L’ex amministratore ricorda la cessione ‘scontata’

SERRAMAZZONI – Che ne è del verdetto di Roma sull’acqua del Dragone? Sono passati quasi tre anni ormai dalla delibera (la 32 del 9/6/2010) con cui l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici (Avcp) ha giudicato inappropriata la formula del contratto di ‘affitto di ramo d’azienda’ con cui nel 2008 è stato deciso di affidare a Hera la gestione del servizio idrico, dicendo che la cessione andava invece disciplinata da una ‘concessione onerosa’ che avrebbe fruttato importi ben maggiori per i Comuni soci: Serra in primis perché di maggioranza, poi Pavullo, Pieve, Palagano, Lama, Prignano e Polinago. Invece che 180mila euro all’anno, potevano ottenere molto di più, risorse che tanto ieri ma soprattutto oggi sarebbero preziosissime per chiudere i bilanci comunali. Eppure pare che nessuno se ne interessi. La vicenda è stata seguita da vicino da Ivo Maioli, all’epoca del passaggio (il 2008) amministratore della Dragone Servizi, il ramo d’azienda che sarebbe scomparso tramite la cessione a Hera, con una decisione facente capo alla società ‘madre’ della Dragone Impianti spa, di cui era amministratore unico Luigi Ralenti, sindaco di Serra. Maioli era fortemente contrario all’operazione, e anche oggi ribadisce le sue perplessità, sottolineando come il tema debba suscitare prese di posizione da parte dei candidati alle imminenti elezioni, perché si tratta di risorse della collettività. «La storia per me comincia nel 2002 – ricorda – quando venni eletto consigliere nella lista che appoggiava Ralenti. Fino a quell’anno Serra era nota per la cronica mancanza d’acqua in estate che portava a ricorrere anche alle autobotti. Dopo qualche tempo, Ralenti mi chiamò dicendo che, sapendo della mia competenza idraulica (negli anni ’70 avevo fatto tanti acquedotti, tra cui quello di Sant’Eusebio a Castelvetro, una lottizzazione a Solignano e altre condotte tra Castelvetro e Levizzano) voleva che risolvessi il problema dell’acqua entrando nella Dragone spa come consigliere. Mi disse anche che per questo dovevo dimettermi da consigliere comunale e lo feci, anche se poi capii che non era indispensabile. Dopo 20 giorni che ero consigliere, mi trovai subito in disaccordo con l’allora presidente Remo Bernardi: non mi sentivo libero di intervenire e ne parlai con Ralenti. Lui mi disse che ero lì con un mandato ben preciso e avevo il diritto di intervenire. Allora lo feci, avviando controlli che in 15 giorni diedero un quadro preciso di tutta la rete e di dove si doveva intervenire, grazie anche alla collaborazione dell’altro consigliere Stefano Ferrari. Facemmo un bypass a Serra in via Casella, alcuni altri interventi e il problema si poteva considerare risolto: dal 2003 l’acqua qui non è più mancata». Dunque il Dragone era in grado di stare in piedi bene con le proprie gambe. Nel 2003 si decide per la scissione del ramo d’azienda e Maioli viene ‘premiato’ con la nomina a presidente dell’Acquedotto Dragone Servizi srl, affiancata dalla società ‘madre’ Dragone spa. «Si pose subito il problema degli stipendi – riprende Maioli – e io spinsi per un taglio netto: un presidente non doveva guadagnare più di un assessore di giunta, sui mille euro. La proposta passò in Consiglio, ma mi feci dei nemici perché ci fu chi si vide lo stipendio dimezzato. E anni dopo poi mi vidi io dimezzare ancora il compenso portandolo alla cifra ridicola di 500 euro al mese: forse volevano mandarmi via, ma non mollai. Sempre per i costi, nel 2007 si azzerarono i Consigli e si passò all’amministratore unico: rimanevamo solo Ralenti per la spa e io per la Servizi. E’ qui che si comincia a parlare di Hera e io dissi no a questa cessione, basandomi anche su una consulenza tecnica secondo cui Hera, se proprio lo voleva, poteva entrare come socia: poteva avere la gestione ma gli investimenti rimanevano in capo al Dragone. Non ci fu niente da fare: la decisione del Comune di Serra cambiò gli equilibri e i contrari caddero in minoranza. Così Hera ottenne la gestione per 180mila euro annui d’affitto, quando la Dragone Servizi prima ne pagava alla Dragone spa 540mila. Era un valore calcolato in base alle disposizioni del Ministero: il Cipe indicava un importo di circa il 7% del capitale sociale, che nel nostro caso era di 9,5 milioni. Si arrivava a 665mila euro, con uno ‘sconto’ a 540 legato alla portata dell’acqua, comunque mai certo a 180mila euro. La Dragone Servizi riusciva a pagare vendendo 2,25 milioni di metri cubi d’acqua all’anno a 0,413 euro al metro, la tariffa stabilita dall’Ato: si pagava il canone e il resto si metteva in cassa. A Hera poi venne dato il permesso di aumentare la captazione di un milione di metri: in quel caso, l’affitto da 180 saliva a 330mila euro annui, con uno scatto di soli 150mila euro quando il valore di un milione di metri era di 413mila euro. Questa è la storia – conclude Maioli – e l’unico che, come me, era contrario all’operazione era l’assessore al bilancio Filippo Fabiano, ma anche lui non fu ascoltato. Vorrei che chi sarà eletto riprendesse in mano la questione, impegnandosi a far valere i diritti di fronte ai potenti. Io sono a disposizione di tutti tranne che del Pd, dopo quello che ho visto». nDaniele Montanari