Borsa Italiana sceglie lazienda per il progetto Elite: un percorso di crescita che può portare alla quotazione
Light Force guarda a Piazza Affari
Ora la maggioranza è del fondo Carlyle E si pensa a negozi in Estremo Oriente
«Lazienda è già da alcuni anni partecipata da un fondo di private equity e ci è sembrata pronta per questo step intermedio. Per noi rappresenta un test per quella che potrebbe essere nel medio termine la quotazione in Borsa». Si esprime così, a proposito del progetto Elite, Tiziano Sgarbi, fondatore di Light Force assieme a Simona Barbieri. La dichiarazione è riportata sul sito di Borsa Italiana, nella stessa pagina in cui, in un video, parla la direttrice marketing Tiziana Mora. Che conferma: «Elite ci sembra unottima opportunità e un buon trampolino di lancio per valutare se in futuro Light Force potrà diventare unazienda quotata». Tali dichiarazioni potrebbero però risalire allo scorso anno, quando appunto limpresa carpigiana entrò nel progetto. Nel frattempo, Sgarbi e Barbieri hanno ceduto la maggioranza al fondo di investimento Carlyle; mentre quello citato dal manager, Dgpa Capital, è uscito dal capitale azionario. Nella stessa dichiarazione, non a caso, Sgarbi spiega che la partecipazione a Elite «non preclude, ma anzi avvalora e fortifica, qualunque altro futuro percorso». Di sicuro, restano validi gli obiettivi industriali di Light Force enunciati dalla dottoressa Mora. Ovvero: «Lo sviluppo del retail, lacquisizione di nuovi rami di azienda e linternazionalizzazione». Del resto, «la spinta verso linternazionalizzazione è nel dna di Light Force, le nostre collezioni sono già di per sé un prodotto che possiamo offrire sui mercati esteri. Attualmente oltre i confini nazionali registriamo il 40% del fatturato, nei prossimi tre anni contiamo di arrivare al 60%». Con un occhio di riguardo, certo, al mercato europeo, ma la «vera sfida sarà quella di andare verso il Far East».
Effetto crisi sui consumi: «Bruciati 100 mld in sei anni»
Fisco pesante e sprechi: Confesercenti lancia lallarme
Pure le coop stanno per sparire E il punto di rottura?
Edilizia, viaggio nel dramma: dal 2007 persi 7mila addetti
E come un tabù che cade. E ufficiale: le grandi coop rosse edili emiliane vengono divorate dalla crisi. Ormai è impossibile parlare di casi isolati, perché alcuni dei maggiori protagonisti di questo sistema, un tempo grondante di salute, sono ai ferri corti. Nel reggiano fanno parte di questa lista colossi come Coopsette e Unieco: entrambe hanno richiesto il concordato preventivo a termine per mettere al riparo il loro percorso di risanamento da eventuali azioni di creditori che avrebbero potuto comprometterlo. Per chi non lo sapesse, listituto giuridico in questione consente allimpresa in crisi di ridurre lesposizione finanziaria tramite un accordo coi fornitori, e dietro il consenso del Tribunale. Ma è nel modenese che il modello produttivo cooperativo registra in queste ore la caduta pesante di un nome storico nel settore delle costruzioni: la Coop Icea di Castelfranco Emilia. Lanno scorso lazienda aveva iniziato un processo di ristrutturazione anche attraverso la rinegoziazione del debito con le banche che però era stato respinto. Ugualmente a inizio 2013 la coop ha tentato di avviare un concordato preventivo per evitare la chiusura e il licenziamento dei suoi 70 lavoratori (attualmente in cassa integrazione in deroga). Ebbene, proprio questa trattativa con i creditori sembra essersi arenata, costringendo Coop Icea a valutare la procedura fallimentare. Troppi i debiti (si parla di oltre 50 milioni di euro) che annullano ogni possibile via duscita. «Ho avuto una breve telefonata con il presidente Marco Marinelli che ha ammesso limpossibilità di terminare il concordato preventivo», conferma il segretario Fillea-Cgil di Modena, Sauro Serri. Ieri alcuni dipendenti della realtà di Castelfranco hanno iniziato ad organizzare i primi presidi fuori dalla sede in via Mascagni: a giorni i sindacati sperano in un incontro per studiare con i vertici forme di tutela per soci, lavoratori e clienti. Salvo colpi di scena, la storica coop