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Stazione, l’Autosilos Manzo è fallito


    Sedotto e abbandonato dal Comune E strozzato dalle banche

    «Quando ero piccolo, e c’era la miseria, mia madre diceva sempre che la carne si poteva mangiare una volta alla settimana. Oggi, non me la posso permettere nemmeno una volta al mese». Luigi Manzo oggi ha 66 anni e fa i conti con una realtà dal sapore amaro: racconta la sua storia nell’ufficio da 6 metri per 4 in cui trascorre ogni giorno una media di 15 ore. Siamo a Modena, in via Nicolò Dell’Abate, una manciata di metri dalla stazione: il signor Manzo è il titolare della Manzo srl, la società che gestisce l’autorimessa inaugurata dieci anni fa alla presenza dell’allora sindaco Giuliano Barbolini. Lo scorso mercoledì, su istanza di un’importante banca della provincia, il Tribunale di Modena ha dichiarato il fallimento dell’azienda. Il garage, che per il momento rimane aperto, è pressoché vuoto. E’ lo stesso signor Manzo a mostrarci il monitor: i posti disponibili sono 116, ma gli spazi occupati sono appena una decina. La storia di questa società è una vicenda di investimenti sfortunati, imprevisti cambi di direzione di amministrazioni pubbliche e mutui a tassi d’interesse soffocanti. Tutto ha inizio nel 2000. Il Comune di Modena vuole costruire un parcheggio in zona stazione per smaltire il traffico in centro storico e individua una potenziale ubicazione nell’autorimessa che il signor Manzo, ex autotrasportatore, sta finendo di costruire. C’è solo un problema: il parcheggio dispone di 48 posti, mentre il fabbisogno previsto dall’amministrazione ammonta a 150. Piazza Grande è pronta persino all’esproprio, ma si trova un accordo per aumentare la capacità della struttura, a 116 spazi, dotandola di un innovativo sistema meccanizzato che provvede a sistemare la vettura nello spazio senza intervento umano. L’investimento è gravoso, circa 2 milioni e mezzo di euro: Comune e Manzo fanno a metà. E, contestualmente, stipulano due convenzioni. La prima sancisce che, trascorsi 30 anni, la proprietà della struttura passi al municipio. La seconda prevede che, per dieci anni, gli incassi delle righe blu di una ben individuata area, limitrofa al garage, vadano alla Manzo srl. Fin qui, tutto bene. O, meglio, tutto bene fino al 2008, quando lo stesso Comune decide di costruire un mega-parcheggio gratuito dietro la ferrovia, in via Pico della Mirandola: per l’Autosilos meccanizzato – e a pagamento – è una mazzata tremenda. Gli affari vanno a picco. Dopo averlo, di fatto, sedotto e abbandonato, l’amministrazione concede alcune misure per andare incontro a Manzo – sosta a pagamento allungata e più cara, in zona stazione (dunque sulle spalle dei cittadini) – , ma ormai la frittata è fatta. Nel garage di via Dell’Abate – che pure avrebbe avuto bisogno di anni per decollare – non va più nessuno. In pratica, il Comune, prima, ha sostenuto l’investimento. Poi, lo ha azzoppato. L’autorimessa è deserta. Manzo – che ha due dipendenti, entrambi suoi figli – ci mostra gli incassi realizzati nel mese di novembre: il totale supera di poco i 5mila euro. «Pago 7mila euro al mese solo di elettricità», allarga le braccia. Difficile, allora, restituire i soldi che le banche hanno prestato. Soprattutto se, viste le difficoltà nei pagamenti, i tassi d’interesse sono nel frattempo lievitati. Dall’iniziale 2% si è arrivati fin sopra il 10%. La Manzo srl, così, finisce per affogare: l’esposizione finanziaria sfiora i 3 milioni di euro. E arriva la bancarotta. «Ho sempre lavorato onestamente, non so più che fare», scuote la testa il signor Luigi, che – nonostante tutto – sembra non voler dar la colpa del fallimento a nessuno. «Spero si trovi una soluzione», aggiunge timidamente. Difficile, però, che l’autorimessa di rianimi di colpo. nEnrico Mingori

