Vennero ritrovati un anno fa, quasi per caso, grazie alla curiosità di un cane. Oggi, quei due strani frammenti di roccia non solo sono stati chiamati “meteorite di Cavezzo”, ma hanno anche una storia. A un anno di distanza sono arrivati i primi risultati scientifici su uno degli eventi astronomici più rari e interessanti degli ultimi tempi. Lo studio, pubblicato sulla rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society”, ricostruisce con grande precisione gli ultimi secondi del lungo viaggio interplanetario della meteorite. Tutto è iniziato il pomeriggio del primo gennaio 2020, a partire da 76 chilometri di altezza. In quell’occasione, il fortissimo attrito con gli strati alti dell’atmosfera terrestre ha “acceso” il bolide, che è così stato osservato da molti testimoni, ma anche dalle oltre cinquanta camere di Prisma, il sistema che ha permesso di calcolare la sua esatta traiettoria e il luogo dell’impatto sulla terra, nelle zone, appunto, di Cavezzo. Ulteriori studi hanno provato che la meteorite è entrata in atmosfera alla velocità di 44mila chilometri all’ora, che le hanno permesso, in appena 5,6 secondi, di percorrere 59 chilometri. Prima dell’arrivo sul nostro pianeta, il corpo celeste pesava circa 4 chili, ridotti a 1,5 dopo l’impatto con l’atmosfera terrestre. Dato che sono stati ritrovati frammenti di circa 50 grammi, è possibile che altri frammenti si trovino ancora a Cavezzo.