In attesa della risposta del Ministero alla richiesta di deroga alla chiusura avanzata dalla Regione Emilia Romagna, i comitati del no vogliono tenere alta l’attenzione

L’unica, remota possibilità di salvare il punto nascite di Pavullo, condannato alla chiusura della riorganizzazione del sistema sanitario provinciale, è legato alla risposta del Ministero, alla richiesta di deroga alla chiusura avanzata dalla Regione Emilia Romagna. Richiesta che punta a non sospendere l’attività di assistenza al parto in sei punti nascita della rete dell’Emilia-Romagna (tra cui Pavullo e Mirandola) nei quali si registrano meno di 500 parti l’anno. E che per questo considerati non più sicuri. Una richiesta arrivata sull’onda della protesta dei cittadini che a centinaia, riuniti in 4 comitati sono scesi in piazza nel luglio scorso per ribadire il loro no alla chiusura. Sul tempo limite della risposta, fissato in 90 giorni, c’è incertezza. Perché se si sa la data di partenza, fine luglio, non si sa quando la richiesta di deroga sia effettivamente stata ricevuta e protocollata a Roma. Fatto sta che sono in pochi a sperare in una risposta del ministero entro il mese di ottobre.
Fatto sta che dalla sera della manifestazione poco o nulla si è mosso. L’attenzione è scemata un po per le ferie un pò per la delicatezza politica del tema. Nessuno vuole rimanere con il cerino in mano. Dal centro destra rappresentato ora dall’amministrazione comunale, al centro sinistra, che maggioranza nella assemblee e nella conferenza sanitaria provinciale, ha avvallato la proposta di riorganizzazione che se da un lato garantisce all’ospedale di Pavullo investimenti per 6 milioni di euro per Sale Operatorie, pronto soccorso e parcheggi, dall’altro decreta la scomparsa del punto nascite.
Ora il rischio più grande, per i comitati, è che del punto nascite si smetta di parlare. Per questo i comitati Pavullo 95, Salviamo l’ospedale, Comitato Mamme e Salviamo le Nascite hanno invitato massimi rappresentanti di provincia regione, unione dei comuni e tutti i parlamentari modenesi, a partecipare ad un incontro per tracciare il punto della situazione. Per mantenere alta l’attenzione e per sollecitare il Ministero ad un risposta che tenga conto della specificità e della centralità territoriale che consente oggi a centinaia di donne, soprattutto dell’alto Frignano, di evitare percorso di due ore in strade di montagna per raggiungere il più vicino punto nascite di sassuolo nel quale essere dirottate dopo la sempre più probabile chiusura di Pavullo.