Ci sarà anche Confindustria Ceramica, domani, a manifestare davanti al Parlamento Europeo contro il riconoscimento dello status di Economia di Mercato alla Cina

No alla concessione dello status d’economia di mercato alla Cina. Si svolgerà domani, a Bruxelles, davanti la sede della Commissione Europea, la manifestazione Eurofer, indetta dai sindacati europei a cui ha aderito anche Confindustria Ceramica, l’associazione con sede a Sassuolo dei produttori di piastrelle ceramiche. La manifestazione è nata attorno al tavolo che riunisce gli industriali ed i sindacati europei dell’acciaio, ma si è velocemente allargata a tutti quei settori industriali – come la ceramica, le calzature, il tessile abbigliamento, mobili, bicilette, fertilizzanti, carbone solo per citarne i principali – che soffrono della scorretta concorrenza posta in essere dai produttori cinesi.

Scadono proprio del 2016, infatti, i dazi doganali imposti alla ceramica di manifattura cinese dall’Unione Europea nel 2013, dopo una lunga indagine antidumping che vide coinvolti i vertici di Confindustria ceramica affiancati dal Governo e dai parlamentari italiani a Bruxelles. Dazi doganali che andavano a colpire la concorrenza sleale cinese, che arrivarono anche all’80% e che diedero una sana boccata d’ossigino ad un export delle piastrelle made in Sassuolo che allora soffriva tremendamente l’avanzata di interi cargo di ceramica made in cine svenduta a prezzi stracciati.

Confiduestria Ceramica, appoggiata dal Governo, ha chiesto quest’anno il rinnovo dei dazi in scadenza, rinnovo che, però, sarebbe assolutamente vanificato dal riconoscimento dello status di Economai di mercato alla Cina. Gli accordi per l’ingresso della Cina nel WTO, presi nel 2001, prevedevano una verifica, dopo 15 anni, sull’esistenza dei requisiti di ‘economia di mercato’ da parte del grande paese asiatico, condizione particolarmente ambita perché dal riconoscimento di questo status dipende il modo di calcolare le misure antidumping . Dei cinque parametri richiesti, la Cina ne rispetta solamente uno, ragione per cui l’eventuale –oncessione andrebbe a minare uno dei fattori di riequilibrio della competitività – i dazi antidumping, appunto – delle produzioni europee.