La storia tramanda che il Cimitero di Modena, nel 1971, fu concepito come “una città d’ossa”. Una città che, esattamente al pari di tutte le altre, ha una sua periferia. In questo caso, però, non troviamo abitazioni e residenti. O meglio, niente che si possa definire “a norma”. Siamo in zona San Cataldo, dove bivacchi e accampamenti improvvisati sono all’ordine del giorno. Guardandosi attorno, l’impressione è che qui, effettivamente, non ci viva nessuno. Eppure le tracce ci sono. Tracce che testimoniano non solo il passaggio, ma una permanenza, ogni notte, di sbandati che cercano un riparo, lontano da occhi indiscreti. Lo conferma chi, in questa area, ci lavora: ci parlano di un via vai quotidiano e che, ormai, ci hanno fatto l’abitudine. Addentrandosi in quella che pare una giungla, per via della vegetazione lasciata crescere incolta, si possono trovare cataste di rifiuti tra bottiglie, piatti, addirittura tre bracieri improvvisati. Sembra di stare nella “zona giorno” di una dimora che non ha mura. Proseguendo, arriviamo in quella che potrebbe ricordare la “zona notte”: ci sono lenzuola, coperte, cuscini, materassi, c’è anche un pupazzo. Ma il degrado e la trascuratezza non si limitano sono in quel punto: ecco vestiti abbandonati sul ciglio della strada, dove però un cartello chiede espressamente di non farlo.