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Pdl, verso la nascita di nuovi gruppi


    Ieri sera l’incontro tra Alfano e il Cavaliere

    Acque agitate in casa azzurra. Dopo l’infuocata giornata, durante la quale il Pdl si è diviso sul voto di fiducia, ieri sera Silvio Berlusconi e Angelino Alfano sono tornati a incontrarsi. Proprio in attesa di questo colloquio resterebbe in stand by la nascita di nuovi gruppi, annunciata in giornata. Il segretario, dopo il pressing sul Cavaliere affinché decidesse di mantenere il sostegno al governo, in effetti sembra aver congelato l’ipotesi di scissione: di certo da oltre 24 ore tace in pubblico sulla vicenda o su una sua eventuale adesione. Ma, allo stesso tempo, ieri pomeriggio ha evitato di partecipare alla riunione del gruppo alla Camera. A questo punto, viene spiegato, sarebbe pronto ad andare all’incasso, anche nell’ottica degli equilibri interni al partito. Alfano dovrebbe chiedere a Berlusconi una sorta di patto basato su una serie di garanzie: non solo il prosieguo del sostegno al governo, ma anche l’impegno sull’approvazione di una serie di provvedimenti economici e un ruolo di primo piano nella rinata Forza Italia, che porti a depotenziare i cosiddetti falchi. Tra annunci e smentite, a prendere l’iniziativa ieri alla Camera è stato Fabrizio Cicchitto. A Montecitorio viene annunciato un gruppo formato inizialmente da 12 deputati, che poi saliranno, si dice, a 26. Primo firmatario, proprio l’ex capogruppo Pdl alla Camera. Nell’elenco dei nomi spiccano quelli di Alfano e dei ministri Lupi, Lorenzin e De Girolamo. Anche se quest’ultima smentisce: «Sono e resto nel gruppo parlamentare Pdl». Più tardi è Cicchitto a chiarire: «Lorenzin per ora è l’unico ministro del nuovo gruppo». Intanto da Palazzo Madama Roberto Formigoni annuncia: «Il nuovo gruppo nascerà stasera anche al Senato» e sarà composto «da 25 senatori, ma il numero è destinato a salire», assicura. «I destini sono separati. Fine»: così Maria Stella Gelmini commenta la risoluzione in favore della fiducia al governo firmata da 23 senatori Pdl. E se da una parte Maurizio Sacconi, tra i firmatari del documento, dice di augurarsi che non nasca, il ministro delle Riforma Gaetano Quagliariello si spinge a sostenere che ormai nel Pdl «ci sono due classi dirigenti incompatibili».

    VERDETTO FINALE


      Esecutivo ancora in piedi

      Fiducia, il governo Letta si salva Berlusconi ha deciso di votare sì


        «Scelta travagliata, ma il Paese ha bisogno di riforme»

        «Abbiamo ascoltato il presidente del Consiglio, il suo impegno sul contenimento della pressione fiscale, la riduzione delle imposte sul lavoro, il suo impegno circa il richiamo della Corte Europea per la responsabilità civile dei giudici. E dunque mettendo insieme tutte queste aspettative, il fatto che l’Italia ha bisogno di un governo che faccia le riforme strutturali, abbiamo deciso, non senza interno travaglio, di esprimere un voto di fiducia». Con queste parole Silvio Berlusconi ieri ha espresso la sofferta decisione, alla quale si è giunti dopo una lunghissima giornata e nella sorpresa generale, di dare il suo sostegno al governo Letta. «Grande», si legge nello stesso istante sulle labbra del premier, sorridente e incredulo, che incassa così una fiducia più ampia del previsto: 235 voti a favore e 70 contrari. I senatori presenti erano 307, i votanti 305, 2 non hanno partecipato al voto. Nessuno si è astenuto. Berlusconi – che ieri aveva ribadito l’intenzione di non votare la fiducia – è arrivato in aula 20 minuti dopo l’inizio del discorso del presidente del Consiglio: «Ascoltiamo Letta e poi decidiamo», sono state le sue prime parole. Un’apparente apertura ribadita alla riunione con i senatori: «Sarà il gruppo in maniera compatta a decidere cosa fare». Così, dopo aver ascoltato il premier chiedere la fiducia per il bene del Paese, Berlusconi ha riunito il gruppo dei senatori pidiellini per scegliere come votare in Aula: «Prendiamo una decisione comune per non deludere il nostro popolo». Alla riunione hanno partecipato anche i vertici del partito a Montecitorio, il capogruppo Renato Brunetta, il vice Maria Stella Gelmini e la portavoce del gruppo Mara Carfagna. La decisione viene messa ai voti. E la sfiducia passa all’unanimità, arrivando a un passo dalla spaccatura, che si conclude con la presa di parola del Cavaliere. «Votiamo sì alla fiducia al governo a testa alta nella speranza che ci possa essere un nuovo inizio», ha detto Renato Brunetta in un intervento in Aula alla Camera a nome del Pdl durante il quale non ha risparmiato critiche ad Enrico Letta. «Abbiamo ancora speranza, al di là dei silenzi e dei distinguo e nonostante le provocazioni in Aula, continueremo a darle la fiducia perchè abbiamo un dovere nei confronti dei nostri elettori – ha detto Brunetta -, può esserci un nuovo inizio? Noi crediamo sia dovere di tutti noi, perciò a testa alta votiamo sì tutti insieme la fiducia al nostro governo, per realizzare il suo programma e il nostro programma, rispetteremo il contratto con gli italiani».

