Attenta, BP: nel Golfo del Messico resta ancora molto lavoro da fare e gli Stati Uniti continuano a considerarti responsabile del disastro di un anno fa. In questi termini il presidente americano Barack Obama ha ricordato ieri il primo anniversario della catastrofe ecologica nel Golfo del Messico. A un anno esatto dal giorno in cui avvenne l’incidente sulla Deepwater Horizon, Obama in una dichiarazione diffusa dalla Casa Bianca ha sottolineato che per il «più grave disastro ecologico» della storia la sua amministrazione resta ferma sulle sue posizioni: «BP, e altre parti, sono pienamente responsabili di quanto avvenuto, e la Casa Bianca starà molto attenta a che vengano onorati gli impegni presi in seguito al disastro». Erano le 21:45 del 20 aprile di un anno fa quando al largo della Louisiana esplodeva una delle tubature della piattaforma. Quell’esplosione, dovuta al mancato funzionamento di una pompa idraulica, ha causato non solo 11 morti e 17 feriti. Ha provocato anche la più inarrestabile fuga di petrolio mai vista. «Sono stati 4,9 milioni di barili di petrolio quelli finiti in mare», ha ricordato Obama, e a causa di quel petrolio l’intera industria marittima di tre Stati (Louisiana, Mississippi e Texas, senza tener conto dei danni provocati in Florida) è stata messa in ginocchio. Neppure il disastro provocato nel 1989 sulle coste dell’ Alaska dalla petroliera Exxon Valdez aveva avuto conseguenze così gravi. «La BP ne è responsabile» disse allora Obama. E a un anno di distanza ha tenuto a ribadire lo stesso messaggio. «Fin dall’inizio, la mia amministrazione si è adoperata per portare tutta l’assistenza possibile – ha precisato il presidente americano – al culmine del nostro intervento, erano 48 mila le persone impegnate per cercare di alleviare il disastro. Anche se abbiamo fatto progressi significativi il lavoro non è ancora finito». BP lo sappia, e sia consapevole che l’amministrazione Usa «tiene d’occhio» quanto si sta facendo nel Golfo. Sia per quanto riguarda i risarcimenti, sia per quanto riguarda le attività di recupero. Obama ha ricordato che a tutt’oggi sono ancora duemila le persone che continuano a lavorare sulle conseguenze lasciate dalla marea nera. «Gli eventi da cui ha avuto inizio l’incidente del 20 aprile 2010, e la fuga di petrolio che ne è seguita, mettono in luce il rapporto critico che esiste tra la salute economica e quella ambientale del Golfo – ha concluso – La mia amministrazione è intenzionata a fare tutto ciò che è necessario per proteggere e restaurare le coste del Golfo». Che BP lo sappia, e si muova di conseguenza.