Rimborsare prima del previsto, ossia entro il 2014, 3 miliardi su 4 di Monti-bond; e ottenere un utile netto di 900 milioni nel 2017. Sono questi, gli obiettivi del piano di ristrutturazione che il cda del Monte de Paschi di Siena, presieduto da Alessandro Profumo, ha approvato ieri, dopo un lungo confronto con il Ministero del Tesoro e con la Commissione europea. Il prezzo da pagare, e che certo non pagherà chi ha Siena ha generato solo disastri, sono però 8mila esuberi in un quadriennio, che dovrebbero ridurre il costo del personale di circa mezzo miliardo. Per carità, esuberi non vuole dire per forza licenziamenti. O meglio: non solo licenziamenti. E invero non sono proprio 8mila. La sforbiciata agli organici è infatti già iniziata con il precedente piano, quello del 2012, che ha portato, a vario titolo, a 2.700 uscite. La quota rimanente, circa 5.300 dipendenti, se ne andrà in parte grazie alla cessione delle attività non strategiche e alle esternalizzazioni. Ma il piano, con cui listituto toscano conta di abbandonare altre 150 filiali dopo le 400 già chiuse, prevede anche il ricorso al Fondo di solidarietà. Questultimo è in pratica la mobilità del settore del credito: ciò significa che, appunto, qualcuno il posto lo perderà. Se poi questa speciale forma di mobilità servirà a dare un sostegno in vista della pensione o di unaltra opportunità lavorativa, tanto meglio. Altrimenti, per chi riceverà i contributi del Fondo di solidarietà, una volta terminati questi potrebbe aprirsi davvero la strada della disoccupazione. E certo per gli 8mila esuberi i sacrifici saranno ben maggiori rispetto a quelli che pure toccheranno ai top manager. Per loro, il Monte si è impegnato a rispettare il limite massimo di remunerazione, 500mila euro annui, concordato con la Commissione europea. Di fronte allamministratore delegato e direttore Fabrizio Viola, dunque, si prospetta un deciso ribasso rispetto agli 1,6 milioni percepiti nel 2012. Tanto che lo stesso Viola, secondo quanto scritto dal Corriere della Sera lo scorso 27 settembre, proprio per tale dettaglio avrebbe ritardato la definizione del piano di rientro con Bruxelles. Lultimo, grande tassello del progetto del MontePaschi è un aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro entro la fine dellanno prossimo. Nel caso in cui «le condizioni di mercato non dovessero consentire il completamento» della ripatrimonializzazione, ha spiegato ieri Viola, scatterebbe lingresso nellazionariato da parte del Tesoro. Questultimo, appunto assieme alla Commissione Barroso, dovrebbe dare il proprio disco verde entro la data di pubblicazione della trimestrale, fissata per il 14 novembre.
