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VICINI NELLA TRAGEDIA


    La diversa fase post-terremoto

    Hera, crociata contro i maxi-compensi


      ECONOMIAò27

      Sisma, potere ai sindaci? In Emilia è meglio di no


        Di tutt’altra opinione il primo cittadino dell’Aquila

        MODENA – I soldi per la ricostruzione post-sisma sono come l’acqua che scende lentamente, molto lentamente, da un rubinetto. Qualche goccia, ogni tanto, che non riesce a placcare la sete degli assetati, in questo caso imprenditori e cittadini che non riescono a far ripartire a regime le proprie attività o rientrare a casa. Parlano i numeri delle poche ‘cambiali Errani’ che le banche devono pagare. Una situazione chiarissima che dimostra come la burocrazia riesca ad inceppare e far grippare il motore della complessa macchina della ricostruzione. Qualche soluzione: sposare il principio della sussidarietà. Un concetto presente nella nostra Costituzione e che si traduce nel far prendere le decisioni nel livello istituzionale e politico più vicino al cittadino. In questo caso ai sindaci. La prima contestazione di chi non crede a questa ‘devolution’, dalla Regione ai Comuni, è quella relativa al carico di lavoro, alle incombenze quotidiane di un primo cittadino di un piccolo paese. La critica è fondata, ma allo stesso tempo un sindaco conosce bene i problemi dei suoi concittadini che incontra ogni giorno, che ogni giorno bussano alla sua porta. A sposare questo metodo è il primo cittadino dell’ Aquila Massimo Cialente che ha vissuto l’esperienza del commissario (in modo negativo) e sostiene che è meglio dare più poteri ai suoi colleghi. Un consiglio da un politico di centrosinistra ad altri politici di centrosinistra. Ma si sa che il colore di partito fa variare le opinioni a seconda della latitudine e quindi ai nostri concittadini in fascia tricolore va bene il commissario e compagno di partito Vasco Errani. Spesso l’appartenza ad un colore di partito determina la scelta di una politica rispetto ad un’altra. Questo il dato e pure il problema. Dall’analisi delle due ricostruzioni emerge poi un grosso tratto comune – c’è da ricordare che le due catastrofi naturali sono molto diverse l’una dall’altra – che prende il nome di burocrazia. A l’Aquila ad ingabbiare la ricostruzione si contano 1.109 disposizioni, a Bologna si registrano più di cento ordinanze con mille cambiamenti in corso d’opera. Va bene che bisogna stare attenti nello spendere i soldi pubblici, ma la lentezza e le troppe norme uccidono la ripresa. Terremoto o no. (gbn)

        Mirandola: storia della perla dei Pico


          SPECIALEò12-13

          Piazza Roma: l’assessore si arrende


            CRONACHE ò7

            Congresso, voto ai non iscritti Non è più una provocazione


              La tessera si potrà fare anche il giorno del congresso. Punto uno. Potrà votare il nuovo segretario anche chi non è iscritto. Punto due. A questo punto è chiaro che il Partito (p maiuscola) come lo abbiamo conosciuto finora è giunto al capolinea. Queste rivoluzionarie decisioni per il congresso di maggio – sempre che non arrivino novità da Roma che portino ad annullare le consultazioni interne – non sono state prese dalla segreteria guidata dal traghettatore Paolo Negro. Ma…. sul primo punto sembra che non ci siano preclusioni, cioè nessuno che voglia alzare barricate contro questa novità che dovrebbe accompagnarsi anche ad una riduzione del prezzo della tessera. Sul punto 2 si battaglia – e non solo i renziani – e forse i ‘rottamatori’ (non solo i seguaci del sindaco di Firenze) l’avranno vinta. Niente è ancora scritto nero su bianco, ma lo tsunami elettorale a Modena ha determinato una convinzione: niente sarà più come prima. Il rischio scissione c’è, quindi o si cambia o si muore. Il partito conosciuto finora -la nascita del Pd non ha trasformato i suoi fondamentali- è destinato a perire. Questi i rumors che circolano nei dintorni del partitone. Un’organizzazione con sempre meno iscritti, tanti tesserati anagraficamente avanti con l’età e poca attrattiva per i giovani. Insomma con le regole attuali si rischia di far partecipare solo una minoranza del partito e lasciare fuori il popolo delle primarie. La scelta di aprire le urne a più simpatizzanti naturalmente avvantaggia quella parte del partito che ha più sostenitori fuori dal cerchio degli iscritti. E penalizza, in teoria, coloro che sono espressione della nomenclatura. Questo il quadro a Modena dove gli ultimi sviluppi elettorali preoccupano un partito che ha visto perdere, in termini assoluti, decine di migliaia di voti e che subisce l’avanzata grillina e quella interna dei renziani. Volere o volare c’è da fare i conti con queste novità e tutti i piani per le prossime amministrative del 2014 sono ormai saltati. (gbn)

