Avevano fatto scalpore gli studenti che alla scorsa maturità si erano rifiutati di effettuare la prova orale. Una scelta che in futuro potrà costare caro: con l’ultimo decreto-legge sulla riforma dell’esame di maturità che ha avuto l’ok dal Consiglio dei ministri, chi farà scena muta sarà bocciato. Il ministro Valditara ha presentato il testo con l’obiettivo dichiarato di restituire alla prova il suo valore di rito di passaggio e di momento identitario del percorso scolastico. Le novità partono dal nome: si tornerà alla dicitura “esame di maturità” e non più “esame di Stato”. Operativamente, le prove scritte resteranno due, di cui la prima di italiano, con le tipologie attualmente in uso. La seconda prova sarà sempre legata all’indirizzo di studio, ma verrà arricchita da quesiti pensati per stimolare logica e problem solving, con l’obiettivo di rendere l’esame più vicino alle competenze richieste nel mondo post-diploma. Il colloquio orale verterà su quattro materie, individuate ogni anno entro gennaio. La possibilità di evitarlo, come detto, sarà cancellata. Per chi avrà ottenuto un 6 in condotta, sarà obbligatoria la presentazione di un elaborato sulla cittadinanza. Cambiano anche le commissioni d’esame, che passano da sette a cinque membri: due interni, due esterni e un presidente. La riforma entrerà ufficialmente in vigore nell’estate 2026. Per la prima volta, la prima prova non si svolgerà di mercoledì, ma giovedì 18 giugno, seguita dalla seconda prova il giorno dopo.






































