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Brasile, Salvador: viceministro spara sui manifestanti


    La foto non lascia molto spazio ai dubbi: nell’immagine pubblicata dai media locali il sottosegretario della Pubblica Sicurezza dello stato brasiliano di Bahia, Ari Pereira, si trova su un terrazzo, ha una pistola in mano e la tiene puntata verso il basso. L’accusa è che Pereira abbia sparato tre colpi di pistola contro alcuni contadini del Movimento Sem Terra (Mst) che erano entrati nei locali del ministero a Salvador, durante una manifestazione davanti al palazzo ministeriale per sollecitare le indagini sull’assassinio di Fabio Santos, uno dei leader del movimento, ucciso lo scorso aprile. Secondo i dimostranti, il viceministro avrebbe esploso tre colpi, fortunatemente senza causare feriti. Le fonti governative smentiscono questa versione dei fatti e parlano invece di un solo colpo di avvertimento. Il Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (o, semplicemente, Movimento Sem Terra) è un movimento politico-sociale brasiliano che si batte per la riforma agraria. Nato nel 1984 dalle occupazioni contadine di terra nel sud del Brasile, è oggi presente in 24 Stati e coinvolge un milione e mezzo di persone.

    Rapporto della commissione Onu sul conflitto: crimini di guerra da entrambe le parti coinvolte


      La Commissione d’inchiesta incaricata dal Consiglio dei Diritti umani dell’Onu di seguire il dossier siriano ha denunciato nel suo ultimo rapporto di aver rilevato «crimini contro l’umanità» commessi dalle forze governative e «crimini di guerra» commessi dalle forze dell’opposizione armata. La Commissione menziona, senza poterle confermare, «le accuse sul ricorso alle armi chimiche, principalmente da parte delle forze governative. Sulla base degli elementi di prova attualmente disponibli, non è stato possibile giungere a una conclusione per quanto riguarda gli agenti chimici utilizzati, il loro sistema di lancio o gli autori di queste azioni», afferma il rapporto. «Le forze governative e quelle a loro collegate hanno continuato a lanciare attacchi indiscriminati contro la popolazione civile, compiendo omicidi, torture, stupri e rapimenti, che costituiscono crimini contro l’umanità», sottolinea il rapporto, reso noto ieri mattina a Ginevra. L’Onu tuttavia denuncia ugualmente «i gruppi armati antigovernativi che hanno commesso crimini di guerra, in particolare omicidi, esecuzioni sommarie, atti di tortura, sequestri ed attacchi contro obiettivi protetti». La Commissione d’inchiesta, diretta da quattro giuristi internazionali, ha consegnato il rapporto, che riguarda il periodo compreso tra il 15 maggio e il 15 luglio 2013, al Consiglio dei diritti dall’Uomo delle Nazioni Unite perché poi venga inviato al Consiglio di Sicurezza. E intanto l’Unicef lancia l’allarme sulle conseguenze della guerra tra i più piccoli: l’esposizione prolungata alla violenza e allo stress, i continui spostamenti, la perdita di amici e familiari e il grave deterioramento delle condizioni di vita stanno lasciando ai bambini della Siria cicatrici durature: sono più di 4 milioni – stima l’organizzazione – i bambini coinvolti nel conflitto in corso.

      VENTI DI CRISI


        Il mondo in subbuglio

        Obama: abbiamo il dovere di agire


          Il discorso ai cittadini sull’intervento militare in Siria E la Francia stringe: 15 giorni per dichiarare le armi

          «Abbiamo il dovere di intervenire». Parlando in televisione, il presidente Usa Barack Obama ha dichiarato l’intenzione di perseguire ogni strada diplomatica per rimuovere l’arsenale di armi chimiche siriane, ma ha anche ribadito di aver dato disposizione perché l’esercito americano «sia in grado di intervenire» nel caso questa strada diplomatica fallisca. Nel suo discorso, Obama ha ricordato come la Casa Bianca sia stata a lungo contraria a qualsiasi intervento militare. Ma il massacro del 21 agosto, e la prova dell’uso di armi chimiche, «hanno cambiato tutto. Quella sera il mondo ha visto anche attraverso dettagli raccapricianti la natura terribile delle armi chimiche e la maggioranza dell’umanità ha dichiarato che una cosa simile e è un crimine contro l’umanità. Sappiamo che il personale militare che gestisce l’arsenale chimico di Assad ha preparato un attacco in zona con gas Sarin. Hanno dato maschere antigas alle truppe poi hanno sparato missili da una zona controllata dal regime per spazzare via le forze dell’opposizione». Precisando di aver deciso dopo «attenta riflessione», Obama ha quindi spiegato che la risposta più utile all’uso di armi chimiche è una serie di «attacchi militari mirati». Intanto, la Francia detta i tempi, portando al Consiglio di sicurezza una bozza che stabilisce in 15 giorni il tempo massimo per la Siria per fornire un elenco completo del suo arsenale chimico. Le grandi potenze sono al lavoro per definire tempi di attuazione della proposta russa, finora l’unica che appare in grado di rinviare la minaccia di un’azione militare, ovvero la consegna alla comunità internazionale da parte di Assad dell’arsenale.

