del Carpi, coglierà importanti successi, con le divise del Perugia, dell’Inter, del Napoli (con cui vincerà anche uno scudetto) e della nazionale diventando uno dei centrocampisti più importanti di quei tempi. Nella pallavolo, chiudono il campionato al secondo posto entrambe le compagini di casa: i ragazzi della Panini dietro la Ruini Firenze e le fanciulle della Fini, dietro il Cus Parma. Gli anni dispari non portano bene ai colori gialloblù, ma si rifaranno nella stagione successiva. Continuano tempi da vacche magre nel mondo dei motori: in Formula 1, sono ancora i team inglesi a farla da padrone, nello Sport Prototipi è dominio incontrastato dei tedeschi con la Porsche e tra i centauri i nostri concittadini – W.Villa in particolare – si vedono sfuggire il titolo tricolore. La Maserati intanto, fa debuttare la nuova Indy 4700, la De Tomaso presenta l’ammiraglia Deauville, la Lamborghini aggiorna la Miura con il modello Miura SV e la Ferrari risponde con la 365 GT4 BB e CT. Tutti modelli da stropicciarsi gli occhi. Nell’ atletica leggera, Renzo Finelli della Fratellanza Modena, partecipa senza fortuna agli Europei di Helsinki, finendo lontano dal podio. Dalle cronache di quel 1971, va ricordato ancora l’exploit dell’ASD. Geesink Team; la Societ·di arti marziali modenese, organizza il 1? Trofeo Ghirlandina di Judo, che dalla definizione di regionale in pochi anni diventer·Internazionale fino a diventare uno dei migliori Trofei in Italia. Chiudiamo con l’Aero Club di Modena;in quel tempo la citt·di Modena ha quasi racchiuso tra i suoi edifici il piccolo aeroporto e non potendo piu’ operare in sicurezza, il comune concede un’area idonea nel vicino comune di Marzaglia, dove un gruppo di Soci ed appassionati allestiscono l’Aero Club di Modena con il compito primario di promuovere e divulgare la cultura aeronautica in tutta la provincia. (continua) nMassimo Bartolamasi

          Carpi. Il borgo terramaricolo divenuto capitale di una signoria principesca


            A un anno dalla violentissima scossa di terremoto del 29 maggio 2012 che mise in ginocchio altre località della provincia modenese già colpita dal sisma di nove giorni prima, iniziamo una serie di tre puntate dedicata alla storia di Carpi, che è stata tra i centri maggiormente feriti da quel secondo, impensabile evento tellurico. Il castello, la cattedrale, il teatro tremarono fin dalle fondamenta, e solo il primo ha potuto a tutt’oggi riaprire i battenti e riprendere le sue attività espositive e culturali. Il monumento cittadino che invece, e incredibilmente, resse meglio all’urto della terra fu l’antichissima chiesa romanica di Santa Maria in Castello, nota come La Sagra, un luogo di culto a cui la popolazione carpigiana è legatissima e che affaccia su una piazza intitolata al sovrano longobardo che, secondo tradizione, l’avrebbe fondata, il re Astolfo. Come per le corti minori del Ducato Estense già trattate nelle nostre pagine domenicali (Vignola, Guastalla, Mirandola e Novellara), anche di Carpi ripercorreremo sostanzialmente la storia principesca e preunitaria che qui ebbe il campione assoluto nell’ultimo signore regnante, quell’Alberto III Pio nipote per parte di madre di Giovanni Pico della Mirandola, istruito nelle lettere da Aldo Manuzio e di conseguenza capace di portare il soffio più autentico del Rinascimento dentro la sale del castello avito, divenuto con lui una magnifica dimora signorile. Non fu una storia dinastica particolarmente lunga quella dei Pio di Carpi, appena duecentosei anni di signoria e di sovranità conclusi proprio all’apice della stagione rinascimentale, il 1525, allorché spodestato Alberto dall’imperatore Carlo V d’Asburgo per via delle sue inopportune alleanze francesi, lo stato passò dapprima agli Este di Ferrara nella persona del duca Alfonso I e poi agli Este di Modena che lo conservarono entro i confini del ducato fino al 1859, l’anno della loro stessa fine agli albori del Regno d’Italia.

            Lo spagnolo deluso: «Un passo indietro»


              «Gara difficile partendo da dietro, ma qui tutto può succedere»

