Gli americani non hanno quasi percepito la differenza, le cantine italiane sì. I dazi sul settore del vino hanno colpito duramente i produttori, che per non perdere un mercato di sbocco importante si sono addossati i costi dei rincari dovuti alle tariffe volute da Trump. Il risultato è che sugli scaffali statunitensi i vini italiani, tra i quali il nostro Lambrusco, sono risultati più cari, da inizio anno, appena dell’1%. A monte di questo aumento contenuto, c’è lo sforzo dei produttori di assorbire i dazi. A fare i conti è l’Unione Italiana vini, che segnala come i vignaioli abbiano dovuto ridurre i prezzi delle proprie bottiglie di un quarto pur di poterle vendere. La perdita in termini di introiti si stima sui 61 milioni di euro. E tutto questo a luglio, quando i dazi erano ancora al 10%. L’aumento al 15 si prospetta così un peso difficile da sopportare per i produttori. L’Emilia-Romagna ha calcolato perdite da oltre 2 milioni e mezzo di euro per le nostre cantine. Le cattive notizie non finiscono qui: i dazi vanno infatti a impattare in un mercato che, seppur resti tra i più importanti, sta perdendo terreno: l’export di vini negli Stati Uniti a luglio è calato del 26%. L’Unione Italiana vini stima che il 76% delle vendite di vino negli States sia a rischio, perché provenienti da cantine che esportano sul mercato americano il 20% o più della loro produzione.