          Libia, esplode un’autobomba davanti al Ministero degli Esteri


            A Bengasi un nuovo attentato a un anno dall’uccisione dell’ambasciatore Usa Chris Stevens L’attacco terroristico nel giorno in cui l’America ricorda la tragedia dell’11 settembre 2001

            Un’autobomba è stata fatta esplodere davanti a un edificio governativo ieri mattina a Bengasi, a un anno esatto dal terribile attacco al consolato americano nella città orientale libica. Un attentato che il ministero degli Affari esteri libico ha definito «terroristico». Come si è appreso inizialmente, l’esplosione ha causato pesanti danni all’edificio colpito, appartenente al ministero degli Esteri libico, e che fino ai primi Anni ’70, ai tempi di re Idriss Senoussi, ospitava un consolato americano. Il consolato fu chiuso da Muammar Gheddafi, qualche anno dopo il suo arrivo al potere nel 1969. Un portavoce dei servizi di sicurezza a Bengasi, il colonnello Abdallah al-Zayedi, ha confermato che l’autobomba è esplosa davanti ai locali del ministero degli Esteri provocando importanti danni, anche alla Banca centrale situata nelle vicinanze, ma senza fare vittime. L’attentato coincide con il primo anniversario dell’attacco contro il consolato americano a Bengasi, che costò la vita all’ambasciatore e altri tre cittadini americani. In un comunicato, il ministero degli Affari esteri libico ha denunciato «un vile atto terroristico che mira a colpire la sovranità dello Stato e a dare un’immagine di caos». Dalla caduta di Gheddafi, nell’ottobre 2011, Bengasi, culla della rivoluzione libica, è stata teatro di numerose esplosioni e di un’ondata di attacchi contro giudici, militari e poliziotti che avevano servito il deposto regime, nonché contro alcuni diplomatici occidentali.

            «E’ tempo di decidere se tutto questo è accettabile»


              Nella sua indagine sulla dinamica osservata negli ultimi anni relativamente alla distribuzione della ricchezza tra i cittadini americani(vedere articolo sopra), il professor Emmanuel Saez afferma che «il recente drastico peggioramento della disuguaglianza di redditi negli Stati Uniti è ben documentato». «Negli ultimi trent’anni – afferma il docente di Economia all’Università californiana di Berkeley -, il mercato del lavoro ha creato molta più iniquità, con i redditi più alti che si accaparrano una larga quota dei frutti dei progressi sulla produttività». Tra il 2009 e il 2012, in particolare, l’1% di redditi più alti è cresciuto del 31,4%, mentre il restante 99% solo dello 0,4%. In questo modo, l’1% di redditi più alti ha catturato il 95% dei guadagni di reddito nei primi tre anni della ripresa. In parte – riconosce Saez – questo stridente divario si può spiegare con il fatto che i più ricchi hanno vasti possedimenti di titoli azionari e finanziari, che durante la crisi e la successiva ripresa hanno conosciuto ampie fluttuazioni. Tuttavia, secondo l’economista, «sono vari i fattori alla base di questo peggioramento della disuguaglianza: non solo i cambiamenti tecnologici, ma anche l’arretramento di istituzioni sviluppate tra il New Deal e la Seconda Guerra Mondiale. Si va dalle politiche fiscali progressive ai sindacati forti, sino ai mutamenti normativi riguardo alle disuguaglianze di reddito». «Ora – conclude Saez nello studio -, come società, dobbiamo decidere se questo aumento della disuguaglianza è accettabile ed efficiente, oppure quale combinazione di riforme istituzionali e fiscali servirebbe per contrastarlo».

