Home Blog Pagina 10048

’Ndrangheta, 47 arresti tra i ‘colletti bianchi’ di un cartello criminale operante in 5 regioni


    Imprenditori e professionisti legati a illeciti nel settore immobiliare

    Sgominata dalla Guardia di finanza di Reggio Calabria e dello Scico di Roma un’associazione di stampo mafioso composta da imprenditori e professionisti affiliati alle più importanti cosche di ’ndrangheta reggine. Un blitz imponente, che ha riguardato ben cinque regioni: all’alba di ieri con l’operazione ‘Araba fenice’ sono stati eseguiti 47 arresti, sequestrate 14 società e beni per un valore complessivo di circa 90 milioni di euro ed effettuate oltre 90 perquisizioni tra Calabria, Piemonte, Veneto, Lombardia e Puglia. I reati contestati sono associazione a delinquere di stampo mafioso, trasferimento fraudolento di valori, attività finanziaria abusiva, utilizzo ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, favoreggiamento, peculato, corruzione, illecita concorrenza ed estorsione, tutti aggravati dalle modalità mafiose. Le indagini, coordinate dalla Procura di Reggio Calabria – Direzione distrettuale antimafia, hanno portato a identificare l’esistenza di un vero e proprio cartello criminale di tipo mafioso, presente e operante nel territorio di Reggio Calabria, legato come spesso accade in particolar modo al settore immobiliare, in grado di condizionare la realizzazione di complessi residenziali privati o eseguire tutti i relativi lavori di completamento, con la conseguente percezione di profitti illeciti. La Dda di Reggio Calabria in questo modo ha inoltre messo a nudo i rapporti e le connivenze di una vasta e variegata area del mondo delle professioni: avvocati, commercialisti, bancari e imprenditori collegati in maniera più o meno diretta con gli uomini dei clan reggini. Secondo quanto spiegato dal Procuratore di Reggio, Federico Cafiero de Raho, «non si tratta semplicisticamente di ‘ndrangheta, ma della ‘ndrangheta più pericolosa, quella in giacca e cravatta che sporca il mercato legale grazie alle complicità che quello stesso mercato arrivano».

    I fatti del giorno


      Succede nel Belpaese

      Caso Meredith, le lacrime di Sollecito


        Commosso in aula mentre rilascia dichiarazioni spontanee: «Non sono un assassino. Perseguitato, non ho più una vita»

        Le lacrime hanno rotto la sua voce, mentre rilasciava le dichiarazioni spontanee. Raffaele Sollecito si è appellato così alla corte di appello di Firenze, nel processo per la morte di Meredith Kercher. «Correggete gli errori: non ho più una vita mia». A margine dell’udienza, il suo legale, Giulia Buongiorno ha commentato: «la voce rotta dal pianto di Raffaele è la risposta a coloro che l’hanno dipinto come un assassino freddo e glaciale. E’ in realtà un ragazzo che non vive più da troppi anni», ha spiegato. «Mi hanno descritto come un assassino spietato, non sono niente di tutto questo – ha detto lo stesso Sollecito -. A Perugia ero una persona molto riservata, mi dedicavo a studi molto impegnativi, come l’informatica in cui poi mi sono laureato. Non auguro a nessuna persona al mondo di poter vivere quello che ho avuto come esperienza. Tutta la mia vita com’era prima ora non c’è più, è stata cancellata. Sto battagliando ogni giorno per poter portare avanti i fatti di questa vicenda», ha raccontato. «Sento nei miei confronti una persecuzione allucinante che per me non ha alcun senso logico. Sembra un incubo – ha aggiunto – che va al di là di ogni immaginazione. Se questa storia non fosse seria e drammatica, sarebbe molto difficile crederci». Sollecito si è scagliato, pur parlando a voce bassa e con molta calma, contro le presunte prove e le testimonianze che poi «sono state sbugiardate negli atti successivi». Ha ricordato, ad esempio «l’illusione di quel coltello a serramanico: anche i testimoni – ha continuato – sono stati sbugiardati uno dopo l’altro». L’imputato ha anche precisato «di non aver mai conosciuto Rudy Gudé in vita mia, anche perché avevamo due vite molto diverse» e di «aver conosciuto pochissimo Meredith». Ancora, ha continuato, «la mia colpa è non aver preso seriamente questa situazione dall’inizio. E’ tremendo e assurdo quello che è successo a un ragazzo di 20 anni che ha sempre avuto una vita tranquilla.Non mi è mai piaciuto l’alcol, ho fatto qualche spinello ma non ha cambiato la mia personalità. In quel particolare periodo tutto ci poteva passare per la testa tranne essere così spietati nei confronti di una vita umana». Al processo per l’omicidio di Meredith Kercher, nessuna obiezione, né alcuna domanda è stata posta dal pubblico ministero e dalle parti civili, sui risultati delle analisi dei Ris, esposte ieri mattina in aula a Firenze, ed effettuate sul coltello ritrovato in casa di Raffaele Sollecito. Le analisi escludono la presenza di tracce genetiche compatibili con la vittima e nemmeno con Rudy Guedé, l’unico condannato per l’omicidio. Sollecito è imputato nell’appello bis assieme ad Amanda Knox. «E’ tutto molto chiaro», ha commentato il pm Alessandro Crini.

