La soglia dei 1000 parti all’anno fissata nel 2010 dalla conferenza Stato-Regioni ridurrà le strutture in cui sarà possibile partorire in provincia di Modena. Presto anche quello di Mirandola sarà destinato a sparire

Si chiude in queste ore, con gli ultimi 4 parti programmati, l’esperienza del punto nascite dell’ospedale di Pavullo. La scure della commissione ministeriale che ha bocciato la proposta di deroga all’apertura delle strutture con volumi inferiori ai 500 parti all’anno, richiesta a gran voce dai comitati di mamme e cittadini e che pur con scarse o nulle possibilità di riuscita trasmessa al ministero dalla Regione Emilia Romagna, si è abbattuta su Pavullo e ha salvato Mirandola. Ma solo perché al comune della bassa è stato riconosciuto che il calo della nascite soprattutto nel 2012 e nel 2013 è provocato dagli effetti del sisma che ha obbligato al trasferimento dei parti in altre sedi. Ma, pur non conoscendone ancora i tempi, anche per il punto nascite di Mirandola il destino è segnato. L’Accordo della Conferenza Unificata Stato Regioni del dicembre 2010 parla chiaro e ‘raccomanda di adottare stringenti criteri per la riorganizzazione della rete assistenziale, fissando a 1000 il parametro standard minimo a cui tendere per il mantenimento.  Ciò significa che in provincia di Modena rimarranno solo il punto di nascita, considerato HUB a livello provinciale, di Modena oltre ai punti nascita di Sassuolo e di Carpi, che già nel 2016 aveva registrato più di 1200 parti, e dove verranno dirottata principalmente l’utenza dell’area nord, e di Sassuolo, dove da oggi saranno principalmente dirottate le donne del distretto montano che potranno usufruire dell’ospedale di Pavullo non più per dare alla luce i propri figli ma per l’assistenza nelle fasi pre e post parto.