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mercoledì, Luglio 30, 2025
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La ‘Maria’ torna leggera


Illegittima l’equiparazione cannabis-cocaina-eroina

La Consulta boccia la Fini-Giovanardi Salta il processo per spaccio di hashish


Il giudice rinvia l’udienza per attendere la pronuncia

Marijuana e hashish tornano a essere ‘leggere’. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato illegittima la legge Fini-Giovanardi, che aveva cancellato la distinzione tra droghe pesanti (cocaina, eroina e droghe sintetiche) e leggere (cannabinoidi). Una bocciatura tecnica, visto che la norma era stata inserita nel maxi decreto per le misure di sicurezza e prevenzione delle Olimpiadi invernali di Torino. Si torna così alla Iervolino-Vassalli, vecchia legge modificata con referendum nel 1993, con una serie di conseguenze evidentissime. Una si è concretizzata ieri, prima ancora che la Consulta si pronunciasse, al Tribunale di Modena: un processo per spaccio (uno straniero trovato con 900 grammi di hashish) è stato rinviato dal giudice (su proposta dell’avvocato difensore, Patrizia Tassello) proprio in attesa di sapere cosa avrebbe deciso la Corte. Perché le differenze sono tante, e anche pesanti: con la Fini-Giovanardi, lo straniero rischia da 6 a 20 anni di carcere. Non importava quale sostanza stesse spacciando, marijuana, hashish o eroina, la pena massima era la stessa. Ora, con il ritorno alla Iervolino-Vassalli, le pene vanno dai 2 ai 6 anni. Casi singoli a parte, bisognerà vedere quale impatto avrà la decisione della Consulta dal punto di vista penale nel suo complesso: «Si dovranno attendere le motivazioni della sentenza – spiega l’avvocato Enrico Fontana, presidente della Camera Penale di Modena – per capire se inciderà anche sulle sentenze passate in giudicato. Inciderà sicuramente sui termini di prescrizione e misure cautelari. Da tempo sosteniamo che la giustizia, in particolar modo la materia penale, ha bisogno di certezze: non può essere modificata a colpi di decreti legge e successive conversioni in legge». nDaniele Franda

Bigarelli (SerT) «La repressione non funziona»


«Si è corretto un errore dal punto di vista scientifico». Massimo Bigarelli, responsabile del SerT dell’Area Nord e presidente regionale della Società italiana tossicodipendenze (Sitd), commenta così la pronuncia della Consulta sulla legge Fini-Giovanardi. «Assunta in dosaggi normali, la cannabis non è assimilabile alla cocaina o all’eroina. E questo era uno dei limiti della legge bocciata». Legge che aveva anche un pregio: «Prevedeva anche misure alternative al carcere e percorsi riabilitativi in comunità, peccato che questa parte non fosse mai stata finanziata. Ad ogni modo in questi anni abbiamo visto che con leggi restrittive non si sono ottenuti gli effetti sperati, anzi». (da.fra.)

Chiese e palestre, sbloccati i fondi


    Via libera della Regione a circa 45 milioni di euro Deciso il regolamento per l’assegnazione dei moduli

