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mercoledì, Agosto 13, 2025
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VERTENZA CALDA


    La delocalizzazione più contestata

    Cersaie, presenze in calo ma oltre quota 100mila


      Il Cersaie del 2013 si è chiuso con 100.769 presenze, il 5,7% in meno rispetto alle 106.846 dello scorso anno. Il motivo del calo è presto detto: la perdurante crisi del mercato interno delle costruzioni ha generato una nuova flessione del numero di operatori italiani presenti, scesi di oltre dodici punti percentuali, a 54.173 unità. Al contrario, e a conferma del crescente appeal nel mondo della fiera bolognese della piastrella, sono nuovamente cresciuti gli ospiti stranieri, oltre quota 46.500. D’altra parte, il salone organizzato da Confindustria Ceramica, giunto alla 31esima edizione, ha sperimentato per la prima volta una nuova formula: dai giorni d’apertura è stato eliminato il sabato, e dunque la rassegna si è svolta da lunedì a venerdì, per venire meglio incontro alle esigenze della clientela professionale. A parte i numeri, poi, conta la qualità: e molto incoraggiante è l’esito delle ormai tradizionali iniziative collaterali, tra cui il ciclo di conferenze Costruire Abitare Pensare.

      Firem, in Italia è piena di debiti Ma in Polonia investe 2,5 milioni


        E oggi la proprietà spiega il piano di rientro a Modena

        Da una parte, si arranca. Dall’altra, si tira fuori oro dalle tasche. Su un fronte, non si versano gli stipendi ai dipendenti. Sull’altro, si inaugurano fabbriche e si stringono mani. Sono le due facce della Firem. Indebitata e nell’occhio del ciclone in Italia, investitrice riverita in Polonia. L’azienda formiginese di resistenze elettriche – balzata alle cronache nazionali ed internazionali, ad agosto, per aver avviato una delocalizzazione senza avvertire i propri dipendenti – vive due situazioni opposte tra loro, a seconda della latitudine di osservazione. Un gap tanto evidente quanto difficilmente conciliabile. Oggi pomeriggio, a Bologna, negli uffici dell’assessorato regionale alle Attività produttive, è in programma il primo vertice successivo all’approvazione dell’accordo con cui l’impresa si è impegnata a far rientrare parte della produzione a Formigine: la proprietà torna ad incontrare sindacati ed istituzioni, a cui verranno illustrati maggiori dettagli del piano industriale presentato due settimane fa. L’attenzione è focalizzata, in particolare, sugli aspetti finanziari di tale operazione: si tratta di capire, in altre parole, su quali risorse economiche i Pedroni, titolari della Firem, fanno affidamento per ripartire in terra modenese. I conti dell’azienda sono tutt’altro che in ordine. Al di là del magro utile da 3mila euro, il bilancio 2012 è stato chiuso con un indebitamento di circa 7 milioni di euro, che supera abbondantemente il fatturato, fermo a quota 5,2 milioni. Di queste pendenze, la gran parte – circa 4,2 milioni – è dovuta alle banche, ma anche la somma esigibile dai fornitori è piuttosto alta (2,1 milioni di euro). Mentre nel Belpaese, tuttavia, si era deciso di chiudere i rubinetti (salvo, poi, fare parziale retromarcia in sede di Tavolo istituzionale), in Polonia, Fabrizio Pedroni si appresta ad un ambizioso programma di spese. Ad inizio agosto, da Olawa (città del sud-ovest del Paese), è arrivato l’ok ad un piano di investimenti sul territorio da 10 zloty polacchi (circa 2,5 milioni di euro): a proporlo la Helkra, una srl controllata dalla Firem e presieduta dallo stesso Pedroni, che l’ha iscritta nel locale Registro delle imprese nell’ottobre 2010. Stando a diversi siti d’informazione locali, la Helkra svilupperà tali investimenti entro la fine del 2018, dando lavoro a 18 addetti. E’ nel capannone di questa società che sono stati trasferiti i macchinari prelevati, tra le polemiche, nel sito di via Quattro Passi a Formigine. Lo stabilimento modenese, ora, sarà venduto per fare cassa. Ma è difficile che basti per finanziare la ripresa produttiva in Italia. Oggi, in Regione, la proprietà spiegherà come pensa di trovare i soldi. Intanto, ad Olawa, già si lavora a pieno regime. nEnrico Mingori

