È accaduto nuovamente e nuovamente a Novellara, nel reggiano, proprio dove viveva l’altrettanto giovane Saman Abbas, uccisa dai familiari per essersi opposta ad un matrimonio forzato. Su una coetanea la stessa minaccia terribile del padre, un cinquantaduenne e della sua seconda moglie 37enne, nel caso in cui non avesse accettato di sposare il cugino che viveva in Pakistan. Ai protagonisti di questo recente fatto di cronaca, compresa la ventenne, è stato disposto il braccialetto elettronico. Per la coppia anche la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima delle costrizioni e ai luoghi immediatamente adiacenti agli stessi e il divieto di comunicare con lei con qualsiasi mezzo. Nel 2021 la giovane era stata già costretta al matrimonio col cugino, ma era riuscita ad evitare quello fisico in Pakistan, limitandosi ad un matrimonio per procura. Una storia drammatica che ricalca quella della povera Saman, delitto per il quale alcuni giorni fa i genitori sono stati condannati all’ergastolo, mentre al trentacinquenne Danish Hasnain, lo zio considerato l’esecutore materiale, 16 anni di carcere. Come era già accaduto a Saman, anche alla giovane pakistana era vietato praticamente tutto, uscire di casa, andare a scuola, socializzare, cercare un lavoro. Si può dire, era segregata in casa. Fortunatamente la ragazza era seguita dai servizi sociali ai quali aveva confidato la decisione del padre e della matrigna di mandarla in Pakistan, ufficialmente per un viaggio in patria, mentre lei temeva di dover sottostare al matrimonio fisico. Sua madre era morta quando lei era appena nata, ufficialmente per cause naturali. La giovane ora vive in una comunità dove ha accettato di recarsi per proteggere la sua incolumità