Due medici sono stati rinviati a giudizio per il caso di una donna che, solo dopo un intervento all’utero, ha scoperto di essere incinta e temendo malformazioni al feto ha dovuto abortire

Ha scoperto di essere incinta dopo aver subito un’operazione all’utero e, sotto choc, ha deciso di abortire perché nessuno poteva garantirle che il feto non nascesse con malformazioni. La vicenda si è verificata nel dicembre 2011 all’ospedale di Pavullo ed ha comportato il rinvio a giudizio di due medici. Si tratta dell’allora direttore del servizio di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale e del ginecologo di fiducia della paziente. La donna, una giovane modenese, doveva essere sottoposta a un delicato intervento all’utero. Nel corso di una visita preliminare, aveva detto ai dottori (in particolare al direttore responsabile dell’operazione) di aver smesso di prendere la pillola, ma arrivò lo stesso al giorno dell’operazione senza che su di lei fosse stato effettuato alcun test di gravidanza. I medici le dissero che era incinta, spiegando che a seguito dell’intervento non si potevano escludere conseguenze sul nascituro. La donna precipitò nell’angoscia, e prese la sofferta decisione di abortire. Mesi dopo però, dopo la visita da parte di un medico legale, decise di sporgere denuncia. Le indagini furono affidate al pm Marco Imperato che, al termine, ha ottenuto il rinvio a giudizio dei medici nel processo iniziato oggi per colpa dell’interruzione di gravidanza in base alla legge 194. La donna si è costituita parte civile.