              Sorrisi, pacche sulle spalle ma anche tanta delusione. E’ il mix di sensazioni al termine delle qualifiche del Gp di Monaco. Grande delusione in casa ferrari. Alonso è stato chiaro: «E’ stato fatto un passo indietro rispetto a giovedì, dove sembravamo competitivi ed eravamo terzo e quarto. Stamattina prima del problema di Felipe eravamo nono e undicesimo. La causa? Sicuramente o le temperature o il settaggio realizzato per oggi: fatto sta che la macchina oggi ha fatto un passo indietro invece che un passo avanti». Il ferrarista pensa alla gara e alle strategie da adottare: «La gara è difficile non partendo dalle prime file, ma qui tutto può succedere. Abbiamo visto che la partenza qui è molto delicata, lo abbiamo visto negli anni scorsi come anche in GP2 ieri. Qui c’è perennemente la possibilità per tutta la gara che entri la safety car, quindi dovremo essere superconcentrati per poter sfruttare ogni eventuale possibilità». Nel 2010 Alonso partì ultimo e arrivò sesto, con una strategia ad una sosta. Ma l’asturiano esclude che questa possibilità possa verificarsi di nuovo. E laconico dichiara: «Tre anni fa c’erano le Bridgestone…» Ci hanno provato fino all’ultimo, ma alla fine i meccanici Ferrari si sono arresi al fatto che la vettura di Felipe Massa era troppo danneggiata. A spiegare i retroscena di una giornata movimentata sul circuito di Montecarlo è stato lo stesso brasiliano: «Mancava ancora tanto per ripararla, non c’erano i dischi dei freni, le gomme anteriori, stavano ancora lavorando sulle sospensioni – spiega – Ho messo il casco per vedere se succedeva qualcosa, se riuscivo a uscire in pista ma era molto difficile. I meccanici hanno provato tutto ma la botta è stata molto forte». Le speranze, dunque, non erano altissime dopo l’incidente del mattino. «Lo stesso Grosjean, che ha avuto un problema meno serio del mio, è uscito solo verso la fine del Q1», aggiunge il brasiliano, pronto per domani anche se «lo spavento è stato forte e i muscoli sono un po’ contratti». Per la gara, partendo dal fondo della griglia, «bisogna provare qualcosa di diverso. Se abbiamo fortuna, come per esempio la safety car, può funzionare – conclude Massa – Dobbiamo preparare stasera qualcosa che può funzionare domani, non è facile ma ci proviamo». E’ la terza pole consecutiva (la quarta dell’intera carriera), ma per il momento Nico Rosberg non si lascia andare a facili entusiasmi. «Avrebbe potuto essere più semplice, le condizioni erano molto variabili – ha commentato il tedesco dopo il miglior tempo realizzato nelle qualifiche del Gp di Monaco – Dovevi trovarti fuori al momento giusto e con le gomme giuste ma tutto è andato secondo i piani. L’ultimo giro è stato ottimo ed è fantastico essere in pole, specie qui a Monaco: se c’è un Gp dove può fare la differenza, è questo». Il pilota della Mercedes si gode il momento, con una grande speranza: trent’anni fa suo padre trionfava proprio nel Gran Premio di Monaco e Rosberg potrebbe ora scrivere una pagina di storia.

              ALTRI SPORT


                Motori e palla ovale

                Gp Monaco, in pole c’è Rosberg


                  Male le Ferrari: Alonso è sesto, Massa scatterà ultimo Le Mercedes si confermano le migliori nelle qualifiche

                  Sarà un pomeriggio difficile quello che attende oggi la Ferrari sullo storico circuito di Montecarlo. Le qualifiche, infatti, sono state un mezzo disastro. E su questa pista è difficile sorpassare. Basta questo per riassumere in poche parole le difficoltà che incontreranno oggi le due F138. Le qualifiche di ieri hanno emesso verdetti inappellabili: la Mercedes si conferma la migliore nelle qualifiche e si prende anche la prima fila del Gp di Monaco in una sessione dove la pioggia e l’incertezza sulle gomme ha tenuto tutto in bilico fino all’ultimo: davanti a tutti Nico Rosberg (1’13’’876) dominatore assoluto dalla prima sessione di prove, davanti a Lewis Hamilton (1’13’’967). Le due Red Bull seguono in terza e quarta posizione, rispettivamente con Sebastian Vettel e Mark Webber. Solo il sesto posto per Fernando Alonso (1’14’’824), al termine di una giornata decisamente poco positiva per la Ferrari: Felipe Massa non ha disputato le qualifiche a causa dei danni subiti dalla sua vettura nell’incidente delle prove libere e partirà ultimo o direttamente dalla pit lane. Davanti ad Alonso, in quinta posizione, si piazza Kimi Raikkonen; dietro lo spagnolo c’è la McLaren di Sergio Perez. A chiudere la top ten sono Sutil, Button e Vergne. Male l’altro pilota della Lotus, Grosjen, fuori dopo la Q2: il francese si è trovato davanti una Toro Rosso e non è riuscito a chiudere il giro in tempo utile. Q1, DOMINIO MERCEDES. Il primo run, con il primo treno di gomme, se lo aggiudica Vettel davanti al compagno Webber, poi Rosberg, Hamilton e Alonso 5°. Nel 2° tentativo si scatenano le Mercedes con Rosberg ed Hamilton davanti a tutti. Poi vicinissime le Red Bull di Vettel e Webber. Staccati invece Raikkonen su Lotus e Alonso su Ferrari. Settimo Perez che mette dietro Sutil, Button e Vergne. Q2, RISCHIO NANDO-KIMI. La pista asciutta suggerisce di montare le slick ed i tempi si abbassano considerevolmente col passare dei giri. Rischia ancora Raikkonen e con lui stavolta anche Alonso. I due escono negli ultimi istanti e piazzano il tempo necessario per farli passare in Q1. Non si ripete invece Grosjean, fuori, con Hulkenberg, Ricciardo, Bottas, Van der Garde e Maldonado. Vettel, Raikkonen, Rosberg, Hamilton, Alonso. Questi i primi 5. Q1, MASSA RINUNCIA. Ha trascorso oltre 10’ con il casco in testa Felipe Massa prima di arrendersi all’evidenza. Niente qualifiche dopo il botto con la F138 nelle ultime libere. L’aggravante della sostituzione del cambio, la penalizzazione di 5 posizioni sulla griglia di partenza hanno consigliato il muretto Ferrari di evitare di scendere in pista e ricomporre la monoposto del brasiliano con calma. Ce la fa invece Grosjean che entra in pista in tempo per andare in Q2. Per il resto la sorpresa la fa Van der Garde con la Caterham che è riuscito a entrare nella Q2. Sulla pista bagnata in lento asciugamento eliminati Di Resta (a sorpresa), Pic, Gutierrez, Chilton, Bianchi (fermo in pista alla Massenet) e appunto Massa. Primo Maldonado: 1’23?452; 2° Vergne, 3° Alonso, 4° Grosjean, 5° Button e via via gli altri con Raikkonen che rischia ma è 15°. Ef

                  Mogliano è campione


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