Combattono per il loro futuro, perché sanno cosa significa vivere un presente fatto di violenza, non poter andare a scuola e non avere una proprietà. Vorrebbero convivere in pace con tutti i popoli che vivono nel territorio, ma per far questo devono proteggere le loro zone dai terroristi. Alan, Layla, Solin e Jalal: sono i quattro combattenti curdi feriti, attualmente curati all’Ospedale Ramazzini. Sono giunti nella città dei Pio, su iniziativa del Comune di Carpi, della Croce Rossa Italiana e dell’Usl di Modena, dopo aver combattuto per difendere la loro città, Kobane, dagli attacchi dell’Isis. A Carpi hanno raccontato una tragedia fatta di una guerra senza scrupoli e tantissimi morti tra i civili, dopo terribili atti di violenza.
I quattro ragazzi, che hanno aspettato un anno e mezzo per essere curati a Carpi, hanno comunque detto di essere felici e fortunati, di trovarsi in Italia, ma allo stesso tempo continua la loro preoccupazione per quello che sta accadendo a pochi metri dalle loro case. Infine hanno invitato l’Europa a meno parole e maggiore azione, perché c’è bisogno di medicine e cure, ma non solo: serve anche un concreto aiuto per sperare in un futuro di democrazia.
Intervista a Ozlem Tanrikulu, Presidente Ufficio informazione Kurdistan
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