        «Non avere paura ad arrivare a una piena verità su eventi ancora coperti da omertà»


          Così il vescovo a pochi giorni dalla beatificazione di Rivi

          La sua storia


            Rolando Rivi nasce il 7 gennaio 1931, figlio di contadini cristiani, nella casa del Poggiolo, a San Valentino di Castellarano. Il padre si chiama Roberto Rivi e la madre Albertina Canovi. Ragazzo intelligente e vivace, Rolando matura presto un’autentica vocazione al sacerdozio. A soli 11 anni, nel 1942, mentre l’Italia è già in guerra, il ragazzo entra nel seminario di Marola (Carpineti) e veste per la prima volta l’abito talare che non lascerà più sino al martirio. Il desiderio di diventare sacerdote e missionario cresce guardando alla figura del suo parroco, don Olinto Marzocchini, uomo di ricchissima vita interiore, attento alle cose che veramente contano, che fu per il ragazzo una guida e un maestro. Nell’estate del 1944 il seminario di Marola viene occupato dai soldati tedeschi. Rolando, tornato a casa, continua gli studi da seminarista sotto la guida del parroco, e porta nel suo paese un’ardente testimonianza di fede e di carità, vestendo sempre l’abito talare. Per questa sua testimonianza di amore a Gesù, così intensa da attirare gli altri ragazzi verso l’esperienza cristiana, Rolando, nel clima di odio contro i sacerdoti diffusosi in quel periodo, finisce nel mirino di un gruppo di partigiani comunisti. Il 10 aprile 1945, il seminarista viene sequestrato, portato prigioniero a Piane di Monchio, nel Comune di Palagano sull’Appennino modenese, rinchiuso in un casolare per tre giorni, brutalmente picchiato e torturato. Venerdì 13 aprile 1945, alle tre del pomeriggio, il ragazzo innocente, a soli 14 anni, spogliato a forza della sua veste talare, viene trascinato in un bosco di Piane di Monchio e ucciso con due colpi di pistola. Quando Rolando capisce che i carnefici non avrebbero avuto pietà, chiede solo di poter pregare per il suo papà e per la sua mamma. Nel 1951 la Corte di Assise di Lucca condanna gli autori dell’efferato omicidio. La condanna viene confermata nel 1952 dalla Corte di Assise di Appello di Firenze e diventa definitiva in Cassazione. Il 7 gennaio 2006, su iniziativa del Comitato Amici di Rolando Rivi, nella chiesa di S. Agostino, a Modena, si apre il processo diocesano per la beatificazione e dichiarazione del martirio del servo di Dio Rolando Rivi. Il processo diocesano viene chiuso in modo solenne dall’allora Arcivescovo Abate di Modena Nonantola, S.E. Mons. Benito Cocchi, il 24 giugno 2006, con l’affermazione che il martirio del giovane seminarista «ci pare avvenuto realmente in odium fidei». Il 23 giugno 2010 la positio del servo di Dio Rolando Rivi viene iscritta nel protocollo dei martiri presso la Congregazione per le cause dei Santi a Roma. Il 27 marzo 2013, pochi giorni dopo l’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha riconosciuto Rolando come martire della fede spalancando le porte alla beatificazione. Sabato alle ore 16 al PalaCasaModena, nel corso della liturgia eucaristica, si darà solenne lettura della lettera apostolica con cui Papa Francesco proclama Beato il seminarista martire Rolando Rivi. Il ‘Comitato Amici di Rolando Rivi’, che ha promosso la causa di beatificazione e che ne è attore, è un’associazione che ha lo scopo di «far conoscere, nel modo più ampio possibile, la figura di Rolando Rivi e la sua ardente testimonianza di fede cristiana come tesoro di fede, di verità, di libertà e di riconciliazione».