        Dove e quando


          Il dipinto Giuseppe e la moglie di Putifarre attribuito a Giovan Francesco Barbieri detto Guercino è esposto nella Sala dello Stringa del Palazzo Ducale di Modena, sede dell’Accademia Militare, fino al 20 novembre prossimo. All’allestimento, curato da Nicholas Turner e Federica Gasparrini, e promosso dalla Zanasi Foundation proprietaria dell’opera dal 2011, si accede tutti giorni dalle 17 alle 19 con ingresso gratuito. Il catalogo di mostra dal titolo Guercino, “Giuseppe e la moglie di Putifarre”: il capolavoro ritrovato di Guercino per Francesco I d’Este è pubblicato da Artioli Editore.

          La curatrice illustra le prove: «E’ un Guercino»


            Guercino è uno degli autori più indagati nella storia dell’arte e la sua opera è dettagliatamente documentata dal “Libro dei conti” della sua bottega: quali sono quindi i “nuovi” documenti avanzati dai curatori della mostra e del catalogo a supporto di questa recente attribuzione? Anzitutto, il primo documento a contare nell’attribuzione di un dipinto è il dipinto stesso. Ciò vuol dire che, solo dopo aver appurato che le sue caratteristiche tecnico-stilistiche si confanno al modus operandi di un determinato autore, si procede alla disamina delle fonti, le quali, a loro volta, contribuiscono a una maggiore comprensione dell’opera stessa, permettendone l’inserimento, e in un contesto culturale specifico, e in un dato periodo del curricolo dell’artista. Nondimeno, nel nostro caso, la prima traccia è indubbiamente offerta dal registro di bottega del Guercino, dal quale, in una nota del 25 agosto del 1631, si ricavano con chiarezza elementi utili all’individuazione dell’opera, ovvero il soggetto («Giuseppe, et la moglie di Putifarro»), la tipologia compositiva («due mezze figure»), il pagamento («Schudi 130»), nonché la committenza del «Ser.mo Sig. Duca di Modena». Altre fonti, già note ma mai analizzate in funzione di questo dipinto, sono state invece le Vite de’ pittori e scultori ferraresi di Girolamo Baruffaldi del 1704 – 1707, ma edite postume nel 1841, e la biografia del Guercino di Gaetano Atti del 1861. Quest’ultimo, in particolare, riferisce di un dipinto a mezze figure del Casto Giuseppe che era appartenuto agli Este e poi disperso, senza tuttavia specificare altro. Un ulteriore controllo dei documenti riguardanti le alienazioni estensi, fra cui la cosiddetta “vendita di Dresda” del 1746, nonché l’Inventario dei beni del 1692 – 1694, allorché alcuni quadri furono trasferiti dal Palazzo Ducale di Modena alla residenza estiva di Sassuolo, ha consentito di ricostruire l’intera vicenda, per cui è probabile che il quadro – dato anche il riferimento, per traslato, alle virtù vittoriose della castità e della fedeltà – sia stato donato dal duca Francesco I alla nuora, Laura Martinozzi, in occasione delle nozze con il figlio Alfonso IV nel 1655. Al proposito, torna utile ricordare la citazione di un dipinto del Casto Giuseppe fra le «cose trovate, o restate nel monastero della Visitazione» e appartenute alla Serenissima Laura Martinozzi, la quale, esautorata dal figlio Francesco II dal governo di Modena, morirà a Roma nel 1687, dopo un tour fra le maggiori corti europee. Che importanza ha ai fini di questa attribuzione il disegno a penna di Guercino oggi conservato all’Academy of Art di Honolulu e considerato uno studio per il dipinto di proprietà della Zanasi Foundation? Solo oggi i disegni sono unanimemente considerati dalla critica come opere d’arte a sé stanti. All’epoca, al contrario, soprattutto per un accanito disegnatore come Guercino, i disegni costituivano un indispensabile strumento di lavoro. In particolare, Guercino era solito riutilizzare un espediente compositivo, o solo una figura di maggiore allure in dipinti di diverso soggetto e anche distanti nel tempo fra loro e ciò gli era consentito proprio dai disegni che, perciò, rappresentavano una sorta di promemoria o, meglio, una fonte inesauribile di “modelli” e idee compositive. Quanto al disegno di Honolulu, la sua importanza si deve anzitutto al fatto che è il solo disegno autografo pervenutoci di questa composizione (gli altri, infatti, si conoscono attraverso un calco della Royal Library e due copie conservate, l’una, a Firenze e, l’altra, ad Ascoli Piceno), a cui si aggiunge poi un valore “documentale” poiché è attraverso di esso che il Guercino ci informa dei suoi “primi pensieri”, vale a dire, della prima idea compositiva, permettendoci di seguirlo nelle diverse fasi del processo creativo: dalla prima inventio del disegno di Honolulu alla versione definitiva dipinta. Quali carte d’archivio provano, o lasciano almeno ipotizzare, che il dipinto sia stato realizzato per il duca Francesco I d’Este come si afferma nel titolo della mostra e del catalogo? La committenza è per l’appunto specificata nel “Libro dei conti” del pittore, ma altre informazioni circa la presenza del dipinto nella Galleria Estense ci giungono dal biografo Carlo Cesare Malvasia e dalla Descrizione manoscritta del 1722 di Niccolò Panelli, mai data alle stampe e ciononostante citata da Luigi Salerno (1988) e da David Stone (1991) a proposito della confusione ingenerata nel tempo dalle fonti sui due dipinti estensi, entrambi di soggetto erotico, del Casto Giuseppe e di Amnon e Tamar.

