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Inceneritore e polemiche


    Tutto a posto, tutto nella norma e soprattutto più efficienti. Il comunicato che la multiutiliy Hera ha spedito alla Provincia di Modena certifica che lo stabilimento di via Cavazza, dopo la tanto discussa autorizzazione data dall’ente il 14 agosto, è stato riclassificato. Ma significa pure che l’inceneritore a questo punto può importare rifiuti da altre province o altre regioni italiane. Tecnicamente è possibile, la partita è politica. In questi due mesi tutti i vertici politici cittadini hanno assicurato, non una ma più volte, che non c’è nessuna intenzione di ampliare le quantità dei rifiuti da bruciare e soprattutto di non volere l’importazione di rifiuti non modenesi. Rassicurazioni sottoscritte da Hera, ma che non convincono gli ambientalisti che hanno organizzato manifestazioni di piazza e presentato petizioni. Il Pdl in consiglio comunale ha chiesto maggiori informazioni e soprattutto ha detto di non fidarsi delle intenzioni della multiutility. Adolfo Morandi, capogruppo del Pdl, sul tema: «In una commissione consiliare ho sentito l’ingegnere di Hera dire che loro possono anche chiedere e fare l’ampliamento, ma che il businees plan non prevedeva l’investimento. Ma questo, da un anno all’altro, può anche cambiare». Non si nutre una grande fiducia, questo è chiaro. Secondo l’ex consigliere Vittorio Ballestrazzi, la richiesta del senatore Stefano Vaccari, ex assessore all’ambiente della Provincia di Modena, di finanziare le reti di teleriscaldamento con fondi pubblici è legata a questo potenziamento dello stabilimento cittadino. Una tesi da provare, ma i dubbi sono legittimi. E poi Ballestrazzi conclude: «Invito tutte le persone che vivono e lavorano a Modena ad inviare una mail al Presidente della Provincia con questo oggetto: «Richiesta di Consultazione Popolare sull’Inceneritore» e con questo testo: «Presidente convochi le assemblee popolari e senta il parere dei cittadini».

    RADIOMERCATO


      Chi arriva, chi parte, chi… forse: la situazione

      Palermo, Csm contro Messineo: «fece sfuggire Messina Denaro»


        Il procuratore rischia adesso il trasferimento

        Il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo rischia il trasferimento per incompatibilità. La prima commissione del Consiglio Superiore della magistratura ha deciso di aprire, infatti, una procedura per il suo trasferimento d’ufficio per incompatibilità. Secondo palazzo dei Marescialli, sarebbe da contestare a Messineo una gestione «debole» e senza la necessaria indipendenza, dell’ufficio. Una condotta che avrebbe risentito anche del «condizionamento» di Messineo da parte di Antonio Ingroia, fino a pochi mesi fa pm a Palermo. A Messineo vengono contestati i suoi rapporti privilegiati con l’ormai ex procuratore aggiunto Antonio Ingroia dal quale sarebbe stato «condizionato nella gestione dell’ufficio». In Procura ci sarebbe stato un clima pesante tra i colleghi, soprattutto riguardo al processo sulla Trattativa e sulla gestione del testimone Massimo Ciancimino. Una situazione che avrebbe determinato spaccature e incomprensioni nella Procura palermitana. Dove c’era il «sospetto» che il capo «avesse perso piena indipendenza» nei confronti di Ingroia o che ci fosse comunque con lui un «rapporto privilegiato. Nell’ incolpazione, si inserisce anche il fatto che Ingroia tenne per cinque mesi le intercettazioni che riguardavano Messineo, prima di trasmetterle a Caltanissetta. Messineo, che è stato convocato a Roma il prossimo 2 luglio per rispondere alle accuse mossegli dal Csm, contattato telefonicamente non ha voluto rispondere. E’ duro l’atto d’accusa, perché, inoltre, Messineo «non avrebbe favorito la circolazione delle informazioni all’interno della Procura e conseguenza di questo difetto di coordinamento sarebbe stata la mancata cattura del latitante Matteo Messina Denaro». Lo scrive il Csm nell’atto di incolpazione, citando l’accusa del pm Leonardo Agueci. Rischia dunque il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. La prima commissione del Csm, che ha aperto la relativa procedura contestandogli la gestione debole dell’ufficio e che non garantirebbe la necessaria indipendenza, si è espressa. La decisione è passata con il voto favorevole di tutti i componenti della Commissione, ad eccezione del laico del Pdl, Niccolò Zanon, che si è astenuto. Appuntamento, dunque, a luglio con la Commissione: in questa audizione Messineo, con l’assistenza di un difensore, potrà difendersi dalle contestazioni che gli vengono mosse.