    MIRANDOLA – Sono circa 45 i milioni messi a disposizione dalla Regione per ricostruire chiese e palestre nelle zone del Cratere. Le ordinanze sono state firmate ieri a Bologna dal commissario straordinario Errani e se non altro tamponano una situazione rimasta ancora di grande emergenza. Al di la dei disagi nelle scuole e per le società sportive diversi campanili restano inagibili, bloccando con la propria precarietà alcune strade. In particolare ammontano a 29 milioni di euro le risorse destinate per realizzare le palestre scolastiche temporanee nei Comuni colpiti dal sisma. Complessivamente però si prevede una spesa pari a 27 milioni e 533.000 euro, mentre vengono assegnati ad alcuni Comuni un milione e 466.000 euro per la diretta realizzazione degli interventi: a Cavezzo 82mila euro, a Sant’Agostino 200mila euro, a Finale Emilia 532mila e a Mirandola 651mila euro. La concessione definitiva dei contributi ai Comuni e’ subordinata alla presentazione, entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, del progetto esecutivo degli interventi. Contemporaneamente sono stati deliberati anche oltre 15 milioni di euro per le chiese dichiarate inagibili dopo il terremoto. L’ordinanza autorizza e finanzia interventi immediati di riparazione e di ripristino con miglioramento sismico degli edifici religiosi. Nella sua decisione Errani si è basato anche su indicazioni fornite da un report della Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna, ufficio Beni culturali ecclesiastici. Sempre ieri in Regione è stata varata la definitiva regolamentazione per l’assegnazione ai Comuni dei prefabbricati abitativi rimovibili sia per gli ambiti urbani (poco meno di 800) che rurali (circa 170). In pratica il provvedimento regola la destinazione ai Comuni dei moduli stabilendo anche i criteri di assegnazione ai nuclei famigliari. Per quanto riguarda la distribuzione dei prefabbricati modulari abitativi rimovibili (i cosiddetti Pmar), questi sono destinati e concessi in utilizzo ai Comuni di Cavezzo, Cento, Concordia sulla Secchia, Mirandola, Novi di Modena, San Felice, San Possidonio. Mentre i prefabbricati modulari rurali rimovibili (Pmrr) sono destinati e concessi in utilizzo a diversi Comuni terremotati della Bassa modenese e delle altre provincie. L’ordinanza dispone quindi che le strutture abitative siano destinate a titolo gratuito all’alloggiamento provvisorio delle persone e nuclei familiari la cui abitazione è stata dichiarata inagibile e risulta inagibile alla data di assegnazione e fino al recupero dell’alloggio recuperato. In rispetto a quanto precedentemente disposto dall’ordinanza di sgombero emessa dal Comune per i residenti o dimoranti abitualmente alla data del sisma. Mentre il grande freddo è già arrivato il Natale si avvicina e per l’allestimento dei moduli è già iniziata la corsa contro il tempo.

    Sindacati e pazienti in difesa dei professionisti del reparto


      L’appello del procuratore Zincani ad abbassare i toni sembra sia già stato accolto: da più parti arriva una levata di scudi nei confronti del reparto del Policlinico finito sotto accusa dopo la lettera dell’associazione Amici del Cuore. In questo caso non è l’Università a porsi a difesa della Cardiologia diretta dalla professoressa Maria Grazia Modena, ma un ente terzo, il sindacato Uil. «Non possiamo e non dobbiamo generalizzare – scrive Gerry Ferrara, segretario generale della Federazione Poteri Locali della Uil Emilia Romagna -, seppur con gli evidenti limiti citati: nell’esprimere la piena solidarietà ai cittadini coinvolti in ‘lesioni in conseguenza di errori’ subiti presso le strutture sanitarie modenesi, non vorremmo che da una vicenda gravissima come quella accaduta al Policlinico di Modena, i cui protagonisti sono stati sanzionati, lo stesso Policlinico si trasformasse in un mostro inefficiente. La campagna mediatica, in atto da più di un mese, risulta assolutamente denigratoria e non corrispondente alla realtà sanitaria della clinica Cardiologica e del Policlinico in toto, quasi mirata a screditare uno dei centri di eccellenza che è stato da sempre il fiore all’occhiello della sanità modenese. Tutto ciò sta creando, inevitabilmente, un ingiustificato allarmismo tra gli utenti modenesi e non, minando nelle fondamenta il rapporto fiduciario medico-paziente non solo nel reparto di Emodinamica cardiologica (che pur è un centro di assoluta visibilità in campo nazionale) da cui è nato il motivo del contendere, ma anche gli altri servizi della cardiologia (reparto, Utic, Aritmologia e ambulatori) che svolgono tutti i giorni un riconosciuto servizio di eccellenza e apprezzato». Una considerazione comprensibile, anche se non bisogna dimenticare che le ‘campagne mediatiche’ (se così si possono chiamare) rispondono esclusivamente al diritto dei lettori (cittadini, pazienti, utenti) ad essere informati. (da.fra.)