              LA CRISI DELLA SINISTRA


                In casa Pd soffia la tempesta

                Un partitone pronto al divorzio? Pure a Modena si parla di scissione


                  Militanti e dirigenti ne discutono su Facebook

                  In questo momento di stallo della politica nazionale, i congressi modenesi del Partito Democratico possono essere un’opportunità ma anche un rischio. Il rischio è proprio quello di non essere all’altezza del delicato momento politico: per questo bisogna tendere, anche a livello locale, ad un dibattito adeguato alla portata dei cambiamenti. Ecco perchè durante la prossima fase congressuale è necessario ripensare l’agenda politica, rivedere il modello di sviluppo locale, ridare dignità al concetto di “etica pubblica” e di lavoro. Devono essere le priorità del Pd anche a Modena. Perchè questo non è il momento di costruire strategie di breve respiro per garantirsi quote di potere locale: ci vuole un atto di coraggio, il coraggio cioè di proporre un’idea di società nuova, capace di un pensiero politico all’altezza dei cambiamenti straordinari che stiamo vivendo. Anche nel Pd locale è necessario uno sforzo di innovazione profonda, nella sua forma organizzativa e nella sua proposta politica, tenendo conto anche delle istanze portate avanti dalle diverse sensibilità presenti nel partito senza che questi diventino bandiere o sterili etichette. Dal congresso auspichiamo per esempio profili e proposte che rispondano al cambiamento richiesto al Pd ma che non mirino semplicemente a cambiare gli assetti per mandare a casa la vecchia classe dirigente. Vogliamo cambiare il partito e la città a partire da una nuova concezione dell’etica pubblica, delle funzioni che il nostro partito deve ricoprire, dell’ambiente e dallo sviluppo, dell’attenzione alle relazione e alla cure delle persone, dalle politiche a sostegno del reddito. Vogliamo realizzare una discussione di partito che possa partire da un modello di città aperta, basata sull’impegno e sul lavoro, sul talento e sulla creatività e non sul rancore e sul sospetto. In attesa che siano definite le regole dei congressi, le candidature in campo e altre che eventualmente verranno dovranno partire da questi temi se intendono lavorare per il bene comune e per la città. L’alternativa è un Pd che si chiude su se stesso ed incapace di rispondere alle sfide che abbiamo davanti. nPiernicola Tartaglione, consigliere provinciale Marco Forghieri , comitato ‘Modena per Renzi’

                  La lettera


                    Sarà scissione? In tanti nel partitone vogliono allontanare lo spettro della divisione tra sinistra e centro, tra bersaniani e renziani, tra apocalittici e integrati, ma la parola rimbalza di continuo e non sembra più fantapolitica. Basta anche un semplice e veloce giro su Facebook. Per esempio: «Oltre il Pd c’è solo il Pd, il resto è farsa», firmato Francesco Ori. Il candidato alla segreteria provinciale che scongiura lo scenario, ma visto che ci ha scritto vuol dire che la frattura è diventata una faglia politica. «Oltre il Pd, oltre le colonne d’ercole, c’ è molto altro per fortuna» gli ribatte Roberto Vezzelli – ex numero uno di Legacoop Modena, nome storico del partitone e ora approdato sulle rive di Sel – a conferma di chi vuole separare parte sinistra e parte centrale, cattolica, renziana. Che alla fine non si sono tanto amate – l’amalgama non riuscita di cui parla Massimo Dalema – e forse dalla convivenza non si passerà all’ altare, ma ad una più traumatica separazione. Ma anche se non si arriva alla scissione i rapporti interni sono in frantumi e non solo a Roma. In città e provincia sono ben profondi, anche se si assiste a nuove e inedite alleanze. Basti pensare alla corsa per il segretario cittadino dove si affronta un exmargheritino ma bersaniano come Salvo Cotrino ed un ex diesse come Massimo Parenti. Quest’ultimo è sostenuto da Fabio Rossi cattolico e renziano, da Marco Miana renziano che con Parenti si dichiara pronto a rifare la tessera. E questi ‘lottano’ con Donato Pivanti, – ex segretario della Cgil-, con Ezio Righi e Paolo Silingardi. Per non dimenticare il documento comune presentato da Stefano Rimini (renziano) e Giulia Morini che sta più a sinistra. Uno smottamento continuo anche se non si vede un orizzonte chiaro, ma solo le divisioni. Al punto che la disponibilità di Dario Franceschini ad un dialogo con il Pdl porta Paolo Trande, capogruppo in consiglio comunale, a scrivere «Caro Dario, non sono d’accordo, io non ci sto e se arriverete a questo sappiate che il mio voto, la mia ‘volontaria militanza’ non contribuisce in alcun modo alla vostra decisione. Non in mio nome». nGian Basilio Nieddu

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