La banda spadroneggiava da anni nella zona di Sassuolo, e non solo. Dagli inquirenti un appello alle vittime di estorsioni e usura a farsi avanti

Una pizzeria concorrente obbligata a chiudere a forza di intimidazioni, un artigiano strozzato dai tassi usurari applicati ad un prestito ricevuto e costretto per questo a emigrare all’estero, una polizza sulla vita incassata al posto della legittima beneficiaria. Sono solo alcune delle condotte delittuose che vengono contestate dagli inquirenti alla banda di Ambrisi. Il clan si avvaleva della forza intimatrice dovuta alla notorietà del suo capo e si approfittava delle condizioni ambientali createsi nel Distretto ceramico a causa della crisi. Non solo: l’organizzazione poteva contare anche sull’appoggio di carabinieri amici.
Gli inquirenti hanno accertato episodi di estorsione e usura ma sotto la loro lente sono finiti anche diversi incendi sospetti avvenuti nella zona di Sassuolo negli ultimi anni. I pm Niccoli e Natalini – coordinano le indagini – hanno esaminato anche i fascicoli riguardanti casi di omicidio, non trovando però in questi casi elementi sufficienti per trarne un legame con il clan Ambrisi.