Nei giorni scorsi è arrivata la conferma che le fonderie cooperative saranno trasferite a Padova entro il 2022. Intanto con la sperimentazione del nuovo impianto si tenterà di ridurre l’impatto degli inquinanti nei 4 anni che dividono dalla dismissione. Per un impianto comunque incompatibile

La sperimentazione, iniziata il 15 gennaio, di sistemi per la riduzione delle emissioni inquinanti, applicati agli impianti delle fonderie cooperative di Modena, che entro il 2022 verranno dislocate a Padova, è certamente un passo avanti ma si tratta comunque di una situazione tampone rispetto all’impatto di un impianto che pur migliorato negli anni e nelle migliori condizioni di funzionamento, si basa comunque su una tecnologia industriale arcaica anni 50, quella del cubilotto, un grande forno a carbone, tecnologia incompatibile con la convivenza in un tessuto urbano avanzato. A ribadirlo è il Dr. Adriano Zavatti, già fondatore di Arpa, e responsabile ambiente di comune e USL un pioniere del settore, il primo ad effettuare rilevazioni sui camini ai tempi in cui nella sola Modena, di fonderie attive con vecchia tecnologia attive erano 14. Una realtà di cui le fonderie cooperative sono ancora il simbolo. Nei giorni scorsi la notizia che le fonderie cooperative non saranno dislocate a Modena bensì a Padova, facendo tirare un sospiro di sollievo ai residenti di una zona che si era sviluppata con l’autorizzazione del Comune nonostante il parere negativo del 2005 di Arpa e Usl. Fino a quando la convivenza con il quartiere  si è fatta insostenibile. Con la protesta del locale comitato Respiriamo Aria Pulita che, è storia recente, ha portato il Comune a sancire l’obbligo di delocalizzazione entro il 2022 e, in attesa della dismissione, di una serie di interventi tesi a ridurne l’impatto. Interventi che saranno in grado di migliorare la situazione? Giriamo la domanda al dr Zavatti.

Nel video l’intervista a Adriano Zavatti, Esperto ambientale