emiliana edile lascia incompiuti decine di cantieri in giro per tutta la provincia (nella foto una palazzina in via del Maniscalco a Castelfranco Emilia), soprattutto nei comuni dellUnione Terre di Castelli. Il caso Coop Icea diventa così un esempio emblematico di un settore ormai fermo al palo dal 2007, stritolato da un mercato immobiliare in profondo rosso, il ritardo ormai cronico nei pagamenti dei lavori pubblici e la stretta creditizia. Ma la vera novità nel naufragio di alcune coop simbolo del modello emiliano sembra essere lerrore di avere affrontato la crisi con una logica caso per caso, come se ogni singola realtà fosse slegata dalle altre. Episodi dove soprattutto le ditte private hanno dovuto scontrarsi, spesso uscendone sconfitte, con lo spettro del fallimento. Ora si scopre, invece, che la mannaia della crisi ha messo in bilico pure un sistema cooperativo che sembrava avere retto alla forza durto della congiuntura economica negativa. A proposito non va dimenticato che sempre nel modenese colossi come Cmb (Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi) e Cdc (Cooperativa di Costruzioni) ricorrono da due anni a cassa integrazione e contratti di solidarietà. La caduta dei giganti innesca così scenari ancora più drammatici per un comparto delle costruzioni che non accenna a riprendersi. Siamo davvero al punto di non ritorno? «E urgente che a livello nazionale venga dichiarato uno stato di crisi del settore e vengano prorogati gli ammortizzatori sociali», sostiene ancora Serri. Dal 2007 a oggi nella nostra provincia sono scomparsi più di 7mila posti di lavoro nelledilizia (500mila a livello nazionale) e questanno alcune aziende locali, come sottolinea il segretario della Fillea, «termineranno gli ammortizzatori sociali». Tradotto: nel 2013 i fallimenti di realtà piccole e grandi potrebbero raggiungere un picco mai visto. Uno scenario da incubo rafforzato ieri dalle parole del ministro Fornero che ha ammesso come «forse non basterà un miliardo di euro per garantire la copertura della cig a livello nazionale». E se a trascinare in rosso le casse delle aziende sono principalmente la crisi generalizzata, limmobilismo del mercato e il blocco nei pagamenti della Pa, a detta di Serri è imprenscindibile re-immaginare tutto il sistema delle costruzioni, compreso quello cooperativo: «Le nostre aziende sono preparatissime sul costruire il nuovo, ma serve specializzarsi nei lavori di riqualifica e ristrutturazione. Ormai è impensabile immaginare il settore soltanto sul consumo di nuovo terreno». La debacle delle coop emiliane è stata anticipata da tempo dalla caduta di alcuni big privati: in ordine cronologico lultimo fallimento eccellente è stato quello della Reggiani Costruzioni lo scorso gennaio. nVincenzo Malara
Settimana decisiva per Serra Viva che si ritrova stasera nel capoluogo
Continua anche il lavoro per la costruzione della lista di Serra Viva, in una settimana che si preannuncia decisiva. E stasera il gruppo si ritrova alle 20.30 presso la Sala Benazzi. «Il lavoro fatto finora – osserva – è stato molto importante sia per la composizione della lista che per gli argomenti trattati, che hanno attirato lattenzione dei cittadini e generato dibattiti molto interessanti. Nelle nostre riunioni si parla di aspetti concreti e non di questioni generiche o dinamiche interne alla lista come fanno altri, infatti più o meno tutti i cittadini ci chiedono quale potrà essere il futuro del nostro martoriato paese. Serra Viva è presente qui dal 2002 e sin da allora ha proposto programmi e compagini che avrebbero sicuramente potuto gestire il paese nel segno dello sviluppo e non in quello della depressione generale come invece è avvenuto. Per questo chiediamo alla nostra gente di riflettere bene e sostenerci nel costruire una lista forte, di candidati motivati che possano affrontare il duro compito con convinzione e senza paure. Non è più lora di esitare – conclude il gruppo – sostenere i soliti, seppure camuffati sotto nomi differenti e come al solito dichiarazioni altisonanti, potrebbe rappresentare il colpo definitivo alleconomia del paese».
