Già un centinaio gli iscritti all’Hansel & Gretel Kids Model

Posano in abiti firmati, ammiccano seduti sul seggiolino della nuova macchina fiammante. C’è il bambino che si gusta il gelato Sammontana e il preadolescente che impugna il nuovo smartphone. Infanzia e pubblicità sono un binomio che da tempo fa la fortuna dei grandi brand globali. I bambini rappresentano un target fondamentale per gli esperti di marketing, poiché influenzano le decisioni d’acquisto dei genitori. Il fenomeno non può essere ignorato e in città dalla vocazione internazionale come Roma e Milano ha lanciato un nuovo business: le agenzie di casting dedicate ai più piccoli. A sorpresa questa corsa all’ esposizione mediatica, capace di scatenare l’euforia di mamme e papà, ha un esempio di successo anche sotto la Ghirlandina. Da un anno, infatti, è nata la Hansel&Gretel Kids Model Management in via Mondatora fondata da Cecilia Montanari. L’agenzia ha preso piede e sono già un centinaio le mamme che hanno deciso di lanciare i loro figli nel mondo dorato della pubblicità. Va detto che quando si parla di infanzia il rischio strumentalizzazione è dietro l’angolo, con evidenti problemi di privacy del bambino, fotografato e filmato in situazioni che non sempre gli appartengono. E con la titolare dell’agenzia abbiamo voluto affrontare proprio questi aspetti, oltre che il modus operandi della sua ‘creatura’. Come è nata la volontà di replicare a Modena questo fenomeno dal tipico sapore internazionale? L’idea è nata dal mio continuo andare avanti e indietro da Milano con le mie due bimbe Alice e Greta. Mi ero stancata di spostarmi sempre per aggiornare le fotografie delle mie figlie, così ho pensato di creare un’attività tutta mia. Il nostro lavoro principale consiste nel fare da tramite tra i brand che chiedono i bimbi per scopi pubblicitari. Solitamente il cliente ci indica le caratteristiche dei piccoli attori e noi selezionamo i più indicati dal nostro database. Chi supera il casting viene retribuito, ma non si tratta mai di grandi cifre». Qualcuno vede l’impiego dei bambini negli spot televisivi come una forzatura che può condizionarne la crescita. C’è poi il rischio di ferite narcisistiche: sono molti ad essere chiamati ma pochi ad essere scelti. «Ne sono consapevole, ma penso di essere riuscita a debellare l’immagine negativa che tante volte viene data a questo genere di cose dimostrando semplicemente che si tratta di ‘giocare con i bimbi’. I miei clienti sono unicamente aziende internazionali per cui non si tratta di concorsi in discoteca o sfilate nei locali. I bimbi non sono truccati e vengono semplicemente vestiti con gli abiti da pubblicizzare e poi fotografati senza forzature di nessun tipo». Che atteggiamento hanno i genitori? Quando le madri fanno la fila ai casting con il loro bimbo di pochi mesi per essere sulla copertina delle riviste, le ragioni sono molte ma non sempre quelle giuste. Il discorso mamme è molto complesse. Ce ne sono alcune che vogliono fare apparire i propri figli a tutti i costi, ma la maggioranza capisce che per il bene del bambino non bisogna accanirsi e prendere quello che viene. Posso dire che le mie clienti modenesi sono così: prima il lavoro, la scuola, gli sport e poi il resto. Diverso il discorso delle mamme di Milano che mollerebbero tutto ed andrebbero a Roma a piedi pur di far apparire i loro figli». (vi.ma)