Quella del Caseificio è la prima richiesta giunta dal settore
Tre mesi per raccogliere 75mila forme di Parmigiano cadute tra le macerie. Tre mesi per salvare quasi due anni di produzione e sgomberare i locali invasi da detriti e muri crollati. Al Caseificio Razionale Novese di Novi, la grande scossa del 29 maggio alle 9 del mattino ha lasciato un marchio indelebile. Tra paure, fatica e la voglia di ripartire il prima possibile. A distanza di nove mesi esatti, la più grande realtà del comprensorio del Parmigiano Reggiano vede finalmente la luce. E imminente, infatti, la presentazione della domanda del Consorzio per accedere ai fondi statali per la ricostruzione. La prima nel settore agro-alimentare in Emila-Romagna. «Abbiamo tutti i documenti pronti. Ci è voluto un po, ma laiuto delle istituzioni è stato fondamentale per completare alcuni passaggi burocratici», conferma lamministrazione delegato del Consorzio, Ivan Chiari. Come racconta lo stesso dirigente, «i danni ammontano complessivamente a circa 17 milioni di euro. Una cifra enorme». Nel totale appena citato sono inclusi pure i costi dei macchinari e delle attrezzature sostituite, coperte in gran parte dai fondi europei del bando regionale 126. «Abbiamo fatto richiesta un mese fa e dovremmo ricevere un riscontro a breve», spiega ancora Chiari. Nonostante il terremoto, il Razionale Novese non ha mai smesso di lavorare, così come i suoi 20 dipendenti: le spese per la rimessa in sicurezza di magazzini e impianti sono state anticipate con risorse proprie e laiuto delle banche. Anche perché cera da pagare gli acconti ai 65 soci conferenti del Caseificio. Le forme recuperate sono state sistemate per diversi mesi negli otto magazzini esterni, ma gradualmente stanno rioccupando le scalere del locale principale, in grado di ospitare quasi 100mila forme. A limitare il disastro ci ha pensato, poi, la macchina della solidarietà che ha permesso di rimettere sul mercato il Parmigiano terremotato a prezzi scontati. «Parte del formaggio è stato anche fuso, oppure rivenduto un euro al chilo, ma la marginalità è stata minima», precisa lamministratore delegato. Il contatto diretto coi consumatori è stato certamente importante, ma per il Caseificio restano imprenscindibili i fondi pubblici. Per questo la fase dellemergenza del Razionale Novese non è ancora del tutto conclusa. «Senza i milioni di euro che abbiamo anticipato, unaattività come la nostra è finita», ammette Chiari. In ballo cè una realtà storica sessantennale da cui dipende un indotto nevralgico. Un indotto prezioso non soltanto per il tessuto produttivo locale, ma per la sopravvivenza di uno dei prodotti per eccellenza del Made in Italy. nVincenzo Malara