Cambia Serra esce con il suo simbolo
Continua la fase dascolto
Programma elettorale ancora in itinere invece per il gruppo di Cambia Serra, che continua la sua fase di confronto con i cittadini: dopo lincontro di ieri sera alla saletta Benazzi, altro appuntamento a ruota, sempre lì, domani sera, per «affrontare e sviscerare insieme i problemi del territorio, proponendo possibili soluzioni» e redigendo il documento programmatico. I nomi dei candidati che emergeranno da questo cammino, come detto nei giorni scorsi, saranno resi noti il 26 aprile, primo giorno utile per lufficializzazione delle liste. Il percorso ha dunque portato il gruppo a un weekend tutto in piazza, dove sia sabato che domenica ha presentato il suo simbolo, un pennello che su sfondo azzurro traccia un Tricolore, con evidente riferimento al bisogno di ridipingere e quindi di rinnovare lo scenario politico serramazzonese nellambito di un progetto di ispirazione di centrodestra ma, come hanno sottolineato più volte i componenti, «aperto a tutti». Modus operandi che ha portato anche domenica a una pacificissima convivenza in piazza con i 5 Stelle a pochi metri di distanza, come pure a scambi amichevoli con altri esponenti elettorali di parte avversa di passaggio, che è sicuramente un bel segnale civico in un paese in cui, qualunque sia lesito delle elezioni, ci sarà bisogno di collaborazione fattiva tra tutti coloro che vogliono davvero il rinnovamento. Fra gli esponenti del gruppo in prima linea cerano, come laltra sera alla Polivalente, lex consigliere Eugenio Orlandi e Michele Andreano di Serra Protagonista, a conferma dellapporto del gruppo giovane. Cerano anche diversi esponenti di Serra Vittoriosa ma non lex candidato Giorgio Zanoli, ribadendo quanto aveva detto nei giorni scorsi. E non cera lex sindaco Claudio Bartolacelli, né il geometra Gualtiero Borelli, nominato inizialmente portavoce del gruppo, a ulteriore prova di rottura. Il gruppo di Cambia Serra però sembra convintissimo della strada intrapresa che lha portato alla sottoscrizione di un documento di impegni come lo Statuto, che prevede tra laltro la presenza di un Comitato esecutivo che affiancherà gli eletti nel corso della legislatura, a garanzia di controllo dal basso. «Serve un profondo rinnovamento nel modo di fare politica a Serra – dice il gruppo – noi sappiamo di aver scelto la strada più difficile per raggiungerlo, ma siamo certi che pagherà».