            L’esperto Massimo Pulini: «Plausibilmente è un Loves»


              Abbiamo chiesto un parere sull’attribuzione a Guercino del dipinto esposto a Modena a Massimo Pulini, pittore, storico d’arte, curatore di mostre e di volumi monografici sugli artisti del Seicento e attualmente assessore alla Cultura del Comune di Rimini. Lei è uno dei maggiori studiosi del Guercino in Italia e nel mondo. Avalla l’attribuzione di questo dipinto alla mano del maestro centese? Se no, su quali elementi sostanziali? No, non mi sento di avallare questa attribuzione. Certo, nel dipinto è evidente la presenza di un prototipo e di una invenzione tipici del maestro, e poi però rielaborati da allievi e collaboratori, che erano soliti riprendere i disegni di Guercino per una traduzione pittorica. Ma escluderei che l’opera sia riconducibile alla sua autografia. Alcuni storici dell’arte propendono per un’attribuzione dell’opera a Matteo Loves, il collaboratore fiammingo del Guercino attivo presso la corte ducale di Modena. Ritiene plausibile questa ipotesi? L’ipotesi è plausibile perché, in effetti, la mano più vicina al dipinto sembra proprio quella di Matteo Loves. In particolare, la luce chiara degli incarnati e il battere della luce che tende ad appiattire i panneggi sono elementi tipici della pittura dell’assistente fiammingo di Guercino. I Gennari, ad esempio, parenti e collaboratori anch’essi del maestro, realizzavano incarnati più rosei, talora persino arrossati. Anche la tipologia dei volti richiama i modelli consueti del Loves.

              A Ngapeth il ruolo di “salvatore”


              Il francese si sta allenando, avrà il numero 18 ma difficilmente sarà in campo già a Trento