    Il sindaco contro il governo di centrosinistra


      Pighi scopre la politica di austerità dell’esecutivo guidato da Letta

      A Roma governano e scrivono le finaziarie, la legge di Stabilità come si chiama oggi, ma in periferia contestano tutto o quasi quello che decide l’esecutivo di centrosinistra. L’altro giorno Piero Fassino ha alzato la voce a nome dei Comuni per chiedere il rinvio della scadenza dell’approvazione dei bilanci municipali. Dal sindaco di Torino a quello di Modena che ieri ha incontrato i sindacati. Immancabile il ritornello contro il governo che «deve fare di più anche per i Comuni. Nella Legge di stabilità deve essere previsto almeno un altro miliardo per garantire risorse agli enti locali nel 2014». Batte cassa il primo cittadino Giorgio Pighi, anche come responsabile dell’Anci nazionale su Sicurezza, immigrazione e legalita, incontrando in Municipio ieri mattina i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil che gli hanno presentato i contenuti della manifestazione in programma oggi a San Felice (ore 10, piazza della Rocca) dal titolo «Per il lavoro la legge di Stabilità deve cambiare». Tania Scacchetti (Cgil), William Ballotta (Cisl) e Luigi Tollari (Uil), insieme al segretario della Fnp Cisl Luigi Belluzzi, hanno illustrato a Pighi le richieste dei sindacati al governo sottolineando che la scelta di organizzare la manifestazione regionale a San Felice, uno dei centri più colpiti del sisma del 2012, ha un valore simbolico «per l’intenso lavoro per la ricostruzione e per far ripartire l’economia che caratterizza tutta l’area del cratere e che può rappresentare un volano per l’intero territorio». Il sindaco Pighi ha ricordato alcune delle difficoltà che incontrano gli enti locali in questa fase e ha fatto alcuni esempi, presi della sua esperienza, sui temi di cui si occupa per Anci, di tagli di risorse o di mancati rimborsi che mettono in difficoltà i Comuni: dal mancato riconoscimento delle spese sostenute per gli uffici giudiziari ai costi per l’assistenza ai minori o per i richiedenti asilo.

      Legge su affitti con dna modenese I proprietari però non esultano


        Vietato pagare l’affitto in contanti. D’ora in avanti bisognerà per forza passare attraverso le banche. Lo stabilisce un emendamento alla legge di stabilità approvato ieri in commissione alla Camera che impone l’uso di pagamenti che assicurino la tracciabilità. La nuova norma riguarda anche gli affitti di valore bassissimo. Restano escluse solo le case popolari. L’emendamento sta già facendo discutere. La curiosità aggiuntiva per i modenesi è che tra gli autori di questo grande fratello fiscale c’è il deputato del Pd Davide Baruffi (nella foto). E’ lo stesso Baruffi ad annunciare la paternità modenese dell’emendamento. In pratica, spiega il parlamentare, l’Italia si adegua a Modena perché l’idea è nata sul tavolo per la casa voluto da istituzioni, associazioni e sindacati inquilini che da tempo sta discutendo di questi temi in città. Secondo Baruffi il divieto di pagare l’affitto in contanti è «una misura in grado di coniugare fedeltà fiscale ed equità sociale. Il tavolo modenese di confronto sulla casa si sta rivelando un punto di riferimento a livello nazionale». Molto probabilmente la novità rischia di non essere accolta da tutti con lo stesso entusiasmo a scapito della popolarità del parlamentare con l’orecchino. Per esempio cosa ne pensano i piccoli proprietati modenesi? Per Giuseppe Guazzaloca, presidente di ASPPI Modena, la soluzione del Governo: «Non è risolutiva». Il ragionamento è semplice «non conta la modalità di pagamento quando non si fa un contratto regolare». In altri termini l’obiettivo è trovare delle soluzioni che rendano vantaggioso sia per il proprietario che per l’inquilino stipulare un contratto di locazione regolare: «Per esempio bisogna eliminare il conflitto d’interesse che lega i due contraenti – sottolinea Guazzaloca -. Se chi paga può detrarre la spesa dalla denuncia dei redditi sarà invogliato a non nascondere il fitto». Stesso discorso per il proprietario: se gli viene consentito di scaricare alcune spese di manutenzione della casa troverà dei benefici nel registrare il contratto. Piccole, ma efficaci, tecniche per portare alla luce l’economia informale del settore delle locazioni. Poi il problema della morosità «è necessario un fondo che tuteli i proprietari perchè in tanti, oggi, non riescono più a pagare».

