Quello che è ripartito oggi è un motore che ancora non può viaggiare a pieno regime. E forse non lo potrà più fare per sempre, dopo i quasi tre mesi di stop per il lockdown da Coronavirus. A dirlo sono i dati di un’indagine effettuata dall’Ufficio Studi della Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici esercizi-Confcommercio, secondo cui il 70% circa dei pubblici esercizi, 7 su 10, 196mila locali tra bar e ristoranti, hanno avuto la forza di rialzare le serrande accogliendo i clienti con le nuove regole anti Covid-19. Ma uno su cinque, circa 83.000 gestori in tutta Italia, resteranno chiusi o perché il titolare ritiene che non ci siano le condizioni per riprendere a lavorare o perché il gestore non si è ancora organizzato, mentre quasi 267mila imprese entro fine anno potrebbero smettere di operare definitivamente, un terzo nel commercio e due terzi nei servizi. Troppo alti i costi di messa norma, a fronte di mesi senza incassi. Fipe inoltre lancia un allarme occupazione: gli imprenditori intervistati stimano un crollo del 55% dei loro fatturati a fine anno e questo si tradurrà in un minor impiego di personale. Secondo le stime, infatti, il numero dei dipendenti impiegati calerà del 40%, con 377mila posti di lavoro a rischio. Confcommercio evidenzia come la riapertura riguarderà il 68,1% delle oltre 1,2 milioni imprese esistenti. La vera incognita viene considerata l’accesso dei clienti nelle attività che riaprono. L’aspettativa è di fare all’inizio solo il 30% del fatturato rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, per arrivare a fine anno a circa il 50%.