              La dinamica


                La crescita dei redditi più elevati supera di molte volte quella di tutti gli altri. Si tratta di una tendenza storica, ma negli ultimi anni, di pari passo con la recessione globale e la ripresa che l’ha seguita, il divario si è ampliato a dismisura. E’ quanto afferma uno studio pubblicato da un professore di Economia dell’Università californiana di Berkeley, Emmanuel Saez, direttore del Center for Equitable Growth. L’indagine, che prende ad esame la società degli Stati Uniti, fotografa una situazione per cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. A colpire sono, però, le cifre che governano tale parabola. Guardando al caso americano, appunto, nel periodo 2009-2012, sull’1% di redditi più elevati la crescita è stata del 31,4%, a fronte del quasi piatto +0,4% del rimanente 99% di redditi. Di fatto, quell’1% di redditi più alti si è accaparrato il 95% della crescita totale dei redditi nel periodo in esame. Saez è partito da un’analisi dei dati ufficiali sui redditi dei cittadini Usa (che copriva un periodo pluridecennale, dal 1913 al 2012) che aveva effettuato assieme ad altri accademici dell’università di Oxford e della Pse-Ecole d’Economie de Paris. E ha eloquentemente intitolato lo studio con un gioco di parole, Striking it Richer, che significa scoprire una minera d’oro o un giacimento di petrolio. «Dal 2009 al 2012 – si legge nel documento -, il reddito medio per nucleo familiare, negli Stati Uniti, è cresciuto di un modesto 6%. E la maggior parte della crescita si è concentrata negli ultimi anni, tra 2011 e 2012, quando i redditi sono saliti del 4,6%». Tuttavia, scrive Saez, «i guadagni sono stati molto iniqui», come dimostrano i numeri sopra riportati. Va comunque rilevato che, secondo i dati forniti, nella recessione del 2007-2009, sempre quell’1% di redditi più elevati ha subito una perdita ben superiore, un -36,3%, a fronte del -11,6% del rimanente 99%. Tuttavia, in questo caso, la quota che sempre questo 1% di super redditi ha perso sul totale è stata solo del 49%. E se, con il recupero del 2009-2012, i redditi più alti hanno quasi interamente compensato quanto perso nella recessione precedente, mentre, all’opposto, il rimanente 99% di redditi ha ripreso solo un punto percentuale, a fronte degli oltre 11 punti persi. Peraltro, secondo lo studio dell’accademico americano, questa dinamica, ora enormemente accentuata, è in realtà una tendenza che ci si trascina da decenni. Sul periodo 1993-2012, infatti, a fronte di una crescita media dei redditi per famiglia del 17,9%, negli Usa, il solito 1% di redditi più elevati ha registrato un esuberante +86,1%, mentre il 99% rimanente un modestissimo +6,6%. In questo periodo, l’1% di redditi più alti ha catturato il 68% della crescita totale dei redditi delle famiglie americane.

                CONGIUNTURE


                  Le sorprese del post-recessione

                  Usa, si allarga il gap ricchi-poveri Lo rivela un’indagine choc che arriva dalla California:


                    i redditi più alti si sono mangiati il 95% della crescita

                    Servizi sanitari e crisi: c’è il convegno


                      Oggi sarà presente anche il direttore generale Ausl Martini

                      CASTELFRANCO – A quali condizioni i servizi sociali e sanitari pubblici possono vincere la sfida delle risorse sempre più scarse ed offrire ai cittadini qualità e cure sempre migliori? Quale apporto i cittadini e le associazioni possono esprimere per concorrere alla promozione della salute? Sono le domande che il comitato consultivo misto del distretto sanitario e i volontari delle associazioni di volontariato si porranno oggi in una conferenza pubblica Castelfranco Emilia. L’appuntamento si terrà alle ore 18 nella sala ‘G. Degli Esposti’ della Nuova Biblioteca in piazza della Liberazione, 5. Al dibattito parteciperanno il direttore generale dell’azienda Usl di Modena Mariella Martini, il sindaco di Castelfranco Emilia Stefano Reggianini e il direttore del distretto di Castelfranco Emilia Massimo Marcon. L’incontro è organizzato nell’ambito delle iniziative della sagra del tortellino tradizionale con la collaborazione della consulta del volontariato e delle associazioni: Amici del cuore, Avis, Croce blu, C.I.D. (Curare il Dolore), Auser, Cittadinanza Attiva.

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