      LAVORI SUGLI ARGINI: 94 TANE CHIUSE SUL SECCHIA


        94 tane di tassi, volpi, istrici e nutrie chiuse sull’argine del Secchia nel tratto che va da Ponte Alto a Santa Caterina, frazione di Concordia. E’ questo il bilancio dei lavori post alluvione nella zona di San Matteo, alle porte di Modena. Un intervento diretto innanzitutto a eliminare quelle che, secondo la commissione scientifica della Regione, sono state le prime cause del disastro del 19 gennaio: le tane degli animali selvatici. Ed ecco cosa hanno fatto in questi giorni gli operai:

        Beirut, appello web dei ciclisti rapiti


          BeirutSette ciclisti estoni rapiti il 23 marzo scorso nella valle libanese della Bekaa chiedono in un video pubblicato su You Tube ai dirigenti libanesi, sauditi giordani e francesi di aiutarli a tornare a casa. Nel filmato, della durata di poco meno di due minuti, i sette estoni appaiono in discrete condizioni di salute. Tre di loro parlano a turno, rivolgendosi direttamente al premier libanese, ai sovrani saudita e giordano e al presidente francese: «Per favore, fate tutto il possibile per farci tornare a casa, al più presto», dice uno di loro, parlando lentamente, in inglese. Due settimane fa, il ministro degli interni libanese aveva affermato che i sette ostaggi potrebbero essere stati trasferiti in Siria, anche se aveva aggiunto che «non ci sono informazioni precise».

          Libia, colpiti i reporter occidentali: un morto


            La vittima è l’inglese Tim Hetherington. Altri tre sono feriti

            Misurata è allo stremo e torna a invocare l’invio di truppe di terra internazionali per ragioni umanitarie. Ieri nella città assediata dalle forze di Gheddafi le cannonata hanno colpito anche reporter stranieri, uno dei quali, il britannico Tim Hetherington, è morto, mentre c’è incertezza sulla sorte di un altro, un americano ferito in modo grave. Feriti anche altri due o tre, a seconda delle fonti. «Se non arrivano» truppe di terra straniere «moriremo», ha detto uno dei leader degli insorti di Misurata, Nuri Abdallah Abdullati, che attraverso il Consiglio transitorio libico di Bengasi ha lanciato la sua disperata richiesta d’aiuto, soprattutto a Francia e Gran Bretagna. «Finora non abbiamo accettato soldati stranieri nel nostro paese ma ormai, con i crimini perpetrati da Gheddafi, chiediamo sulla base di principi umanitari e islamici che qualcuno venga a far cessare la carneficina», ha affermato. Da Bengasi, è arrivato anche una sorta di imprimatur da parte del Cnt, il Consiglio nazionale di transizione. Un portavoce, Hafiz Ghoga, ha detto che se per proteggere i civili sarà necessaria la presenza di truppe di terra straniere «allora noi non avremmo nulla in contrario». Di «crimini internazionali» ha parlato anche l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, che ha condannato il presunto uso di bombe a grappolo su Misurata da parte del regime. I reporter stranieri sono stati raggiunti da un colpo di mortaio nella Tripoli Street, epicentro dei combattimenti fra governativi e insorti, secondo media statunitensi e britannici. La vittima accertata, il fotografo e documentarista britannico Tim Hetherington, 41 anni, era stato nominato all’Oscar per un suo documentario sull’Afghanistan. Hetherington, nato a Liverpool, era molto conosciuto nell’ambiente. Il film racconta un anno di vita di un plotone dell’esercito Usa in Afghanistan. I militari americani erano incaricati di difendere una collina intitolata ad un medico militare americano, Juan Restrepo, ucciso in battaglia. «I ribelli ora controllano il 50% della strada. L’altro 50% è controllato dai soldati e dai cecchini di Gheddafi», ha detto un portavoce dei ribelli che si è presentato come Reda. L’area vicina al porto, che è sotto il controllo degli insorti, per ora «è calma e le navi riescono ad attraccare», ha dichiarato ancora Reda. Tanto che ieri «è arrivata una nave turca con aiuti umanitari e due navi del Qatar hanno evacuato circa 1500 africani», ha aggiunto riferendosi ai lavoratori stranieri che da settimane cercano di fuggire da Misurata. Una delle due navi ne ha trasferiti circa 800 a Tobruk, nell’est della Cirenaica, a solo un centinaio di chilometri dal confine egiziano. Sarebbero già oltre mille i morti dall’inizio della rivolta, sulle complessive 10.000 vittime e oltre 50.000 feriti in tutto il Paese denunciati dalle fonti ospedaliere e sottolineate con forza dal Consiglio transitorio libico, mentre secondo l’Unicef sarebbero decine di migliaia i bambini intrappolati in città.