        I FATTI DEL GIORNO


          Succede nel Belpaese

          Brescia, fermato terrorista islamico


            Marocchino e seguace del movimento radicale Sharia 4 Cercava obiettivi da colpire su tutto il territorio italiano

            La polizia di Stato di Brescia ha arrestato un cittadino marocchino 21enne, accusato di addestramento con finalità di terrorismo internazionale e di incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e religiosi. Le indagini degli uomini della Digos coordinata dalla Direzione centrale polizia di prevenzione, hanno accertato che l’arrestato aveva creato la «filiale» italiana del movimento «Sharia 4», avvalendosi tra l’altro del proprio blog «Sharia4Italy». Sorto in Belgio nel 2010, «Sharia 4» ha gradualmente assunto la struttura di un network internazionale, avvalendosi, oltre che di siti internet dedicati e canali tematici su Youtube, anche di una sorta di jihadismo di piazza e della pratica della cosiddetta «street da ‘wa» (predicazione in strada). Gli investigatori hanno accertato l’importante ruolo del web nell’attività di propaganda a cui l’estremista faceva ricorso sia per veicolare le proprie traduzioni di documenti di natura jihadista sia per acquisire istruzioni sull’uso di esplosivi, armi e tecniche di combattimento. Durante l’operazione sono stati acquisiti alcuni scritti in cui si inneggia alla jihad contro l’Italia e la Francia e si specifica che il suo odio proviene dall’infanzia quando, dopo i fatti dell’11 settembre, veniva apostrofato con disprezzo terrorista e talebano. Di recente, inoltre, il 21enne marocchino aveva confidato a un internauta il desiderio di morire per Allah e aveva incominciato, via internet, a eseguire ricerche su possibili obiettivi che avrebbe voluto colpire, rivelando una crescente attenzione per il conflitto in Siria dove avrebbe voluto unirsi alle formazioni jihadiste che combattono contro il regime di Assad. Il marocchino si chiama El Abboubi Anas, alias Abdu Skakir Anas.

            Bologna, ladra ma libera perché incinta


              C’è stato un furto, ieri, alla Coin di via Rizzoli, a Bologna, di ben 800 euro in profumi. Colpevole una giovane donna rumena di diciotto anni. Fermata e identificata dai carabinieri, se l’è cavata però in pochi minuti. I militari, infatti, l’hanno subito rilasciata perchè la donna era in stato di gravidanza. La donna era stata fermata in flagranza di reato, mentre, in compagnia di un’altra ragazza, stava tentando di uscire dal negozio con addirittura undici confezioni di profumo, per un valore di circa 800 euro, che aveva ben nascosti dentro la borsa. Gli addetti alla sicurezza l’hanno vista proprio mentre cercava di trafugare la merce dagli scaffali e, mentre la complice è riuscita a sfuggire, hanno chiamato immediatamente il 112. La 18enne è stata così fermata dai carabinieri intervenuti sul posto. Dopo alcuni accertamenti è stata rilasciata ai sensi dell’art. 121 del c.p.p.

              STORIE DI IMPRESE


                Il fallimento al veleno di una ditta di Sassuolo

                «Ma quale malagestione? Gli addetti speculavano»


                  Bancarotta? Dovuta al caro-carburante

                  Ma quale malagestione? «A causare il fallimento dell’Atras 2 sono stati gli aumenti dei prezzi del gasolio». Risponde così Marzia Orlandi, ex moglie di Gian Paolo Mercati, il titolare dell’azienda, alle osservazioni avanzate da alcuni ex dipendenti sulle dinamiche che hanno portato alla bancarotta (vedere articolo a lato). La signora Orlandi parla dagli uffici della Atras Logistica, società fondata nei mesi scorsi da Mercati e in cui lavorano cinque ex addetti della defunta Atras 2. Il titolare, vero protagonista di questa vicenda, non c’è: è in Francia. E così a replicare alle accuse è la ex moglie, anche lei ex dipendente della Atras 2. La signora Orlandi va al contrattacco: «Fra gli autisti dei camion – dice – c’era chi speculava sui rimborsi per il carburante e sull’uso dei telefoni aziendali. Eppure, quelle spese sono sempre state conteggiate nei bilanci dell’Atras 2». «Il signor Mercati ha cercato fino all’ultimo di salvare l’impresa ed i suoi lavoratori», aggiunge, sottolineando che «se avesse volutamente fatto fallire l’azienda per trasferirsi in Slovacchia, avrebbe chiuso ben prima». Nessun disegno pre-ordinato, insomma. «La Atras Sk – spiega la signora Orlandi – è stata fondata per accedere ai mercati dell’Europa dell’est, mentre la Atras 2 aveva il fulcro dei suoi affari tra la Francia e l’Olanda». Quanto ai beni personali (un’auto di grossa cilindrata e una casa a Bratislava) acquistati da Mercati mentre la ditta era in gravi difficoltà, la signora Orlandi conferma solo in parte: «L’auto è stata comprata: del resto, a lavorare non ci poteva mica andare a piedi – osserva -. Ma la casa di Bratislava non è sua: là è in affitto». (em)

                  Atras 2, la rabbia dei lavoratori: «Traditi da azienda e sindacati»


                    Dure accuse al titolare e alla scarsa verve delle sigle

                    Lagarde, assist a Draghi: «L’euro è salvo grazie all’Omt»


                      Dall’Fmi elogi al piano Bce contestato dalla Bundesbank

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