Dramma di via Tamburini: l’autopsia ha stabilito che il feto era già morto. Prende quota l’ipotesi dell’aborto, ma bisognerà stabilire se sia trattato di aborto spontaneo o indotto.

Quando è stato partorito, il neonato era già morto. Allontana l’ipotesi dell’infanticidio il primo responso uscito dall’autospsia effettuata sul feto trovato in un lago di sangue lo scorso 19 agosto sul letto di una casa in via Tamburini, insieme alla madre vittima di una emorragia. Gli esami hanno infatti stabilito che nei polmoni del piccolino, di 6-7 mesi, non c’era aria: il che esclude che ci sia stato il primo vagito. Insomma, quel corpicino è nato morto. Un primo elemento di chiarezza in una vicenda sulla quale pesavano diversi interrogativi. Sia la madre del piccolo, una 27enne che da poco aveva dato alla luce un altro bimbo, sia il padre, medico, sostengono di non essere mai stati a conoscenza della gravidanza. A questo punto prende quota l’ipotesi dell’aborto spontaneo. Ma è presto per stabilire con certezza la verità. Ora la Medicina legale sta effettuando anche tutti gli esami accessori, tra cui quelli tossicologici, per verificare se possa essersi trattato di un aborto indotto, favorito ad esempio dall’uso di armaci abortivi o di sostanze simili. E ancora si dovranno verificare eventuali traumi e lesioni interne subite dal feto. E per questi esami, i tempi saranno piuttosto lunghi. La Procura, intanto, ha dato il via libera alla sepoltura e nessuno risulta iscritto sul Registro degli indagati.