        Lapam, timone del Frignano va a Bergamini


          Continua l’iter congressuale di Confartigianato Modena e Reggio Emilia. Dopo la conferma al vertice, nel capoluogo, di Silvia Manicardi, e l’arrivo di Daniele Zanasi a Lapam Vignola, l’ultima tappa, sinora, è stata l’elezione del presidente della Zona del Frignano, che si estende da Pavullo sino a Serramazzoni. La scelta, in questo caso, è caduta su Andrea Bergamini, socio dell’omonima Farmacia di Fanano, operante sul territorio da più di dieci anni. Non è certo un volto nuovo nel panorama dell’imprenditoria locale, il neo-presidente, già al timone di Il Sogno, una strategica aggregazione di imprese che fu costituita dagli esercenti del centro storico di Fanano su stimolo proprio di Lapam, per promuovere manifestazioni all’interno del paese. Oggi, invece, Il Sogno è confluito dentro l’Associazione di promozione turistica (Apt) del municipio appenninico, Apt di cui pure Bergamini è alla guida. Nella progettualità futura del neo-presidente di Lapam Frignano domineranno quindi l’integrazione sovracomunale delle iniziative promozionali e la volontà di incentivare in particolare il turismo sportivo dilettantistico, che riesce ad attrarre un elevato numero di presenze in Appennino. L’associazione, in sostanza, intende incentivare i rapporti di collaborazione già fruttuosamente avviati negli anni passati, soprattutto con enti come Csi e Uisp. nNicola Tedeschini

          Le storie


            Imprese e associazioni

            Glem Gas, sciopero per un licenziamento


              «Applicata la legge Fornero»: e la Fiom teme l’effetto domino

              Inalca fornirà carne di manzo alla Nestlé


                Cremonini trova un nuovo partner in Nestlé. Buitoni, storico nome dell’industria alimentare tricolore che oggi appartiene al colosso svizzero, comprerà dal gruppo di Castelvetro, e nello specifico dall’Inalca, tutta la carne di manzo impiegata nelle diverse referenze dei propri prodotti di pasta ripiena fresca. Ciò vuol dire che i prodotti della Buitoni, la quale ha il quartier generale nella città toscana di Sansepolcro, «risponderanno ai requisiti di una catena di fornitura al 100% italiana, ovvero saranno capi nati, allevati e macellati in Italia», si legge in un comunicato della Nestlé. L’intesa è stata annunciata durante un convegno tenutosi ieri a Roma. «L’importanza dell’accordo con Cremonini va al di là del valore economico», ha affermato Leo Wencel, capo mercato del Gruppo Nestlé in Italia. «E’ un simbolo che rappresenta il nostro impegno per l’Italia nel restituire valore al territorio, alla filiera, all’immagine del made in Italy». «Oggi bisogna andare oltre il concetto di filiera e creare una rete che possa porsi come un interlocutore unico presso le istituzioni», ha precisato il presidente nazionale di Confagricoltura, Mario Guidi. «L’italianità dei prodotti non deve restare appannaggio di pochi, una nicchia di mercato, ma raggiungere la massa dei consumatori e diventare patrimonio di tutti», ha infine dichiarato Luigi Scordamaglia, ad dell’Inalca.

