Nonostante la sentenza abbia confermato pene maggiori di quelle richieste dal PM, c’è delusione tra i parenti della vittima. Mentre la difesa dell’esecutore materiale annuncia il ricorso in appello
Una sentenza quella arrivata oggi sull’omicidio di Mirella Ansaloni, frutto di più effetti. Quelli dovuto alla scelta del rito abbreviato, uniti alle aggravanti per l’omicidio consumato in maniera brutale e seguito dal mancato pentimento successivo all’atto, e alle attenuanti generiche concesse legate al fatto che, come conferma l’avvocato del principale imputato, non c’era l’intenzione di uccidere. Il computo finale del giudice ha così fornito la condanna di 16 anni e sei mesi per l’autore materiale dell’omicidio e di 11 anni e 8 mesi per il complice. Pena maggiore di quella richiesta dal PM ma mai abbastanza per i parenti della vittima. Per i difensori dei due imputati c’è stato un corretto riconoscimento degli elementi già chiari nel corso delle indagini e che hanno portato i legali a chiedere il rito abbreviato. Deluso ma non sorpreso il legale della vittima. Delusione condivisa da Simone Benatti, nipote della vittima costituitosi parte civile nel processo che nei giorni scorsi, alle richieste del PM, aveva reagito con indignazione. Che ha lasciato spazio alla rassegnazione alla lettura della sentenza che conferma pena più alte ma non certo capaci di lenire il dolore e di parlare di perdono.
Nel video le interviste a:
– Enrico Fontana, legale Hamza Driouch
– Elena Govoni, cognata della vittima
– Francesco Quadruccio, legale Ayoub Lamsi
– Valter Biscotti, legale della vittima
– Simone Benatti, nipote della vittima






































