In questi mesi si sono viste forme di Covid più aggressive di altre. La domanda che gli studiosi modenesi si sono fatti è quindi stata: è possibile identificare quali possono essere i pazienti maggiormente a rischio di sviluppare la forma più severa di complicanze da COVID19? I ricercatori della Patologia Clinica di UNIMORE, guidata dal prof. Aldo Tomasi, hanno studiato le potenzialità dell’Omocisteina, un amminoacido che si forma nel sangue, quale marcatore predittivo di malattia Covid severa. Due gli studi condotti su questo tema da parte del prof. Giovanni Ponti e la dottoressa Monia Maccaferri in collaborazione con il dottor Tommaso Trenti e la dottoressa Laura Roli. Due ricerche che hanno portato a risultati importanti, tanto da meritare la pubblicazione su riviste scientifiche internazionali come Critical Reviews in Clinical Laboratory Sciences e Medical Hypothesis. Al centro degli studi c’è appunto l’Omocisteina, un amminoacido solforato presente in piccole quantità nel circolo ematico, la cui elevata concentrazione è già nota come fattore di rischio cardiovascolare. Dato che il Covid ha tra le complicanze più severe proprio quelle cardiovascolari, l’idea è di usare l’omocisteina come marcatore per rilevare in anticipo questo tipo di aggravamento. Idealmente, si potrebbe misurare la presenza di questo amminoacido non appena insorge il sospetto dell’infezione, ancora prima del tampone. Lo studio è stato effettuato su 100 sieri raccolti presso il Laboratorio dell’Ospedale di Baggiovara, che dovranno essere confermati da una indagine estesa a un campione più rappresentativo di pazienti. Se i risultati saranno confermati, i medici modenesi potranno costruire una mappa del rischio di complicanze con un marcatore facilmente identificabile.