                Bpm, verso nuove elezioni per entrambi i consigli


                  Eh sì, il problema dell’Europa, e dell’Italia in particolare, potrebbe essere l’eccessiva discesa dei prezzi, che sminuisce la capacità di investimento delle imprese e quindi non incentiva certo l’occupazione. Pure il presidente di Confindustria è di questo avviso. «Nonostante l’ultimo aumento dell’Iva, c’è l’inflazione in calo: significa che siamo in una situazione di vera e propria deflazione, e questo è preoccupante», ha affermato Squinzi, a margine della riunione di ieri del Comitato di presidenza associativo, riunione svoltasi in trasferta, non a caso a Bruxelles. Sul pericolo di deflazione, del resto, concordano diversi esponenti del mondo politico ed economico tricolore: ad esempio Antonio Tajani, che a Bruxelles fa il commissario europeo all’Industria. «Oggi l’euro è troppo forte per la competitività delle imprese europee: questo non aiuta l’export e rischia di provocare una situazione di deflazione, perché con l’inflazione sempre più bassa i cittadini non consumano, pensando che il giorno dopo i prezzi saranno più bassi, e questo non aiuta l’economia», ha affermato Tajani, pure a margine del Comitato di presidenza confindustriale. Precisando di parlare a titolo personale e non a nome dell’esecutivo presieduto da José Manuel Barroso, Tajani ha poi osservato che servirebbe «una Bce che governi l’euro non pensando solo alla stabilità dei prezzi, ma anche alla crescita dell’economia». E anche se il suo presidente Mario Draghi «sa che cosa fare», il problema sono «i poteri della Banca centrale, che sono limitati in un contesto di confronto globale», in cui la moneta unica è strumento dell’economia europea che compete con le altre grandi economie mondiali. Due giorni or sono, invece, commentando a Palermo la legge di Stabilità recentemente varata dal governo Letta, il segretario della Uilm, Rocco Palombella, ha detto che essa «poteva rappresentare un efficace contrasto alla domanda in calo, ai consumi fermi, ai redditi in ribasso. Ma finora così non è stato e dalla recessione rischiamo seriamente di passare alla deflazione». Per la cronaca, nel Belpaese, secondo l’Istat, a ottobre l’indice dei prezzi al consumo è aumentato appena dello 0,7% anno su anno. Eurostat, peraltro, concorda con tale stima.

                  Bce, oggi il direttorio Con possibili sorprese


                    Tassi fermi, in ballo ci sono le aste di liquidità

                    Giorgio Squinzi vede avvicinarsi il pericolo della deflazione


                      Il primo punto è a favore di Raffaele Mincione. Il consiglio di sorveglianza della Banca popolare di Milano, presieduto da Giuseppe Coppini, ha lanciato ieri l’atteso ultimatum al board. L’organo di controllo ha deliberato «a maggioranza», e «riservandosi in difetto di provvedervi» autonomamente, di chiedere al consiglio di gestione la convocazione «senza indugio di un’assemblea ordinaria» che rinnovi entrambe le stanze dei bottoni. In pratica, il cds esige a tutti i costi il proprio scioglimento, e a tal fine i membri hanno persino messo a disposizione dell’assemblea le proprie cariche. Secondo i richiedenti, i passi sopra descritti sono necessari «alla luce anche dell’attività svolta dal comitato nomine, e al solo fine di assicurare la stabilità nel medio-lungo periodo». Fuor di burocratese, il problema è questo: per sostituire l’ormai ex consigliere delegato Piero Montani, tornato nella sua Genova in Banca Carige, i meneghini hanno pensato a Giuseppe Castagna, ex direttore generale di Intesa San Paolo. Castagna, però, sarebbe fortemente disincentivato a trasferirsi dal fatto che il cdg è in scadenza la prossima primavera. E invece la sua presenza sarebbe importante subito, perché, come ha ricordato l’organo di sorveglianza, i vertici di Piazza Meda devono garantire, «nei tempi più brevi, il buon esito dell’aumento di capitale» da 500 milioni di euro: già approvato dall’assemblea a giugno scorso, è richiesto da tempo da BankItalia, nonché dall’authority continentale, l’Eba. Inoltre, l’aumento è essenziale per rimborsare i 500 milioni di Tremonti-bond sottoscritti nel 2009. A Mincione, secondo socio con circa il 7%, si contrappone tuttavia Andrea Bonomi, azionista di maggioranza relativa e presidente del consiglio di gestione, che chiede, un po’ paradossalmente, lo scioglimento anticipato solo di quest’ultimo organismo. Il primo dei due contendenti, un uomo d’affari basato a Londra, avrebbe dalla sua parte gli ex componenti degli Amici della Bpm, associazione di dipendenti che nel dicembre 2011 garantì la vittoria elettorale proprio di Bonomi e fu poi da questo scaricata. Pur essendosi sciolti, a ottobre gli Amici sono stati sanzionati per 720mila euro complessivi dalla Consob, che li ha ritenuti un patto parasociale non dichiarato. L’altra partita che si gioca oggi nella Popolare milanese tra i vari contendenti è appunto quella della riforma della governance. Ancora Bonomi aveva varato la trasformazione da spa cooperativa a spa ‘ibrida’, in cui un ruolo di peso era riservato a una Fondazione degli stessi lavoratori. Ad aprile, il progetto è stato però bocciato dall’assemblea, e ora sarebbero allo studio da più parti dei correttivi.

                      SOCIAL

                      13,458FansMi piace
                      214FollowerSegui
                      100IscrittiIscriviti