All’Auditorium Biagi, nel penultimo appuntamento della rassegna “Impara l’arte”, sono state protagoniste le opere di Christian Boltanski

Una partita a scacchi con il tempo, persa in partenza. Questa la frase che riassume la ricerca dell’artista francese. Christian Boltanski si chiede perché non si possono fermare i minuti che passano. Cerca con sforzo attraverso l’arte di imporre uno stop al tempo, attraverso il ricordo, consapevole però di fallire tutte le volte. Grazie alla via tracciata dal critico Danilo Eccher si può comprendere meglio la vita di Boltanski, segnato dall’Olocausto, perché figlio di un medico ebreo che sfuggì alla deportazione rimanendo per anni nascosto sotto il pavimento di casa. L’artista costruisce grandi installazioni come archivi della memoria, dove oggetti personali perduti e dimenticati ricompaiono come reliquie, in attesa che lo spettatore li carichi di un senso personale ulteriore. Secondo Eccher si tratta di un’opera che da il senso all’ultimo passaggio, della fine di un tempo, è il tormento di un ricordo senza pace, è la domanda insoluta sul senso della nostra presenza. Di Christian Boltanski si trova a Bologna l’emozionante installazione permanente del Museo per la Memoria di Ustica con i resti del Dc9 abbattuto il 27 giugno 1980 mentre si dirigeva verso l’aeroporto di Palermo. La rassegna “Impara l’arte”, dedicata al lavoro di alcuni artisti contemporanei, terminerà venerdì 12 febbraio con la conversazione aperta a tutti di Gianfranco Maraniello intitolata “Nell’atelier di Giuseppe Penone” sempre alle 18 alla Fondazione Biagi.