Il futuro della struttura da recuperare

Confesercenti: al massimo qualche alimentare

NONANTOLA – Si rinfocola il dibattito sul recupero dell’ex coop di Nonantola. Se per AmoNonantola si potrebbe pensare ad uffici comunali (idea boccata dal Pd), per Confesercenti è da evitare la scelta di aprirvi negozi extralimentari che andrebbero a fare concorrenza a quelli già presenti. «Con ogni probabilità – scrive l’associazione di categoria -, se all’interno della struttura venissero ricavate determinate funzioni pubbliche o parapubbliche, oppure un’aggregazione di negozi di piccole dimensioni, la ricaduta sul cuore storico del paese in termini di vivibilità e frequentazione risulterebbe quanto meno positiva. Prevedendo per contro per quei locali, l’insediamento di una rivendita di generi extralimentari si rischia di impattare negativamente con la rete distributiva circostante, data la presenza di diversi esercizi del genere. Resta il fatto che riteniamo oltremodo imprescindibile che una decisione definitiva a riguardo va presa insieme alle associazioni imprenditoriali». Secondo Mauro Bastoni, presidente locale dell’associazione imprenditoriale «gli spazi interni dell’ex-Coop si presterebbero in modo ottimale all’inserimento di funzioni pubbliche o parapubbliche. Opzioni in grado di garantire ed incrementare i flussi di presenze, con una ricaduta di sicuro vantaggio anche per la rete distributiva del centro storico. Preso atto però che questa ipotesi, in base agli accordi assunti tra amministrazione comunale e proprietà dello stabile, non pare percorribile, riteniamo che sarebbe da tenere in considerazione anche il trasferimento in quegli spazi di una media struttura di vendita di generi alimentari o un’eventuale suddivisione degli spazi esistenti, finalizzata ad ospitare piccoli esercizi di vicinato. Ma la proposta della proprietà dello stabile, illustrata in occasione dell’incontro convocato dall’amministrazione prevede l’inserimento in quegli spazi di una medio piccola struttura di vendita di generi di tipo extralimentare con assortimento di articoli per la casa, cucina e bagno. Confesercenti è contraria perché c’è «il rischio che possa impattare negativamente sulla rete distributiva esistente, che già tratta tipologie di questo genere. Per questo siamo fermamente a chiedere, qualora l’amministrazione decidesse di optare per tale soluzione che venga differenziato l’assortimento rispetto a quello già presente nell’area e che in particolare non vi sia la vendita di grandi e piccoli elettrodomestici e di articoli di cartoleria».

Lo hanno trovato impiccato il vicepreside della scuola superiore i cui studenti viaggiavano a bordo del traghetto naufragato mercoledì al largo delle coste sudoccidentali della Corea del Sud. Sulla nave viaggiavano 475 persone, tra cui 325 studenti della scuola superiore Danwon di Ansan, vicino alla capitale Seul, che stavano andando in gita sull’isola di Jeju. L’insegnante, identificato solo con il cognome Kang, era stato salvato dal traghetto ed è stato trovato impiccato a un albero sull’isola di Jindo, dove sono stati portati i passeggeri sopravvissuti. Attualmente il bilancio della tragedia è di 28 morti confermati e 268 dispersi, ma il numero delle vittime è per forza destinato a salire: l’imbarcazione si è inabissata definitivamente e i dispersi potrebbero trovarsi ancora tutti dentro. Gli studenti in gita frequentavano il secondo anno e il loro viaggio sarebbe dovuto durare quattro giorni. Il traghetto Sewol era partito martedì sera da Incheon, una città nel Nordovest della Corea del Sud e doveva affrontare quattordici ore di viaggio. La procura ha chiesto alla Corte di emettere un mandato d’arresto per il capitano del traghetto. I procuratori fanno sapere inoltre di avere richiesto di emettere mandati d’arresto per altri due membri dell’equipaggio. Le indagini sono concentrate su quattro punti. In primo luogo si prova ad accertare dove si trovasse il capitano quando la nave ha cominciato a inclinarsi: pare che il capitano Lee Joon-seok non fosse al timone. In secondo luogo gli inquirenti provano a ricostruire se il capitano abbia effettivamente abbandonato la nave su una delle prime scialuppe. In terzo luogo le indagini tentano di stabilire se un ordine di evacuazione più veloce da parte del capitano avrebbe o meno potuto salvare delle vite: sembra che nel caos l’ordine diramato dal capitano di evaquare non sia mai stato annunciato. Il quarto punto è capire le meglio cause della brusca virata che c’è stata prima che il traghetto abbia cominciato a inclinarsi.

