Gli scambi aprono a 60 dollari per azione, in rialzo del 15%. Per il Cavallino è l’inizio di una nuova era. Marchionne: “Sto da Dio”. Ma i ‘puristi’ della Rossa sono preoccupati

Sono le 9.30 di New York, le 15.30 italiane, quando a Wall Street suona la campanella della Ferrari. Un momento destinato a passare alla storia del Cavallino Rampante, perché rappresenta l’inizio di una nuova era. Da oggi la Casa di Maranello sarà quotata in Borsa, sul listino più importante del Pianeta. La campanella segna l’avvio delle contrattazioni. Un avvio che ha fatto subito registrare il botto, con il titolo che aperto a 60 dollari per azione, in rialzo del 15% rispetto al prezzo di collocamento, che era stato fissato a 52. Cifre che confermano la valutazione pari a circa 10 miliardi di dollari per l’intera azienda. Ferrari, insomma, tiene fede alla sigla ‘Race’ sotto cui saranno comprate e vendute le sue azioni. Sul piatto, a disposizione degli investitori, è finito complessivamente il 10% della Rossa, di cui un 1% riservato in opzione alle banche collocatrici. “Sto da Dio”, ha commentato il presidente Sergio Marchionne, primo artefice dello sbarco in Borsa: un’operazione che ha fatto storcere il naso ad alcuni puristi del Cavallino, preoccupati di vedere trasformato il loro mito da azienda meccanica, produttrice da auto, a brand del lusso, con un accento più finanziario e commerciale. Ora la compagine sociale della Casa di Maranello è così composta: 80% in mano agli azionisti di Fiat Chrysler, 10% a Piero Ferrari, 9% al mercato, 1% alle banche. Nelle prossime settimane si completerà anche lo scorporo dalla casa madre Fca, con conseguente trasferimento della sede legale in Olanda e di quella fiscale a Londra.