            Usa, Obama riparte dalla marea nera: «Recupererò le coste»


              Attenta, BP: nel Golfo del Messico resta ancora molto lavoro da fare e gli Stati Uniti continuano a considerarti responsabile del disastro di un anno fa. In questi termini il presidente americano Barack Obama ha ricordato ieri il primo anniversario della catastrofe ecologica nel Golfo del Messico. A un anno esatto dal giorno in cui avvenne l’incidente sulla Deepwater Horizon, Obama in una dichiarazione diffusa dalla Casa Bianca ha sottolineato che per il «più grave disastro ecologico» della storia la sua amministrazione resta ferma sulle sue posizioni: «BP, e altre parti, sono pienamente responsabili di quanto avvenuto, e la Casa Bianca starà molto attenta a che vengano onorati gli impegni presi in seguito al disastro». Erano le 21:45 del 20 aprile di un anno fa quando al largo della Louisiana esplodeva una delle tubature della piattaforma. Quell’esplosione, dovuta al mancato funzionamento di una pompa idraulica, ha causato non solo 11 morti e 17 feriti. Ha provocato anche la più inarrestabile fuga di petrolio mai vista. «Sono stati 4,9 milioni di barili di petrolio quelli finiti in mare», ha ricordato Obama, e a causa di quel petrolio l’intera industria marittima di tre Stati (Louisiana, Mississippi e Texas, senza tener conto dei danni provocati in Florida) è stata messa in ginocchio. Neppure il disastro provocato nel 1989 sulle coste dell’ Alaska dalla petroliera Exxon Valdez aveva avuto conseguenze così gravi. «La BP ne è responsabile» disse allora Obama. E a un anno di distanza ha tenuto a ribadire lo stesso messaggio. «Fin dall’inizio, la mia amministrazione si è adoperata per portare tutta l’assistenza possibile – ha precisato il presidente americano – al culmine del nostro intervento, erano 48 mila le persone impegnate per cercare di alleviare il disastro. Anche se abbiamo fatto progressi significativi il lavoro non è ancora finito». BP lo sappia, e sia consapevole che l’amministrazione Usa «tiene d’occhio» quanto si sta facendo nel Golfo. Sia per quanto riguarda i risarcimenti, sia per quanto riguarda le attività di recupero. Obama ha ricordato che a tutt’oggi sono ancora duemila le persone che continuano a lavorare sulle conseguenze lasciate dalla marea nera. «Gli eventi da cui ha avuto inizio l’incidente del 20 aprile 2010, e la fuga di petrolio che ne è seguita, mettono in luce il rapporto critico che esiste tra la salute economica e quella ambientale del Golfo – ha concluso – La mia amministrazione è intenzionata a fare tutto ciò che è necessario per proteggere e restaurare le coste del Golfo». Che BP lo sappia, e si muova di conseguenza.

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