Morte dodici guide ma il bilancio è destinato a salire

Sono saliti a dodici i morti causati dalla valanga che sul monte Everest ha travolto un gruppo di guide sherpa. Lo riferisce Krishna Lamsal, del ministero del Turismo del Nepal, aggiungendo che altre tre guide sorprese dalla slavina risultano ancora disperse. L’incidente diventa così il peggiore disastro mai avvenuto sulla montagna più alta del mondo. Due sherpa rimasti feriti sono stati trasportati in elicottero in ospedale a Katmandu, capitale del Nepal. Il gruppo era uscito di mattina presto per fissare le funi lungo il percorso che verrà seguito dalle centinaia di alpinisti che da maggio, quando le condizioni meteo saranno più favorevoli, tenteranno la scalata alla vetta. Prima della valanga di ieri, il peggiore disastro mai registrato sull’Everest era stata la tempesta di neve dell’11 maggio 1996, che provocò la morte di otto scalatori. Nel 1970 un’altra valanga aveva invece provocato la morte di sei guide. La tragedia è avvenuta a circa 6200 metri di altezza, appena sotto al Campo 2 della montagna alle 6.30 locali, le 2.45 in Italia. Dalla conquista del picco più elevato del pianeta nel 1953, a opera del neozelandese sir Edmund Hillary e del nepalese Tenzin Norgay, la vittime dell’Everest ammontano a oltre trecento. Secondo Elizabeth Hawley, considerata la massima esperta mondiale di alpinismo sull’Hymalaya, quello consumatosi all’alba di stamani è il peggiore incidente di sempre sulla catena montuosa più alta del mondo.

Racconti dal mondo

Nonostante il vertice di Ginevra l’Est resta occupato

Nessuno degli edifici governativi occupati nell’Est dell’Ucraina risulta svuotato dalle milizie armate filorusse all’indomani dell’accordo raggiunto a Ginevra dai rappresentanti di Ucraina, Russia, Usa e Unione Europea. L’intesa raggiunta giovedì prevedeva la restituzione al controllo di Kiev di tutte le sedi governative occupate e il disarmo delle milizie filorusse, fissando una roadmap per la de-escalation della crisi. L’accordo a sorpresa, se applicato, sarebbe un tampone come risoluzione della crisi a breve termine ma non offre garanze sul lungo termine. Tuttavia non ha avuto lo stesso effetto. Le milizie filorusse – fanno sapere – lasceranno gli edifici occupati solo se il governo ad interim di Kiev si dimetterà. Le sedi governative sono state occupate in oltre dieci città dell’Est dell’Ucraina e sono ostaggio di chi chiede alla Russia l’annessione. Ieri il governo di Kiev ha redatto una bozza di legge che prevede l’amnistia per tutti coloro che deporranno le armi e lasceranno gli edifici occupati. Ma nemmeno questa misura è servita. Infine il presidente ucraino Oleksandr Turchynov e il primo ministro Arseniy Yatsenyuk hanno emesso un comunicato affermando che il governo sarebbe addirittura «pronto a effettuare riforme costituzionali complete che garantiranno i poteri delle regioni», si legge nel comunicato, dando loro più voce nella governance locale. Il comunicato congiunto promette anche uno status speciale per la lingua russa, e di proteggere i diritti di tutti i cittadini, qualsiasi lingua parlino. Oltre che alla cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente Usa Barack Obama ha telefonato al premier britannico David Cameron, facendo sapere che adotteranno ulteriori sanzioni se la Russia non agevolerà la de-escalation della situazione a breve termine.