L’Anpi insiste nel negare l’esistenza di partigiani assassini

Ammazzato sì ma non da partigiani assassini, ‘solo’ da semplici criminali. È l’assai discutibile posizione dell’Anpi di Modena a pochi giorni dalla beatificazione del seminarista Rolando Rivi, barbaramente torturato e ucciso in una sommaria esecuzione da Giuseppe Corghi e da Delciso Rioli, partigiani della Brigata Garibaldi, appartenenti al battaglione Frittelli della divisione Modena Montagna (Armando) comandata da Mario Ricci. I due furono poi condannati – in tutti e tre i gradi di giustizia – a 22 anni di carcere. «Domani un prete di meno», la motivazione che venne data dal commissario politico della formazione garibaldina all’omicidio. Ma per l’associazione ad assassinare il giovane non sono stati due partigiani, bensì delinquenti comuni. Tesi sostenuta – lo ricordiamo – a 68 anni di distanza dai fatti. «I responsabili, pur avendo avuto un ruolo nelle formazioni partigiane della zona, commisero un reato di delinquenza comune e non furono spinti da ragioni ideologiche come si vorrebbe far intendere» la netta posizione già espressa da Maria Antonia Bertoni, presidente Anpi di Sassuolo. Posizione che viene ora confermata in toto anche da Aude Pacchioni, presidente Anpi di Modena, che non ci pensa propria a fare retromarcia: «Rispetto quelle parole che hanno un solido fondamento: in esse mi ritrovo in pieno». «Ho il massimo rispetto per questo atto della Chiesa» si affretta poi a sostenere Pacchioni. Ma poi specifica subito che «è necessario evitare un uso politico della memoria». E arriva ad affermare: «Molto probabilmente quel ragazzo in questo momento può essere strumentalizzato e utilizzato da una campagna ideata ad arte per mettere in ombra il ruolo della Resistenza». Parole pesanti come pietre che tengono ferme le lancette dell’orologio al Dopoguerra. «La storia dell’antifascismo e della Resistenza – sottolinea – non può essere manipolata prendendo a pretesto un atto singolo e usarlo a proprio piacimento». Un particolare: secondo gli storici, di ‘atti singoli’ se ne arrivano a contare circa ventimila. Ventimila persone giustiziate senza un processo. Ben 130 i seminaristi e sacerdoti uccisi in odio alla Fede. «La Resistenza non può essere giudicata da un episodio – insiste -, va esaminata in tutte le sue coordinate generali all’interno delle quali mettere gli avvenimenti singoli». E ancora: «Non si può usare un fatto per delegittimare quello che è stato. Non si può eliminare il ruolo della Resistenza nel nostro Paese». Operazione che nessuno ha intenzione di fare. Ma un conto è la verità ideologica, un altro quella storica. E cercare di indagare sull’uccisione di migliaia di persone non significa certo fare revisionismo. La presidente di Anpi Modena, che ha partecipato alla Resistenza militando nella brigata Diavolo con il nome di ‘Mimma’, ci tiene a specificare ancora una volta: «E’ deleterio utilizzare in questo modo il seminarista Rivi: con un singolo eventuale avvenimento si vuole gettare fango sulla nostra storia». Arriva quindi a parlare del ‘nemico’ Giampaolo Pansa, autore di numerosi libri storici d’indagine sulla Resistenza. Per i «gendarmi della sinistra» – come li ha apostrofati lo stesso scrittore – si tratta di libri maledetti, da odiare e combattere. «Sono solo dei gialli – cerca di liquidarli frettolosamente Pacchioni -, romanzati e soprattutto di parte: ho avuto anche modo di contestargli direttamente il suo modo di riscrivere la Resistenza». La presidente arriva a negare persino l’esistenza del ‘triangolo della morte’: «Non sono di questa tesi». E lancia anche uno spiacevole ‘avvertimento’ a Pansa: «Stia attento a trattare di questi triangoli, hanno angoli che pungono». La riconciliazione per qualcuno è ancora un male da evitare, ad ogni costo. nLuca Soliani