Marini è bruciato nei due scrutini dai franchi tiratori Autogol del segretario già avvertito da renziani e Sel
Pier Luigi Bersani ha perso la partita e la persa molto male. Il suo candidato al Quirinale, Franco Marini, scelto in compromesso con Pdl, Lega e Scelta Civica non ha raggiunto il quorum necessario per essere eletto in entrambi gli scrutini di ieri e i voti mancanti sono quelli dello stesso partito di Bersani. Due fumate nere per lelezione del presidente della Repubblica: al primo scrutinio Marini si è fermato a 521 voti, mentre Stefano Rodotà, candidato del Movimento 5 Stelle, sostenuto anche da Sel, ha raggiunto 240 voti. Calati rispetto al primo scrutinio i voti per Rodotà, da 240 a 230. Marini affossato con 15 voti. Le schede bianche sono state 418. Sel, già dalla mattina di ieri, non aveva fatto segreto che non avrebbe votato Marini. Poi in giornata Vendola ha dichiarato che «per Marini è stato un risultato sconfortante, perciò se il Pd non fermerà la giostra, cambiando candidato, noi continueremo a votare Rodotà». Laltra falla è stata provocata dallinterno del Pd stesso. Il sindaco di Firenze Matteo Renzi, infatti, aveva categoricamente escluso il suo appoggio a Marini e ieri, con chi gli chiedeva di esprimersi su una eventuale spaccatura nel Pd è stato chiaro: «Certamente». E ha spiegato: «Credo che quando si elegge il presidente della Repubblica cè in ballo il futuro dellItalia, che è più importante di quello del Partito Democratico». Del resto, «in campagna elettorale – ha aggiunto – dicevamo prima lItalia, poi il partito e alla fine il candidato. Qui invece abbiamo dato limpressione di fare il contrario, di preoccuparci prima del candidato, poi del partito e poi dellItalia». Bersani ha scelto da solo, forse si è consultato coi suoi, ma di fatto è andato a Montecitorio più solo che mai. La dura assemblea del Pd della sera precedente, in cui era stato presentato Marini come candidato, aveva registrato 90 voti contrari e 21 astensioni. Pesante la critica di un altro escluso dai giochi ormai da tempo, ma comunque lucido nellanalisi, ovvero Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista: «Nellinciucio tra Bersani e Berlusconi è finito in pattumiera il centrosinistra. Lunica strada per dare un segnale di cambiamento che ascolti la richiesta che sale dal Paese è il voto a Stefano Rodotà». Sempre Ferrero ha aggiunto: «Parallelamente si costruisca una sinistra vera, alternativa alla destra e al centrosinistra: il Pd è finito». Bersani ha voluto condurre i giochi da solo nel Pd, e pur col sostegno del centrodestra è stato sconfitto. Figuraccia imperdonabile.