        Gabelle locali


          L’amministrazione tassa e spendi

          Sulla Tares l’affondo di Ballestrazzi


            Cara l’Imu, cara la Tares. Lo hanno denunciato gli imprenditori modenesi, lo ripete l’ex consigliere comunale Vittorio Ballestrazzi, ex grillino, in una nota: «Il saldo della Tares sarà la conferma degli aumenti che, per certe realtà, saranno causa di gravi problemi e guasteranno l’umore anche nei prossimi giorni di festa. A Modena si doveva e poteva agire sulla quota variabile che incide quasi al 50% dell’importo». Il benedetto porta a porta «Ci avrebbero guadagnato tutti: l’ambiente, la salute, i cittadini, il lavoro, l’economia. L’unica che non ci avrebbe guadagnato era Hera che avrebbe visto ridurre i conferimenti all’inceneritore con conseguente calo di introiti e calo degli importi delle bollette che pagavano i cittadini. Guardando il dettaglio della Tares si nota anche l’importo del 5% dell’addizionale provinciale. Qui si aggiunge al danno anche la beffa. Quei soldi la provincia dovrebbe chiederli ad Hera alle cui richieste, sostanziali o non sostanziali, non dice mai no».

            Imu: sempre tra i più cari


              Immancabili nel podio di chi più tartassa

              L’assessore Giuseppe Boschini solo qualche settimana fa si pavoneggiava perché, diceva in consiglio comunale, a Modena non era in calendario il pagamento della mini Imu sulla prima casa. Lo hanno subito smentito i fatti e ieri con la pubblicazione delle tabelle di tutti i capoluoghi italiani emerge che la nostra città fa parte delle cinquanta che l’aliquota del 2013 l’hanno fissata sopra il 4 per mille. Al 5,2 per mille per la precisione, non si è toccato il tetto massimo del 6 per mille, ma ci siamo andati vicini. Significa che tra un mese si paga. Ci sono tantissimi capoluoghi italiani che hanno evitato questo rialzo e non toccheranno le tasche dei cittadini il 16 gennaio. A Modena e in Emilia Romagna è tutta un’altra storia. Su nove province della nostra regione solo il comune di Ferrara ha evitato il balzello. Risulta semplice vantarsi di avere uno stato sociale avanzato e all’avanguardia, come dimostra questa vicenda, basta spremere i cittadini. Il modello emiliano funzionerà pure, ma non è gratis ed è ben rifornito dai contribuenti. Ma torniamo a Modena e sempre dall’osservazione delle tabelle pubblicate ieri c’è la conferma che l’amministrazione è tendenza tassa e spendi, filosofia evidente anche da un’altra colonna del file sull’Imu : quella relativa alle aliquote sulle seconde case. Qui siamo al massimo, il 10,6 per mille, e anche stavolta nel gruppo che più fa pagare i cittadini: i 55 capoluoghi con aliquota più alta. Lunedì prossimo, scade la rata, e per i modenesi sarà una altra stangata. In particolare per gli imprenditori e commercianti che, sempre entro lunedì, devono saldare la seconda rata per gli immobili ad uso commerciale e produttivo. L’aliquota? Anche in questo caso alta: il 10, 2 per mille. Per le tasse l’amministrazione non fa sconti.Una vera filosofia esplicitata bene da Alvaro Colombo: «Abbiamo scelto di tassare il patrimonio più dei redditi». Parole del predecessore di Boschini nel 2012, defenestrato nella prima crisi di giunta della seconda legislatura Pighi ma non perchè gabelliere, che sono ancora ben vive nella politica economica di questa giunta. Ma l’insofferenza è alta. Solo un mese fa tutte le associazioni di categoria hanno chiesto un incontro all’amministrazione a cui ha partecipato Boschini. Chiaro il quadro disegnato dagli imprenditori: Modena ha una tassazione troppo elevata perchè ci sono servizi comunali a caro prezzo. Troppe scuole dell’infanzia in mano pubblica, sport e cultura non gestiti in modo manageriali. Anche senza tagliare, ma con una maggiore sinergia del privato si possono ottenere significativi risparmi di spesa. Senza dimenticare la richiesta sui rifiuti: eliminare il conflitto d’interesse di Hera con il Comune, socio della multiutility, che fa aumentare il prezzo della raccolta. Proposte, molto simili a quelle presentate dal centrodestra in consiglio comunale, che non sono state però recepite dal governo di centrosinistra cittadino. Che spesso rilancia la palla a Roma. E per il 2014 i cittadini non si aspettino sconti e sgravi. Lo ha assicurato nei giorni scorsi, in una comunicazione durante una commissione, lo stesso assessore al bilancio che ha sostenuto apertamente che con questa politica economica del Governo è impossibile pensare a delle riduzioni della pressione fiscale locale. Male l’anno fiscale 2013, peggio si annuncia il 2014. nGian Basilio Nieddu

