L’Emilia Romagna è una delle tre regioni, assieme a Campania e Molise, che da domenica passerà dalla zona gialla a quella arancione. La notizia, largamente attesa, è stata ufficializzata nel pomeriggio dal Ministro Speranza, sulla base dei dati e delle indicazioni della cabina di regia che ha valutato i 21 indicatori del contagio. Fra questi un ruolo decisivo ha avuto lo sforamento di quota uno dell’indice di contagio Rt, che tre settimane fa era sceso a 0,83 e quella scorsa si era già alzato a 0.94 e ora è a quota 1,06. Il cambio di colore comporta due principali limitazioni: il divieto di spostamenti fuori dal proprio comune e la chiusura a pranzo degli esercizi di ristorazione, che potranno fare solo asporto o consegna a domicilio, ma per i bar il limite per l’asporto è alle ore 18. Ma proprio questo sistema di divisione delle regioni a colori, in vigore dallo scorso autunno, è finito nel mirino della maggioranza che guida l’Emilia Romagna. Dopo le critiche da parte dell’assessore alla Sanità Raffaele Donini, anche il governatore Stefano Bonaccini lo ha messo in discussione, aprendo a un possibile lockdwon nazionale per fermare i contagi. “Il Governo dovrebbe chiedersi se non conviene forse attuare due o tre settimane di lockdwon nazionale” ha spiegato Bonaccini. “Probabilmente – ha proseguito – solo un lockdown serio può fermare le varianti. Ne ho parlato con la neoministra agli Affari regionali Gelmini e l’ho fatto sapere anche al ministro Speranza, credo che una riflessione in tal senso vada fatta, anche se non sono uno scienziato”. La scelta di combattere il virus con un’Italia valutata in zone a colori è un unicum italiano in Europa, presa dal Governo Conte come compromesso politico che mediasse fra le richieste di aperture delle regioni e la volontà di chiusura indicata dagli scienziati. Ma in questi ultimi mesi si è visto che ogni abbassamento delle restrizioni ha portato a un nuovo aumento dei contagi, poi ridotti con le nuove chiusure. Un andamento ondivago che ad oggi non ha dato gli esiti sperati.