Elezioni, si entra nellagone
Domenica di banchetti in piazza della Repubblica I 5 Stelle, dopo i candidati, lanciano la carta etica
SERRAMAZZONI – Piena domenica elettorale a Serra, con piazza della Repubblica che ha visto la presenza a pochi metri di distanza di due competitor come il Movimento 5 Stelle e il gruppo di Cambia Serra (vedi a lato), che ha presentato il suo simbolo in attesa della lista. Lista invece già pronta per i 5 Stelle, per la prima volta in piazza in veste di candidati, a partire da Francesca Marzani, lanciata a sindaco. E ovviamente a darle man forte cera anche il marito Enrico Bussei dopo le dimissioni, venerdì sera, dalla presidenza del Comitato San Dalmazio. Il Movimento, che domani avvia allAnagrafe la sua raccolta firme per la sottoscrizione della lista, ha continuato a giocare danticipo presentando nelloccasione già le linee guida del suo programma, o meglio quella che viene definita carta etica per rilanciare un territorio «che mostra oggi gli effetti di un sisma lento, durato 20 anni, ma altrettanto devastante». La nuova amministrazione per prima cosa, secondo i 5 Stelle, «dovrà combattere contro la profonda sfiducia, delusione e rassegnazione dei suoi cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, dei suoi apparati e del suo operare»; quindi «farsi carico di far funzionare con maggiore coesione ed efficienza gli uffici comunali» e «combattere contro lindividualismo diffuso della gente, concepito e costruito da anni di scelte politiche, sociali e urbanistiche volte alla cancellazione dei luoghi dincontro e di dialogo». Posto importante anche per la caldissima questione urbanistica, con lesigenza in primis di «curare le ferite di un territorio martoriato e maltrattato per decenni ed esaltarne la bellezza», quindi di «dotarsi di uno strumento urbanistico moderno (il famoso Psc per un paese ancora appeso al vecchio Prg modificato a suon di varianti, ndr) che contenga le basi di un nuovo progetto di paese da costruire insieme ai suoi cittadini», ma anche il bisogno di «trovare soluzioni positive per dare un senso alle tante abitazioni costruite e inutilizzate», per poi «provare a correggere, completare e riqualificare le grandi costose opere ricevute in recente eredità e non finite». Accenno ai costi che porta apertamente allurgenza di «affrontare e risolvere una situazione finanziaria pubblica drammatica e di enorme indebitamento, consapevoli delle casse vuote del Comune, delle scarse risorse interne e della forte limitazione di finanziamenti dallesterno». Si parla quindi anche di attenzione alle piccole cose, recuperando «dieci anni di incuria e di degrado del patrimonio pubblico per manutenzioni non eseguite» e di volontà di «combattere labitudine allo spreco e offrire il senso del giusto necessario». Spazio chiaramente anche al fronte giudiziario, fatto di tanti procedimenti cui il Comune è chiamato a costituirsi parte civile, assicurando limpegno a «presentarsi in Tribunale e affrontare processi delicati avendo ben chiaro da che parte schierarsi». Un quadro chiaro insomma sulle priorità per un territorio ferito ma che ha ancora risorse, soprattutto umane, da giocarsi. Vedremo i prossimi passi. (da. mo.)
Cè chi va allattacco del manuale Cencelli modenese
Fabio Rossi: «Non si propongano più cattolici o comunisti, ex di qui o ex di qua»
Cera una volta il manuale Cencelli – metodologia teorica e applicata sulla suddivisione/spartizione delle poltrone e delle cariche – e cè ancora. Anche nei dintorni del partito democratico – in teoria doveva rottamare le identità del passato e della tradizione per una nuova sintesi – dove in questi giorni si discute anche sulla cultura politica del candidato democratico per la Presidenza della Repubblica. Vogliamo un cattolico si sente spesso dire allinterno di una parte del partitone – il riferimento in particolare è al possibile candidato Franco Marini – ma ieri Matteo Renzi in un intervento sul quotidiano La Repubblica ha rottamato il Cencelli applicato allelezione per il Colle. Larticolo ha entusiasmato i renziani modenesi – vedere per esempio il post su Facebook della segretaria dei giovani cittadini Federica Di Padova – che vogliono far ricadere la teoria renziana sotto la Ghirlandina. Leggiamo la