              Bankitalia allontana un’altra Mps Visco: «Vogliamo più poteri»


                Il governatore chiede la possibilità di rimuovere manager incapaci

                Addio ristoranti, vince l’aperi-cena


                  La crisi sta facendo cambiare abitudine agli italiani Per Coldiretti 16,5mln preferiscono questa soluzione

                  Addio alle tradizionali cene al ristorante del fine settimana: 16,5 milioni di italiani preferiscono il rito dell`aperitivo, spesso in sostituzione della cena. E` quanto emerge da una analisi Coldiretti/Censis dalla quale si evidenzia che un numero crescente di giovani dice addio alla tradizionale serata del weekend in pizzeria o al ristorante e si afferma invece l`aperi-cena, una sorta di aperitivo rafforzato da stuzzichini vari, da consumare in piedi in bar, birrerie, vinerie o ristoranti che si sono attrezzati. Una abitudine tipica del passato che – sottolinea la Coldiretti – è tornata prepotentemente ma con le profonde trasformazioni dettate dai cambiamenti degli stili di vita e anche dalla crisi. A fare da apripista – precisa la Coldiretti – sono stati alcuni contesti del nord dove quello dell`aperitivo è una sorta di antico rito sociale. Ormai la nuova formula si è andata diffondendo un po` ovunque nel territorio nazionale e oggi per 2,5 milioni di persone è diventata addirittura una abitudine quasi quotidiana. Si pensi ai noti casi di Padova con lo Spritz o anche di alcune zone del comune di Milano o della stessa capitale in cui l`aperitivo è un momento di convivialità in cui conversare, mangiare e bere qualche cosa e rallentare in modo anche netto rispetto alla concitazione della quotidianità. In particolari contesti metropolitani, da Milano a Torino a Roma, ma in quasi tutte le città, l`aperitivo e i luoghi in cui incontrarsi per farlo, sono diventati uno dei pilastri della relazionalità di persone dalle caratteristiche socio demografiche anche molto diverse. «C`è una nuova potenza aggregatrice del cibo che si dispiega nei momenti di convivialità e non è un caso – sostiene la Coldiretti – che ci sono oltre 415mila italiani che dichiarano di partecipare regolarmente a community sul web centrate sul cibo, e sono invece complessivamente oltre 1,4 milioni quelli che ci partecipano, comprendendo coloro che lo fanno di tanto in tanto». Anche grazie alla molteplicità di offerte messe a disposizione dei locali, l`aperitivo in chiave moderna è diventata l`occasione per accompagnare il necessario contenimento delle spese dettato dalla crisi economica con una attenzione alla qualità dell`alimentazione. Un modo per assaggiare ed imparare a conoscere i diversi tipi di vino di cui è particolarmente ricca l`Italia ma anche per gustare formaggi, salumi, olive o anche semplicemente pizzette speciali, il tutto a costi estremamente contenuti. Non mancano casi in cui – afferma la Coldiretti – vengono organizzate serate a tema con prodotti a chilometri zero del territorio o prove di degustazioni su vini territoriali. D`altra parte – continua la Coldiretti – l’Italia è l`unico paese al mondo che grazie al lavoro degli agricoltori può contare su un patrimonio di 4.671 specialità tradizionali alimentari, 244 prodotti dop e igp riconosciuti dall`Unione Europea e 517 vini Docg, Doc e Igt.

