La primavera fa il suo ingresso e si lascia alle spalle uno degli inverni più caldi di sempre. Il quinto, dal 1800 a oggi, con una temperatura complessiva di 1.21°C sopra la media trentennale registrata tra il 1991 e il 2020. È quanto stabilisce l’analisi di Coldiretti sulla base dei dati ISAC-CNR relativi al trimestre compreso tra dicembre e febbraio. Entrando più nel dettaglio, l’anomalia maggiore riguarderebbe proprio il Nord Italia, con uno scarto rispetto alla media che sale a 1.38°C. Una situazione drammatica che è stata accompagnata non solo da un drastico calo nelle precipitazioni, con un livello idrometrico del fiume Po al Ponte della Becca sceso fino a -3,2 metri come in piena estate, ma anche con l’allarme siccità e una tendenza alla tropicalizzazione che sta condizionando le scelte dell’economia agricola della valle del Po che si sta spostando da mais e riso verso colture come soia e frumento. Solo nel Centro-Nord sono circa 300mila le imprese agricole che si trovano nelle aree più colpite dall’emergenza climatica, con la situazione più drammatica registrata nel bacino della Pianura Padana, da cui proviene quasi 1/3 dell’agroalimentare Made in Italy e la metà dell’allevamento che danno origine alla Food Valley italiana riconosciuta in tutto il mondo.