            Nuova collocazione per le reliquie


              Con la beatificazione verrà data nuova sistemazione alla sepoltura di Rolando Rivi, precedentemente collocata nella piccola cripta sotto il pavimento della Pieve di San Valentino. Le reliquie del martire verranno poste, in una nuova urna, sotto la mensa dell’altare centrale. Il lato dell’urna visibile dai fedeli sarà un bassorilievo, scolpito a mano, affidato alla scuola di arte sacra Ferdinando Perathoner di Ortisei. L’iconografia del bassorilievo è stata approvata dalla Commissione Diocesana per la Beatificazione di Rolando Rivi. L’opera d’arte è stata commissionata e verrà pagata dal Comitato Amici di Rolando Rivi che ne farà dono alla Diocesi e al suo Vescovo, Monsignor Massimo Camisasca. Il bassorilievo rappresenta la gloria di Rolando in cielo: La Vergine Maria, con atteggiamento materno, appoggia un mano sulla spalla del seminarista e lo presenta a Gesù. Gesù, al centro del bassorilievo, guarda Rolando con tenerezza. Poiché il giovane seminarista è stato prediletto, guardato e amato da Cristo e ha ricambiato con tutto se stesso questo amore, ha anche potuto affrontare il martirio, sino al dono della vita.

              TRA FEDE E STORIA (2/3)


                Il prefetto intercede per i pompieri: «Presto un nuovo comandante»


                  A Modena manca un comandante dei vigili del fuoco. Un dato di fatto, incontrovertibile, che però rimane lettera morta da ormai più di un anno. Anche (ma forse soprattutto) per questo i vigili del fuoco ieri mattina hanno scioperato per quattro ore, davanti alla Prefettura. Prefettura che non è rimasta insensibile alle richieste dei pompieri: Michele Di Bari ha ricevuto una delegazione del sindacato Conapo, il più rappresentativo a Modena e a livello nazionale, tra il personale operativo. «Si è mostrato sensibile al problema – ha spiegato al termine dell’incontro il referente di Conapo Fabrizio Benvenuto – e alle nostre richieste e ha subito dato disposizione per l’invio di una lettera a Roma, al Ministero, per sollecitare la nomina del comandante provinciale e un intervento per il rinnovo del parco automezzi, ormai obsoleto». La mancanza di un comandante provinciale incide soprattutto sulle questioni organizzative, come ad esempio i turni, ma anche per le questioni più tecniche, come le autorizzazioni per l’invio di mezzi e personali suppletivi in aiuto quando ci sono eventi di una certa importanza. Insomma, manca un punto di riferimento. E poi c’è il problema mezzi: «Noi abbiamo in dotazione ancora dei mezzi che risalgono agli anni ‘70, con la guida a destra» rivela un vigile del fuoco che sta protestando sotto la Prefettura. In ultimo, ma non per questo meno importante, i vigili lamentano la mancata equiparazione alle altre forze dell’ordine, questione che ha portato i pompieri a scioperare in tutt’Italia. «Abbiamo gli stessi doveri di carabinieri, polizia e finanza, ma non siamo trattati allo stesso modo – spiega ancora Benvenuti -. Non siamo equiparati nel trattamento pensionistico, negli stipendi, ma quando c’è da rischiare noi siamo sempre in prima linea. Non sono mancati i ringraziamenti per la gestione dell’emergenza terremoto, ma quando si tratta di riconoscerci ciò che ci è dovuto…». (da.fra.)

                  L’OPERAZIONE


                    I rifiuti speciali dovevano essere portati a Como

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