Antonio Brambilla, Direttore generale dell’Azienda Usl

Un anno fa il Covid arrivava nella nostra provincia. Il caso uno si registrò a Carpi. La refertazione ufficiale arrivò il 24 febbraio, a pochi giorni di distanza dall’individuazione del primo positivo italiano a Codogno. Socio di un’azienda della città dei Pio, l’uomo prese il virus dopo aver lavorato proprio nel lodigiano. Il Coronavirus entrava così nella vita dei modenesi, con tutti i dubbi e le paure che una pandemia mai vista e una malattia sconosciuta portavano con sé. Dodici mesi parsi interminabili ci separano da quel giorno, ricordato oggi dal direttore generale dell’Azienda Usl, Antonio Brambilla, da allora in prima fila per la gestione dell’emergenza nei nostri territori. Da allora i modenesi sono entrati in contatto con termini come “lockdown”; abbiamo vissuto sulla nostra pelle le limitazioni della pandemia: chiusure delle attività, divieto quasi assoluto di uscire di casa; si sono moltiplicate le informazioni su cosa il Covid provocasse realmente: la saturazione dei reparti di terapia intensiva, pazienti intubati, infermieri addormentati sui tavoli per la stanchezza. La sanità si è dovuta riorganizzare in tempi di record, sottraendo alle attività meno urgenti spazi e personale. E con l’aumentare del contagio, aumentavano le vittime; tantissime le famiglie che ancora oggi piangono un caro scomparso a causa del Covid, compreso il direttore generale dell’Ausl. Dopo il lockdown, l’estate ha portato con sé una parvenza di normalità, sfumata però con l’arrivo della seconda ondata, in autunno, che ha colpito Modena fino a 5-6 volte di più rispetto alla prima, dichiara l’Ausl, anche se il sistema ha retto. Ora, tra la stanchezza di continue chiusure e riaperture, la speranza di uscire dall’incubo è legata ai vaccini e al loro arrivo tempestivo.