              Il primo allenamento per acclimatarsi, iniziare a conoscere i nuovi compagni, ma anche per testare lo stato fisico ed atletico come richiesto dalla società. Ieri è stato il primo vero giorno di Earvin Ngapeth a Modena. Lo schiacciatore francese, che se tutto dovesse andare come da copione ha già pronta la maglia numero 18 che fu nelle ultime stagioni di Marco Piscopo, è pronto a recitare la parte del “salvatore” di una formazione apparsa settimana dopo settimana sempre più in difficoltà. L’approdo sotto la Ghirlandina di un giocatore dalle indubbie qualità sia in attacco che direttamente dal servizio, che non ha vissuto le travagliate situazioni di questi mesi, può essere un’addizione importante per coach Lorenzetti che, probabilmente, spera ardentemente di avere il giocatore già a disposizione per la trasferta di Trento. Difficile, ha fatto sapere nelle ultime ore la società, che Ngapeth possa scendere in campo nel weekend, ma nel caso in cui la condizione fisica dovesse essere ottimale e le pratiche burocratiche dovessero essere completate per tempo è difficile ipotizzare che in caso di necessita il tecnico non ricorra a tutte le carte a sua disposizione per strappare un risultato positivo. Sulla coppia di posti quattro titolare, comunque, al momento non dovrebbero esserci possibili sorprese all’orizzonte. Con la ventilata o, quantomeno, possibile partenza dello sloveno Sket, tra l’altro uno dei migliori di quest’ultimo difficile spezzone di stagione, ecco che Deroo e Kovacevic dovrebbero essere confermati nonostante il difficile momento del belga che anche a Vibo Valentia non ha convinto. Buone notizie, invece, arrivano dal francese Guillaume Quesque che sta procedendo nel recupero dall’infortunio alla caviglia e ormai sembra stabilmente riunito al gruppo. Per Trento, quindi, anche lui potrebbe essere riaggregato al gruppo, ma a quel punto i giocatori a disposizione saranno quattordici e coach Lorenzetti si ritroverebbe a scegliere un elemento da escludere dal gruppo.

              Volley


              Non ancora ufficializzato il suo ingaggio

              Domenicali: «F14 T, una buona partenza»


              La macchina risponde alle modifiche e ha mostrato affidabilità

              «Sono sempre prudente, non certo per paura di dire quello che penso ma perché so bene come le cose cambino in fretta in questo sport». Stefano Domenicali, team principal della Ferrari, ostenta basso profilo, sano realismo e consapevole fiducia nell’approccio alla stagione di Formula 1 che sta per cominciare. «A Jerez abbiamo visto che la base di partenza della F14 T è buona: risponde bene alle modifiche, i dati fondamentali rispondono ai parametri che avevamo definito in galleria del vento e non abbiamo avuto sorprese negative», sono le sue parole, riportate dal sito della scuderia di Maranello. «Ovvio che c’è ancora molto da lavorare – osserva Domanicali – perché era impossibile debuttare con una monoposto perfetta in una stagione così ricca di cambiamenti. Sarà un inizio di campionato pieno di incognite ed è prestissimo per fare qualsiasi tipo di previsione: credo che cominceremo a capire qualcosa solamente nell’ultimo test in Bahrain. L’ottimismo che ho deriva dalla consapevolezza che sappiamo quali sono i fronti su cui dobbiamo operare: la prudenza è sempre buona consigliera ma ciò non vuol dire che le persone che sono impegnate su questo progetto non abbiano la carica giusta e la voglia di dimostrare ai nostri avversari quanto bene riusciamo a fare le cose alla Ferrari». «Devo dire che la cosa che più mi ha fatto piacere è stato l’atteggiamento della squadra», prosegue Domenicali. «Tutti sono uniti nell’affrontare i problemi e nel cercare di risolverli, consapevoli che la sfida che abbiamo di fronte è impegnativa ma affascinante». Tante parole, dal settembre scorso, sono state spese sulla coppia dei piloti Ferrari del 2014, che vede per la prima volta dal 1953 due campioni del mondo riuniti nello stesso box rosso: Fernando Alonso e Kimi Raikkonen. «La nostra è stata una scelta razionale, basta sull’esigenza di avere una coppia di piloti esperti ed è stata pensata esclusivamente con l’obiettivo di fare il bene della Ferrari: spero che la pista confermerà che sia stata quella giusta», spiega il team principal. «La loro gestione? Le scelte vanno sempre ben ponderate ma vanno prese per quello che sono: scelte sportive prese per cercare di raggiungere l’obiettivo della squadra».

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