riflessione del consigliere comunale Fabio Rossi «Spero che dopo questo bellarticolo di Renzi, anche qui da noi non si propongano per la segreteria del partito candidature cattoliche, comuniste, ex qui o ex là… che la lezione del 25 febbraio ci serva a qualcosa almeno in questo…». E la versione modenese del celebre manuale è ben presente se si scatta una foto ai vertici delle istituzioni e dei partiti. In provincia siede un cattolicio – Emilio Sabattini che è approdato con i renziani – mentre in Comune un Ds con il sindaco Giorgio Pighi. Per le segreterie – almeno fino alle recenti dimissioni dei due segretari – quella provinciale (che conta di più) era in mano ai diesse con Davide Baruffi e quella cittadina guidata dal cattolico Giuseppe Boschini. Chiara rappresentazione di un partito che non è un nuovo soggetto politico, ma solo una somma tra identità diverse (diessini e margheritini). Il dilemma di questi giorni e settimane e se da questa convivenza (finora forzosa) si andrà allaltare pe ril matrimonio o si arriverà al divorzio. Senza escludere la terza via: restare uniti ma fondamentaltemte divisi. Lopzione divorzio quindi scissione non è pura fantapolitica visto che i maggiori esponenti nazionali del partito si insultano tranquillamente – ieri Anna Finocchiaro ha dato del miserabile a Matteo Renzi – e seppur negando intenti scissionistitici il modenese Matteo Richetti ha parlato di maggiore forza elettorale della Lista Renzi rispetto al Pd considerato al capolinea. Senza dimenticare che nei giorni scorsi a Bologna si è tenuta la riunione di chi sogna un partito di sinistra, socialista (europeo) o socialdemocratico. Eppure in città un candidato alla segreteria cittadina, Massimo Parenti, di dna diessino è sostenuto dai renziani e dalla sinistra del partito. E grande la confusione sotto il cielo del Pd. (gbn)
Il segretario? Roba degli iscritti La tesa direzione sul congresso
Nuova data: il 9 giugno, ma cè chi propone pure ottobre
Un minimo comune denominatore. Il Pd modenese, come quello nazionale, deve ripartire dai fondamentali cioè dai punti base che regolano la vita di partito. Ieri la prova del nove andata avanti fino a tardi nella direzione provinciale, iniziata alle 20,30, dove si sono rispecchiate due idee molto diverse di partito: quello degli iscritti e quello più ampio di chi lo vota e lo sostiene seppure in forma liquida e non da militante. Le ultime novità sulla direzione con tema le regole del congresso- il più battagliato dal 48 in poi – riguardano la data. Paolo Negro il segretario vicario, che ha aperto la direzione, ha proposto il 9 giugno quindi quasi un mese dopo la data di cui si parlava fino a ieri: il 12 maggio. Ma il cuore della riunione di ieri era la base elettorale. La proposta fatta dalla segreteria non era chiaramente il frutto di un compromesso: a votare solo gli iscritti o chi si vuole iscrivere entro la data del congresso. Nella proposta mancava lapertura del voto a chi non ne vuole sentire di prendere la tessera. Niente formula primarie nè in forma estesa – aperta a tutti – nè in forma ristretta e quindi riservata a chi ha partecipato alle elezioni per il candidato alla presidenza del consiglio. Questultima una proposta non solo renziana- presentata infatti dai saggi ed ex-senatori Giuliano Barbolini e Giovanni Manzini – ma che si è scontrata nel muro di diversi big della segreteria come Davide Baruffi, Mariangela Bastico, Paolo Trande ed altri. Non sono quindi bastate le aperture dei cattolici. Al massimo si è concesso di coinvolgere – chiedendo la loro iscrizione – i partecipanti alle primarie. Poi il voto on-line con una piattaforma dedicata, la possibilità di iscriversi last-minute (il giorno stesso del congresso. Ma senza tessera niente voto. Questa la frontiera invalicabile che spacca il partitone. Un confine – un Muro di Berlino – molto difficile da superare. Alla fine però è questa la linea che dovrebbe essere passata ieri sera – abbiamo chiuso il giornale prima della votazione dellassemblea – con tanti e forti mal di pancia. Quelli dei renziani, ma non solo. Unimpasse che qualcuno vuole superare con le urne modenesi unite al congresso nazionale: avanti quindi con i traghettatori. Resta però il nodo di fondo: un partito senza bussola. (gbn)