L’impianto di recupero rifiuti di via Caruso finì tre anni fa sotto la lente d’ingrandimento della Dda di Bologna e della Forestale, che indagò sulle attività della società specializzata nel trattamento dei rifiuti fusa in Herambiente, l’attuale gestore
Con lo smassamento degli ultimi focolai all’interno dell’impianto di recupero rifiuti di via Caruso i Carabinieri del nucleo forestale potranno esaminare meglio il sito dove erano stoccate le 200 tonnellate di rifiuti indifferenziati andati in fumo nel rogo di domenica scorsa. Per accertarne le eventuali cause dolose e colpose. L’incendio di domenica ha riportato l’attenzione sull’attività dell’impianto di selezione e recupero dei rifiuti già al centro tre anni fa delle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Bologna su un un flusso di125 mila tonnellate di rifiuti gestiti secondo l’accusa illecitamente proprio all’interno nell’impianto di recupero modenese. Le indagini che puntarono sull’attività della società specializzata nel trattamento dei rifiuti Akron di Imola evidenziarono una attribuzione di errati codici identificativi ai rifiuti al fine di renderli recuperabile ciò che per propria natura non avrebbe potuto essere gestiti presso l’impianto di Modena. Una inchiesta non ancora conclusa che ha già portato all’iscrizione nel registro degli l’ex legale rappresentante della società Akron e tre funzionari della stessa società che nel luglio 2015 si è fusa con Herambiente, oggi unico gestore dell’impianto che nel 2018 ha ricevuto il rinnovo della dichiarazione ambientale che ne certifica l’attività. Attività bloccata a causa dell’incendio e sulla cui area posta sotto sequestro pesa nuovamente l’attenzione degli inquirenti. Sotto esame in queste ore anche le immagini delle numerose telecamere di videosorveglianza presenti in zona, sia all’interno dell’area dell’impianto sia negli accessi, così come nelle strutture private residenziali e non, compresa quella del canile comunale per accertare la presenza di persone sospette prime, durante e dopo il rogo