                  Tav, i violenti colpiscono ancora


                    Nella notte di venerdì assalto al cantiere di Chiomonte Nel commando c’erano 100 persone, due i fermati

                    Un centinaio di No Tav ha assaltato nella notte tra venerdì e sabato il cantiere della Torino -Lione a Chiomonte, in Valsusa. Dopo aver tagliato le recinzioni, un piccolo gruppo di attivisti è riuscito a entrare nell’area di cantiere e ha tentato di appiccare il fuoco ad alcuni mezzi operativi senza riuscirci. Due i fermati dalle forze dell’ordine. I due fermati dalla Digos sono Cristian Rivetti, 33 anni, e Emanuele Davì, 41 anni: entrambi valligiani, spiega la Questura di Torino, sono stati trovati in possesso di caschetti protettivi, guanti da lavoro, mascherina da saldatore in plastica, occhiali da piscina, torce elettriche, maschere antigas, passamontagna tipo mefisto, fionda, un sacchetto in tessuto di jeans contenente circa 140 pietre, cesoie e una matassa di cavo elettrico. I due sono stati arrestati per danneggiamento aggravato e continuato in concorso tra loro e con altre persone rimaste ignote e resistenza a pubblico ufficiale. Venerdì sera, ricorda la questura torinese, un gruppo di militanti del movimento NO-TAV ha perpetrato un «violento attacco» al cantiere ell’alta velocità di Chiomonte. «L’azione, chiaramente premeditata – si spiega – è stata condotta da una cinquantina di militanti, travisati ed armati di cesoie, fionde e materiale esplodente». Dopo un black-out dovuto ad un’avaria di un quadro elettrico situato all’ interno delle recinzioni, sulla quale sono in corso valutazioni tecniche, approfittando dell’interruzione dell’illuminazione nel cantiere, sono iniziati alcuni attacchi lungo ampi tratti del perimetro. In alcuni punti, gli aggressori hanno reciso le reti poste a protezione del cantiere, mentre altri sono contemporaneamente penetrati nell’area sovrastante l’imbocco del tunnel geognostico, asportando uno dei cartelloni delle ditte appaltatrici dei lavori. Contestualmente, altri piccoli gruppi hanno messo in atto azioni diversive, appiccando il fuoco nella limitrofa boscaglia e lanciando pietre ed artifizi pirotecnici. Uno dei manufatti, proiettato con grande potenza ad «altezza uomo», ha colpito un mezzo di cantiere, danneggiandolo gravemente. Altre persone sono poi penetrati attraverso varchi praticati nella recinzione dell’area denominata «Cancello 7», dove hanno abbattuto una torre faro, rendendola inutilizzabile. Le violenze si sono protratte per circa un’ora, dopodiché gli aggressori, attraverso il sentiero delle Gorge che conduce all’abitato di Giaglione, si sono dileguati. Durante una successiva perlustrazione nelle aree boschive limitrofe al cantiere, effettuata ieri mattina, sono stati trovati bulloni, biglie, materiale esplodente e numerosi involucri di artifici esplosi.

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